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Sínodo 2015

 

 

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Synod15 - Relazione Finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco (24 ottobre 2015), 24.10.2015
[B0816]

Pubblichiamo di seguito il testo della Relazione finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco, al termine della XIV Assemblea generale ordinaria (4-25 ottobre 2015) sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”.

INDICE

INTRODUZIONE

I PARTE
LA CHIESA IN ASCOLTO DELLA FAMIGLIA

Capitolo I
La famiglia e il contesto antropologico-culturale

Il contesto socio-culturale
Il contesto religioso
Il cambiamento antropologico
Le contraddizioni culturali
Conflitti e tensioni
Fragilità e forza della famiglia

Capitolo II
La famiglia e il contesto socio-economico

La famiglia insostituibile risorsa della società
Politiche in favore della famiglia
Solitudine e precarietà
Economia ed equità
Povertà ed esclusione
Ecologia e famiglia

Capitolo III
Famiglia, inclusione e società

La terza età
La vedovanza
L’ultima stagione della vita e il lutto in famiglia
Persone con bisogni speciali
Le persone non sposate
Migranti, profughi, perseguitati
Alcune sfide peculiari
I bambini
La donna
L’uomo
I giovani

Capitolo IV
Famiglia, affettività e vita

La rilevanza della vita affettiva
La formazione al dono di sé
Fragilità e immaturità
Tecnica e procreazione umana
La sfida per la pastorale

II PARTE
LA FAMIGLIA NEL PIANO DI DIO

Capitolo I
La famiglia nella storia della salvezza

La pedagogia divina
L’icona della Trinità nella famiglia
La famiglia nella Sacra Scrittura
Gesù e la famiglia

Capitolo II
La famiglia nel Magistero della Chiesa

L’insegnamento del Concilio Vaticano II
Paolo VI
Giovanni Paolo II
Benedetto XVI
Francesco

Capitolo III
La famiglia nella dottrina cristiana

Matrimonio nell’ordine della creazione e pienezza sacramentale
Indissolubilità e fecondità dell’unione sponsale
I beni della famiglia
Verità e bellezza della famiglia

Capitolo IV
Verso la pienezza ecclesiale della famiglia

L’intimo legame tra Chiesa e famiglia
La grazia della conversione e del compimento
La misericordia nel cuore della rivelazione

III PARTE
LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA

Capitolo I
La formazione della famiglia

La preparazione al matrimonio
La celebrazione nuziale
I primi anni della vita familiare
La formazione dei presbiteri e di altri operatori pastorali

Capitolo II
Famiglia, generatività, educazione

La trasmissione della vita
La responsabilità generativa
Il valore della vita in tutte le sue fasi
Adozione e affido
L’educazione dei figli

Capitolo III
Famiglia e accompagnamento pastorale

Situazioni complesse
Accompagnamento in diverse situazioni
Discernimento e integrazione

Capitolo IV
Famiglia ed evangelizzazione

La spiritualità familiare
La famiglia soggetto della pastorale
Il rapporto con le culture e con le istituzioni
L’apertura alla missione

CONCLUSIONE

Preghiera alla Santa Famiglia

SIGLE

AA Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Apostolicam Actuositatem (18 novembre 1965)
AG Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Ad Gentes (7 dicembre 1965)
CCC Catechismo della Chiesa Cattolica (15 agosto 1997)
CiV Benedetto XVI, Lettera Enciclica Caritas in Veritate (29 giugno 2009)
DC Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Istruzione Dignitas Connubii (25 gennaio 2005)
DCE Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est (25 dicembre 2005)
DeV San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Dominum et Vivificantem (18 maggio 1986)
GS Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (7 dicembre 1965)
EdE San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003)
EG Francesco, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (24 novembre 2013)
EN Beato Paolo VI, Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (8 dicembre 1975)
EV San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Evangelium Vitae (25 marzo 1995)
FC San Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Familiaris Consortio (22 novembre 1981)
IL III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, Instrumentum Laboris (24 giugno 2014)
LF Francesco, Lettera Enciclica Lumen Fidei (29 giugno 2013)
LG Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione Dogmatica Lumen Gentium (21 novembre1964)
LS Francesco, Enciclica Laudato Si' (24 maggio 2015)
MV Francesco, Bolla Misericordiae Vultus (11 aprile 2015)
NA Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto Nostra Aetate (28 ottobre 1965)
NMI San Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio 2001)
RM San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Redemptoris Missio (7 dicembre 1990)
VS San Giovanni Paolo II, Lettera Enciclica Veritatis Splendor (6 agosto 1993)

INTRODUZIONE

1. Noi Padri, riuniti in Sinodo intorno a Papa Francesco, Lo ringraziamo per averci convocato a riflettere con Lui, e sotto la Sua guida, sulla vocazione e la missione della famiglia oggi. A Lui offriamo il frutto del nostro lavoro con umiltà, nella consapevolezza dei limiti che esso presenta. Possiamo tuttavia affermare che abbiamo costantemente tenuto presenti le famiglie del mondo, con le loro gioie e speranze, con le loro tristezze e angosce. I discepoli di Cristo sanno che «nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il Regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò la comunità dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia» (GS, 1). Ringraziamo il Signore per la generosa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono alla loro vocazione e missione, anche dinanzi a ostacoli, incomprensioni e sofferenze. A queste famiglie va l’incoraggiamento di tutta la Chiesa che unita al suo Signore e sorretta dall’azione dello Spirito, sa di avere una parola di verità e di speranza da rivolgere a tutti gli uomini. Lo ha ricordato Papa Francesco nella celebrazione con cui si è aperta l’ultima tappa di questo cammino sinodale dedicato alla famiglia: «Dio non ha creato l’essere umano per vivere in tristezza o per stare solo, ma per la felicità, per condividere il suo cammino con un’altra persona che gli sia complementare […]. È lo stesso disegno che Gesù […] riassume con queste parole: “Dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne” (Mc 10,6-8; cf. Gen 1,27; 2,24)». Dio «unisce i cuori di un uomo e una donna che si amano e li unisce nell’unità e nell’indissolubilità. Ciò significa che l’obiettivo della vita coniugale non è solamente vivere insieme per sempre, ma amarsi per sempre! Gesù ristabilisce così l’ordine originario ed originante. […] solo alla luce della follia della gratuità dell’amore pasquale di Gesù apparirà comprensibile la follia della gratuità di un amore coniugale unico e usque ad mortem» (Omelia della Messa di apertura del Sinodo, 4 ottobre 2015).

2. Grembo di gioie e di prove, la famiglia è la prima e fondamentale “scuola di umanità” (cf. GS, 52). Nonostante i segnali di crisi dell’istituto familiare, nei vari contesti, il desiderio di famiglia resta vivo nelle giovani generazioni. La Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, annuncia con convinzione profonda il “Vangelo della famiglia”: ricevuto con la Rivelazione di Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della spiritualità e dal Magistero della Chiesa. La famiglia assume per il cammino della Chiesa un’importanza speciale: «Tanto era l’amore che [Dio] ha incominciato a camminare con l’umanità, ha incominciato a camminare con il suo popolo, finché giunse il momento maturo e diede il segno più grande del suo amore: il suo Figlio. E suo Figlio dove lo ha mandato? In un palazzo? In una città? A fare un’impresa? L’ha mandato in una famiglia. Dio è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva le porta aperte» (Francesco, Discorso alla Festa delle Famiglie, Philadelphia, 27 settembre 2015). Le famiglie di oggi sono inviate come “discepoli missionari” (cf. EG, 120). In questo senso è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per l’evangelizzazione.

3. Sulla realtà della famiglia, il Papa ha chiamato a riflettere il Sinodo dei Vescovi. «Già il convenire in unum attorno al Vescovo di Roma è evento di grazia, nel quale la collegialità episcopale si manifesta in un cammino di discernimento spirituale e pastorale» (Francesco, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo Straordinario sulla famiglia, 4 ottobre 2014). Nell’arco di due anni si sono svolte l’Assemblea Generale Straordinaria (2014) e l’Assemblea Generale Ordinaria (2015), che hanno assunto il compito di ascolto dei segni di Dio e della storia degli uomini, nella fedeltà al Vangelo. Il frutto del primo appuntamento sinodale, al quale il Popolo di Dio ha dato il suo importante contributo, è confluito nella Relatio Synodi. Il nostro dialogo e la nostra riflessione sono stati ispirati da un triplice atteggiamento. L’ascolto della realtà della famiglia oggi, nella prospettiva della fede, con la complessità delle sue luci e delle sue ombre. Lo sguardo sul Cristo, per ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo la rivelazione, trasmessa nella fede della Chiesa. Il confronto nello Spirito Santo, per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel loro impegno per la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. L’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia. La famiglia, oltre che sollecitata a rispondere alle problematiche odierne, è soprattutto chiamata da Dio a prendere sempre nuova coscienza della propria identità missionaria. L’Assemblea sinodale è stata arricchita dalla presenza di coppie e di famiglie all’interno di un dibattito che le riguarda direttamente. Conservando il prezioso frutto dell’Assemblea precedente, dedicato alle sfide sulla famiglia, abbiamo rivolto lo sguardo alla sua vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.

I PARTE
LA CHIESA IN ASCOLTO DELLA FAMIGLIA

4. Il mistero della creazione della vita sulla terra ci riempie di incanto e stupore. La famiglia basata sul matrimonio dell’uomo e della donna è il luogo magnifico e insostituibile dell’amore personale che trasmette la vita. L’amore non si riduce all’illusione del momento, l’amore non è fine a se stesso, l’amore cerca l’affidabilità di un “tu” personale. Nella promessa reciproca di amore, nella buona e nella cattiva sorte, l’amore vuole continuità di vita, fino alla morte. Il desiderio fondamentale di formare la rete amorevole, solida ed intergenerazionale della famiglia si presenta significativamente costante, al di là dei confini culturali e religiosi e dei cambiamenti sociali. Nella libertà del “sì” scambiato dall’uomo e dalla donna per tutta la vita, si fa presente e si sperimenta l’amore di Dio. Per la fede cattolica il matrimonio è segno sacro in cui diventa efficace l’amore di Dio per la sua Chiesa. La famiglia cristiana pertanto è parte della Chiesa vissuta: una “Chiesa domestica”.

La coppia e la vita nel matrimonio non sono realtà astratte, rimangono imperfette e vulnerabili. Per questo è sempre necessaria la volontà di convertirsi, di perdonare e di ricominciare. Nella nostra responsabilità, come Pastori, ci preoccupiamo per la vita delle famiglie. Desideriamo prestare ascolto alla loro realtà di vita e alle loro sfide, ed accompagnarli con lo sguardo amorevole del Vangelo. Desideriamo dare loro forza ed aiutarle a cogliere la loro missione oggi. Desideriamo accompagnarle con cuore grande anche nelle loro preoccupazioni, dando loro coraggio e speranza a partire dalla misericordia di Dio.

Capitolo I
La famiglia e il contesto antropologico-culturale

Il contesto socio-culturale

5. Docili a ciò che lo Spirito Santo ci chiede, ci avviciniamo alle famiglie di oggi nella loro diversità, sapendo che «Cristo, il nuovo Adamo […] rivela pienamente l’uomo a se stesso» (GS, 22).Volgiamo la nostra attenzione alle sfide contemporanee che influiscono su molteplici aspetti della vita. Siamo consapevoli dell’orientamento principale dei cambiamenti antropologico-culturali, in ragione dei quali gli individui sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali nella loro vita affettiva e familiare. D’altra parte, bisogna egualmente considerare gli sviluppi di un individualismo esasperato che snatura i legami familiari, facendo prevalere l’idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri desideri, togliendo forza ad ogni legame. Pensiamo alle madri e ai padri, ai nonni, ai fratelli e alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni matrimonio. Non dobbiamo tuttavia dimenticare la realtà vissuta: la solidità dei legami familiari continua ovunque a tenere in vita il mondo. Rimane grande la dedizione alla cura della dignità di ogni persona – uomo, donna e bambini –, dei gruppi etnici e delle minoranze, così come alla difesa dei diritti di ogni essere umano di crescere in una famiglia. La loro fedeltà non è onorata se non si riafferma una chiara convinzione del valore della vita familiare, in particolare facendo affidamento alla luce del Vangelo anche nelle diverse culture. Siamo consapevoli dei forti cambiamenti che il mutamento antropologico culturale in atto determina in tutti gli aspetti della vita, e rimaniamo fermamente persuasi che la famiglia sia dono di Dio, il luogo in cui Egli rivela la potenza della sua grazia salvifica. Anche oggi il Signore chiama l’uomo e la donna al matrimonio, li accompagna nella loro vita familiare e si offre ad essi come dono ineffabile; è uno dei segni dei tempi che la Chiesa è chiamata a scrutare e interpretare «alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico» (GS, 4).

Il contesto religioso

6. La fede cristiana è forte e viva. In alcune regioni del mondo, si osserva una rilevante contrazione dell’incidenza religiosa nello spazio sociale, che influisce sulla vita delle famiglie. Questo orientamento tende a relegare la dimensione religiosa nella sfera privata e familiare, e rischia di ostacolare la testimonianza e la missione delle famiglie cristiane nel mondo attuale. Nei contesti sociali di benessere avanzato, le persone rischiano di affidare ogni speranza alla esasperata ricerca del successo sociale e della prosperità economica. In altre regioni del mondo, gli effetti negativi di un ordine economico mondiale ingiusto inducono a forme di religiosità esposte a estremismi settari e radicali. Occorre pure menzionare i movimenti animati dal fanatismo politico-religioso, spesso ostile al cristianesimo. Creando instabilità e seminando disordine e violenza, essi sono causa di tante miserie e sofferenze per la vita delle famiglie. La Chiesa è chiamata ad accompagnare la religiosità vissuta nelle famiglie per orientarla verso un senso evangelico.

Il cambiamento antropologico

7. Nelle diverse culture, la relazione e l’appartenenza sono valori importanti che forgiano l’identità degli individui. La famiglia offre la possibilità alla persona di realizzarsi e di contribuire alla crescita degli altri nella società più ampia. La stessa identità cristiana ed ecclesiale ricevuta nel Battesimo fiorisce nella bellezza della vita familiare. Nella società odierna si osservano una molteplicità di sfide che si manifestano in misura maggiore o minore in varie parti del mondo. Nelle diverse culture, non pochi giovani mostrano resistenza agli impegni definitivi riguardanti le relazioni affettive, e spesso scelgono di convivere con un partner o semplicemente di avere relazioni occasionali. La diminuzione della natalità è il risultato di vari fattori, tra cui l’industrializzazione, la rivoluzione sessuale, il timore della sovrappopolazione, i problemi economici, la crescita di una mentalità contraccettiva e abortista. La società dei consumi può anche dissuadere le persone dall’avere figli anche solo per mantenere la loro libertà e il proprio stile di vita. Alcuni cattolici hanno difficoltà a condurre le loro vite in accordo con l’insegnamento della Chiesa cattolica sul matrimonio e la famiglia, e a vedere in tale insegnamento la bontà del progetto creativo di Dio per loro. I matrimoni in alcune parti del mondo diminuiscono, mentre le separazioni e i divorzi non sono rari.

Le contraddizioni culturali

8. Le condizioni culturali che agiscono sulla famiglia mostrano in grandi aree del mondo un quadro contrastante, anche sotto l’influenza massiccia dei media. Da un lato, il matrimonio e la famiglia godono di grande stima ed è tuttora dominante l’idea che la famiglia rappresenti il porto sicuro dei sentimenti più profondi e più gratificanti. Dall’altro lato, tale immagine ha talvolta i tratti di aspettative eccessive e di conseguenza di pretese reciproche esagerate. Le tensioni indotte da una esasperata cultura individualistica del possesso e del godimento generano all’interno delle famiglie dinamiche di insofferenza e di aggressività. Si può menzionare anche una certa visione del femminismo, che denuncia la maternità come un pretesto per lo sfruttamento della donna e un ostacolo alla sua piena realizzazione. Si registra poi la crescente tendenza a concepire la generazione di un figlio come mero strumento per l’affermazione di sé, da ottenere con qualsiasi mezzo.

Una sfida culturale odierna di grande rilievo emerge da quell’ideologia del “gender” che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo. Nella visione della fede, la differenza sessuale umana porta in sé l’immagine e la somiglianza di Dio (cf. Gn 1,26-27). «Questo ci dice che non solo l’uomo preso a sé è immagine di Dio, non solo la donna presa a sé è immagine di Dio, ma anche l’uomo e la donna, come coppia, sono immagine di Dio. […] Possiamo dire che senza l’arricchimento reciproco in questa relazione – nel pensiero e nell’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nella fede – i due non possono nemmeno capire fino in fondo che cosa significa essere uomo e donna. La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. […] La rimozione della differenza […]è il problema, non la soluzione» (Francesco, Udienza generale, 15 aprile 2015).

Conflitti e tensioni sociali

9. La qualità affettiva e spirituale della vita familiare è gravemente minacciata dalla moltiplicazione dei conflitti, dall’impoverimento delle risorse, dai processi migratori. Violente persecuzioni religiose, particolarmente nei riguardi delle famiglie cristiane devastano zone intere del nostro pianeta, creando movimenti di esodo e di immense ondate di rifugiati che esercitano grandi pressioni sulle capacità delle terre di accoglienza. Le famiglie provate in questo modo, molto spesso, sono forzate allo sradicamento e condotte alla soglia della dissoluzione. La fedeltà dei cristiani alla loro fede, la loro pazienza e il loro attaccamento ai paesi di origine è sotto ogni aspetto ammirevole. Gli sforzi di tutti i responsabili politici e religiosi per diffondere e proteggere la cultura dei diritti dell’uomo sono ancora insufficienti. Bisogna ancora rispettare la libertà di coscienza e promuovere la coesistenza armoniosa tra tutti i cittadini fondata sulla cittadinanza, l’uguaglianza e la giustizia. Il peso di politiche economiche e sociali inique, anche nelle società del benessere, incide gravemente sul mantenimento dei figli, sulla cura dei malati e degli anziani. La dipendenza dall’alcol, dalle droghe o dal gioco d’azzardo è talora espressione di queste contraddizioni sociali e del disagio che ne consegue nella vita delle famiglie. L’accumulo di ricchezza nelle mani di pochi e la distrazione di risorse destinate al progetto familiare accrescono l’impoverimento delle famiglie in molte regioni del mondo.

Fragilità e forza della famiglia

10. La famiglia, fondamentale comunità umana, nell’odierna crisi culturale e sociale, patisce dolorosamente il suo indebolimento e la sua fragilità. Nondimeno essa mostra di poter trovare in se stessa il coraggio di fronteggiare l’inadeguatezza e la latitanza delle istituzioni nei confronti della formazione della persona, della qualità del legame sociale, della cura dei soggetti più vulnerabili. È dunque particolarmente necessario apprezzare adeguatamente la forza della famiglia, per poterne sostenere le fragilità. Una tale forza risiede essenzialmente nella sua capacità di amare e di insegnare ad amare. Per quanto ferita possa essere una famiglia, essa può sempre crescere a partire dall’amore.

Capitolo II
La famiglia e il contesto socio-economico

La famiglia insostituibile risorsa della società

11. «La famiglia è una scuola di umanità più ricca [...] è il fondamento della società» (GS, 52).L’insieme dei rapporti di parentela, al di là del ristretto nucleo familiare, offre un prezioso sostegno nell’educazione dei figli, nella trasmissione dei valori, nella custodia dei legami tra le generazioni, nell’arricchimento di una spiritualità vissuta. Mentre in alcune regioni del mondo questo dato appartiene profondamente alla cultura sociale diffusa, altrove esso appare soggetto a logoramento. Di certo, in un’epoca di accentuata frammentazione delle situazioni di vita, i molteplici livelli e le sfaccettature delle relazioni tra familiari e parenti costituiscono spesso gli unici punti di connessione con le origini e i legami familiari. Il sostegno della rete familiare è ancor più necessario dove mobilità lavorativa, migrazioni, catastrofi e fuga dalla propria terra compromettono la stabilità del nucleo parentale.

Politiche in favore della famiglia

12. Le autorità responsabili del bene comune debbono sentirsi seriamente impegnate nei confronti di questo bene sociale primario che è la famiglia. La preoccupazione che deve guidare l’amministrazione della società civile è quella di permettere e promuovere politiche familiari che sostengano e incoraggino le famiglie, in primo luogo quelle più disagiate. È necessario riconoscere più concretamente l’azione compensativa della famiglia nel contesto dei moderni “sistemi di welfare”: essa ridistribuisce risorse e svolge compiti indispensabili al bene comune, contribuendo a riequilibrare gli effetti negativi della disequità sociale. «La famiglia merita una speciale attenzione da parte dei responsabili del bene comune, perché è la cellula fondamentale della società, che apporta legami solidi di unione sui quali si basa la convivenza umana e, con la generazione e l’educazione dei suoi figli, assicura il rinnovamento e il futuro della società» (Francesco, Discorso all’Aeroporto di El Alto in Bolivia, 8 luglio 2015).

Solitudine e precarietà

13. Nei contesti culturali in cui le relazioni sono rese fragili da stili di vita egoistici, la solitudine diventa sempre più una condizione diffusa. Spesso solo il senso della presenza di Dio sostiene le persone dinanzi a questo vuoto. La sensazione generale di impotenza nei confronti di una realtà socio-economica opprimente, della crescente povertà e della precarietà lavorativa, impone sempre più spesso la ricerca di impiego lontano dalla famiglia, al fine di poterla sostenere. Tale necessità determina lunghe assenze e separazioni che indeboliscono le relazioni e isolano i membri della famiglia gli uni dagli altri. È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia. La corruzione, che mina talvolta queste istituzioni, intacca profondamente la fiducia e la speranza delle nuove generazioni, e non solo di esse. Le conseguenze negative di questa sfiducia sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative, dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che talvolta sfocia nella aggressività e nella violenza.

Economia ed equità

14. Il condizionamento materiale ed economico ha un influsso sulla vita familiare nei due sensi: può contribuire alla sua crescita e facilitare il suo sbocciare oppure ostacolare il suo fiorire, la sua unità e la sua coerenza. Le coercizioni economiche escludono l’accesso delle famiglie all’educazione, alla vita culturale e alla vita sociale attiva. L’attuale sistema economico produce diverse forme di esclusione sociale. Le famiglie soffrono in modo particolare i problemi che riguardano il lavoro. Le possibilità per i giovani sono poche e l’offerta di lavoro è molto selettiva e precaria. Le giornate lavorative sono lunghe e spesso appesantite da lunghi tempi di trasferta. Questo non aiuta i familiari a ritrovarsi tra loro e con i figli, in modo da alimentare quotidianamente le loro relazioni. La «crescita in equità» esige «decisioni, programmi, meccanismi e processi specificamente orientati a una migliore distribuzione delle entrate» (EG, 204) e una promozione integrale dei poveri diventi effettiva. Politiche familiari adeguate sono necessarie alla vita familiare come condizione di un avvenire vivibile, armonioso e degno.

Povertà ed esclusione

15. Alcuni gruppi sociali e religiosi si trovano ovunque ai margini della società: migranti, zingari, senzatetto, profughi e rifugiati, gli intoccabili secondo il sistema delle caste e coloro che sono affetti da malattie con stigma sociale. Anche la Santa famiglia di Nazaret ha conosciuto l’esperienza amara della emarginazione e del rifiuto (cf. Lc 2,7; Mt 2,13-15). La parola di Gesù sul giudizio finale, a tale riguardo, è inequivocabile: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Il sistema economico attuale produce nuovi tipi di esclusione sociale, che rendono spesso i poveri invisibili agli occhi della società. La cultura dominante e i mezzi di comunicazione contribuiscono ad aggravare questa invisibilità. Ciò accade perché: «in questo sistema l’uomo, la persona umana è stata tolta dal centro ed è stata sostituita da un’altra cosa. Perché si rende un culto idolatrico al denaro. Perché si è globalizzata l’indifferenza!» (Francesco, Discorso ai partecipanti all’incontro mondiale dei movimenti popolari, 28 ottobre 2014). In tale quadro, desta particolare preoccupazione la condizione dei bambini: vittime innocenti dell’esclusione, che li rende veri e propri “orfani sociali” e li segna tragicamente per tutta la vita. Nonostante le enormi difficoltà che incontrano, molte famiglie povere ed emarginate si sforzano di vivere con dignità nella loro vita quotidiana, affidandosi a Dio che non delude e non abbandona nessuno.

Ecologia e famiglia

16. La Chiesa, grazie all’impulso del magistero pontificio, auspica un profondo ripensamento dell’orientamento del sistema mondiale. In questa prospettiva, collabora allo sviluppo di una nuova cultura ecologica: un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità. Dal momento che tutto è intimamente connesso, come afferma Papa Francesco nell’Enciclica Laudato si', è necessario approfondire gli aspetti di una “ecologia integrale” che includa non solo le dimensioni ambientali, ma anche quelle umane, sociali ed economiche, per lo sviluppo sostenibile e la custodia del creato. La famiglia, che fa parte in modo rilevante dell’ecologia umana, deve essere adeguatamente protetta (cf. Giovanni Paolo II, Centesimus Annus, 38). Per mezzo della famiglia apparteniamo all’insieme della creazione, contribuiamo in modo specifico a promuovere la cura ecologica, impariamo il significato della corporeità e il linguaggio amorevole della differenza uomo-donna e collaboriamo al disegno del Creatore (cf. LS, 5, 155). La consapevolezza di tutto questo esige una vera e propria conversione da attuare in famiglia. In essa «si coltivano le prime abitudini di amore e cura per la vita, come per esempio l’uso corretto delle cose, l’ordine e la pulizia, il rispetto per l’ecosistema locale e la protezione di tutte le creature. La famiglia è il luogo della formazione integrale, dove si dispiegano i diversi aspetti, intimamente relazionati tra loro, della maturazione personale» (LS, 213).

Capitolo III
Famiglia, inclusione e società

La terza età

17. Uno dei compiti più gravi e urgenti della famiglia cristiana è di custodire il legame tra le generazioni per la trasmissione della fede e dei valori fondamentali della vita. La maggior parte delle famiglie rispetta gli anziani, li circonda di affetto e li considera una benedizione. Uno speciale apprezzamento va alle associazioni e ai movimenti familiari che operano in favore degli anziani, sotto l’aspetto spirituale e sociale, in particolare in collaborazione con i sacerdoti in cura di anime. In alcuni contesti, gli anziani sono percepiti come una ricchezza in quanto assicurano la stabilità, la continuità e la memoria delle famiglie e delle società. Nelle società altamente industrializzate, ove il loro numero tende ad aumentare mentre decresce la natalità, essi rischiano di essere percepiti come un peso. D’altra parte le cure che essi richiedono mettono spesso a dura prova i loro cari. «Gli anziani sono uomini e donne, padri e madri che sono stati prima di noi sulla nostra stessa strada, nella nostra stessa casa, nella nostra quotidiana battaglia per una vita degna. Sono uomini e donne dai quali abbiamo ricevuto molto. L’anziano non è un alieno. L’anziano siamo noi: fra poco, fra molto, inevitabilmente comunque, anche se non ci pensiamo. E se noi non impariamo a trattare bene gli anziani, così tratteranno a noi» (Francesco, Udienza generale, 4 marzo 2015).

18. La presenza dei nonni in famiglia merita una peculiare attenzione. Essi costituiscono l’anello di congiunzione tra le generazioni, e assicurano un equilibrio psico-affettivo attraverso la trasmissione di tradizioni e di abitudini, di valori e virtù, in cui i più giovani possono riconoscere le proprie radici. Inoltre, i nonni collaborano con frequenza con i loro figli nelle questioni economiche, educative e nella trasmissione della fede ai nipoti. Molte persone possono constatare che proprio ai nonni debbono la loro iniziazione alla vita cristiana. Come dice il libro del Siracide: «Non trascurare i discorsi dei vecchi, perché anch’essi hanno imparato dai loro padri; da loro imparerai il discernimento e come rispondere nel momento del bisogno» (Sir 8,9). Auspichiamo che nella famiglia, nel succedersi delle generazioni, la fede sia comunicata e custodita come preziosa eredità per i nuovi nuclei familiari.

La vedovanza

19. La vedovanza è un’esperienza particolarmente difficile per chi ha vissuto la scelta matrimoniale e la vita familiare come dono. Essa, tuttavia, presenta allo sguardo della fede diverse possibilità da valorizzare. Nel momento in cui si trovano a vivere questa esperienza, alcuni mostrano di saper riversare le proprie energie con ancor più dedizione sui figli e i nipoti, trovando in questa espressione di amore una nuova missione educativa. Il vuoto lasciato dal coniuge scomparso, in certo senso, è colmato dall’affetto dei familiari che valorizzano le persone vedove, consentendo loro di custodire così anche la preziosa memoria del proprio matrimonio. Coloro che non possono contare sulla presenza di familiari a cui dedicarsi e dai quali ricevere affetto e vicinanza, devono essere sostenuti dalla comunità cristiana con particolare attenzione e disponibilità, soprattutto se si trovano in condizioni di indigenza. Le persone vedove possono celebrare una nuova unione sacramentale senza nulla togliere al valore del precedente matrimonio (cf. 1 Cor 7,39). All’inizio e nello sviluppo della sua storia, la Chiesa ha manifestato un’attenzione speciale nei confronti delle vedove (cf. 1Tim 5,3-16), giungendo persino a istituire l’“ordo viduarum”, che potrebbe oggi venir ristabilito.

L’ultima stagione della vita e il lutto in famiglia

20. La malattia, l’infortunio o la vecchiaia che conducono alla morte si ripercuotono su tutta la vita familiare. L’esperienza del lutto diventa particolarmente lacerante quando la perdita riguarda i piccoli e i giovani. Questa dolorosa esperienza richiede una speciale attenzione pastorale anche attraverso il coinvolgimento della comunità cristiana. La valorizzazione della fase conclusiva della vita è oggi tanto più necessaria quanto più si tenta di rimuovere in ogni modo il momento del trapasso. La fragilità e dipendenza dell’anziano talora vengono sfruttate iniquamente per mero vantaggio economico. Numerose famiglie ci insegnano che è possibile affrontare le ultime tappe della vita valorizzando il senso del compimento e dell’integrazione dell’intera esistenza nel mistero pasquale. Un gran numero di anziani è accolto in strutture ecclesiali dove possono vivere in un ambiente sereno e familiare sul piano materiale e spirituale. L’eutanasia e il suicidio assistito sono gravi minacce per le famiglie in tutto il mondo. La loro pratica è legale in molti Stati. La Chiesa, mentre contrasta fermamente queste prassi, sente il dovere di aiutare le famiglie che si prendono cura dei loro membri anziani e ammalati, e di promuovere in ogni modo la dignità e il valore della persona fino al termine naturale della vita.

Persone con bisogni speciali

21. Uno sguardo speciale occorre rivolgere alle famiglie delle persone con disabilità, in cui l’handicap, che irrompe nella vita, genera una sfida, profonda e inattesa, e sconvolge gli equilibri, i desideri, le aspettative. Ciò determina emozioni contrastanti e decisioni difficili da gestire ed elaborare, mentre impone compiti, urgenze e nuove responsabilità. L’immagine familiare e l’intero suo ciclo vitale vengono profondamente turbati. Meritano grande ammirazione le famiglie che accettano con amore la difficile prova di un figlio disabile. Esse danno alla Chiesa e alla società una testimonianza preziosa di fedeltà al dono della vita. La famiglia potrà scoprire, insieme alla comunità cristiana, nuovi gesti e linguaggi, forme di comprensione e di identità, nel cammino di accoglienza e cura del mistero della fragilità. Le persone con disabilità costituiscono per la famiglia un dono e un’opportunità per crescere nell’amore, nel reciproco aiuto e nell’unità. La Chiesa, famiglia di Dio, desidera essere casa accogliente per le famiglie con persone disabili (cf. Giovanni Paolo II, Omelia in occasione del Giubileo della comunità con i disabili, 3 dicembre 2000). Essa collabora a sostenere la loro relazione ed educazione familiare, e offre cammini di partecipazione alla vita liturgica della comunità. Per diversi disabili abbandonati o rimasti soli le istituzioni ecclesiali di accoglienza costituiscono spesso l’unica famiglia. Ad esse il Sinodo esprime viva gratitudine e profondo apprezzamento. Tale processo di integrazione risulta più difficile in quelle società in cui perdura lo stigma e il pregiudizio – persino teorizzato in chiave eugenetica. Per contro, molte famiglie, comunità e movimenti ecclesiali scoprono e celebrano i doni di Dio nelle persone con bisogni speciali, particolarmente la loro singolare capacità di comunicazione e di aggregazione. Una speciale attenzione va rivolta alle persone disabili che sopravvivono ai loro genitori e alla famiglia più ampia che li ha sostenuti lungo la vita. La morte di coloro da cui sono stati amati e che essi hanno amato li rende particolarmente vulnerabili. La famiglia che accetta con lo sguardo della fede la presenza di persone con disabilità potrà riconoscere e garantire la qualità e il valore di ogni vita, con i suoi bisogni, i suoi diritti e le sue opportunità. Essa solleciterà servizi e cure, e promuoverà compagnia ed affetto, in ogni fase della vita.

Le persone non sposate

22. Molte persone che vivono senza sposarsi non soltanto sono dedite alla propria famiglia d’origine, ma spesso rendono grandi servizi nella loro cerchia di amici, nella comunità ecclesiale e nella vita professionale. Nondimeno, la loro presenza e il loro contributo sono spesso trascurati, e questo procura loro un certo senso di isolamento. Fra di esse, non di rado, si possono trovare nobili motivazioni che li impegnano totalmente nell’arte, nella scienza e per il bene dell’umanità. Molti, poi, mettono i loro talenti a servizio della comunità cristiana nel segno della carità e del volontariato. Vi sono poi coloro che non si sposano perché consacrano la vita per amore di Cristo e dei fratelli. Dalla loro dedizione, la famiglia, nella Chiesa e nella società, è grandemente arricchita.

Migranti, profughi, perseguitati

23. Merita particolare attenzione pastorale l’effetto del fenomeno migratorio sulla famiglia. Esso tocca, con modalità differenti, intere popolazioni, in diverse parti del mondo. La Chiesa ha esercitato in questo campo un ruolo di primo piano. La necessità di mantenere e sviluppare questa testimonianza evangelica (cf. Mt 25,35) appare oggi più che mai urgente. La storia dell’umanità è una storia di migranti: questa verità è inscritta nella vita dei popoli e delle famiglie. Anche la nostra fede lo ribadisce: siamo tutti dei pellegrini. Questa convinzione deve suscitare in noi comprensione, apertura e responsabilità davanti alla sfida della migrazione, tanto di quella vissuta con sofferenza, quanto di quella pensata come opportunità per la vita. La mobilità umana, che corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, può rivelarsi un’autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il paese che la accoglie. Altra cosa è la migrazione forzata delle famiglie, frutto di situazioni di guerra, di persecuzione, di povertà, di ingiustizia, segnata dalle peripezie di un viaggio che mette spesso in pericolo la vita, traumatizza le persone e destabilizza le famiglie. L’accompagnamento dei migranti esige una pastorale specifica rivolta alle famiglie in migrazione, ma anche ai membri dei nuclei familiari rimasti nei luoghi d’origine. Ciò deve essere attuato nel rispetto delle loro culture, della formazione religiosa ed umana da cui provengono, della ricchezza spirituale dei loro riti e tradizioni, anche mediante una cura pastorale specifica. «È importante guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri» (Francesco, Messaggio per la Giornata mondiale dei migranti e del rifugiato 2016, 12 settembre 2015). Le migrazioni appaiono particolarmente drammatiche e devastanti per le famiglie e per gli individui quando hanno luogo al di fuori della legalità e sono sostenute da circuiti internazionali di tratta degli esseri umani. Lo stesso può dirsi quando riguardano donne o bambini non accompagnati, costretti a soggiorni prolungati nei luoghi di passaggio, nei campi profughi, dove è impossibile avviare un percorso di integrazione. La povertà estrema e altre situazioni di disgregazione inducono talvolta le famiglie perfino a vendere i propri figli per la prostituzione o per il traffico di organi.

24. L’incontro con un nuovo paese e una nuova cultura è reso tanto più difficile quando non vi siano condizioni di autentica accoglienza e accettazione, nel rispetto dei diritti di tutti e di una convivenza pacifica e solidale. Questo compito interpella direttamente la comunità cristiana: «la responsabilità di offrire accoglienza, solidarietà e assistenza ai rifugiati è innanzitutto della Chiesa locale. Essa è chiamata ad incarnare le esigenze del Vangelo andando incontro, senza distinzioni, a queste persone nel momento del bi­sogno e della solitudine» (Pontificio Consiglio Cor Unum e Pontificio Consiglio della Pastorale per i migranti e gli itineranti, I Rifugiati, una sfida alla solidarietà, 26). Il senso di spaesamento, la nostalgia delle origini perdute e le difficoltà di integrazione mostrano oggi, in molti contesti, di non essere superati e svelano sofferenze nuove anche nella seconda e terza generazione di famiglie migranti, alimentando fenomeni di fondamentalismo e di rigetto violento da parte della cultura ospitante. Una risorsa preziosa per il superamento di queste difficoltà si rivela proprio l’incontro tra famiglie, e un ruolo chiave nei processi di integrazione è svolto spesso dalle donne, attraverso la condivisione dell’esperienza di crescita dei propri figli. In effetti, anche nella loro situazione di precarietà, esse danno testimonianza di una cultura dell’amore familiare che incoraggia le altre famiglie ad accogliere e custodire la vita, praticando la solidarietà. Le donne possono trasmettere alle nuove generazioni la fede viva nel Cristo, che le ha sostenute nella difficile esperienza della migrazione e ne è stata rafforzata. Le persecuzioni dei cristiani, come anche quelle di minoranze etniche e religiose, in diverse parti del mondo, specialmente in Medio Oriente, rappresentano una grande prova: non solo per la Chiesa, ma anche per l’intera comunità internazionale. Ogni sforzo va sostenuto per favorire la permanenza di famiglie e comunità cristiane nelle loro terre di origine. Benedetto XVI ha affermato: «Un Medio Oriente senza o con pochi cristiani non è più il Medio Oriente, giacché i cristiani partecipano con gli altri credenti all’identità così particolare della regione» (Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente, 31).

Alcune sfide peculiari

25. In alcune società vige ancora la pratica della poligamia; in altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati. Nei paesi in cui la presenza della Chiesa cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni misti e di disparità di culto, con tutte le difficoltà che essi comportano riguardo alla configurazione giuridica, al Battesimo, all’educazione dei figli e al reciproco rispetto dal punto di vista della diversità della fede. In questi matrimoni può esistere il pericolo del relativismo o dell’indifferenza, ma vi può essere anche la possibilità di favorire lo spirito ecumenico e il dialogo interreligioso in un’armoniosa convivenza di comunità che vivono nello stesso luogo. In molti contesti, e non solo occidentali, si va diffondendo ampiamente la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche quella di convivenze non orientate ad assumere la forma di un vincolo istituzionale. A questo si aggiunge spesso una legislazione civile che compromette il matrimonio e la famiglia. A causa della secolarizzazione, in molte parti del mondo, il riferimento a Dio è fortemente diminuito e la fede non è più socialmente condivisa.

I bambini

26. I bambini sono una benedizione di Dio (cf. Gn 4,1). Essi devono essere al primo posto nella vita familiare e sociale, e costituire una priorità nell’azione pastorale della Chiesa. «In effetti, da come sono trattati i bambini si può giudicare la società, ma non solo moralmente, anche sociologicamente, se è una società libera o una società schiava di interessi internazionali.[…] I bambini ci ricordano […] che siamo sempre figli […].E questo ci riporta sempre al fatto che la vita non ce la siamo data noi ma l’abbiamo ricevuta» (Francesco, Udienza generale, 18 marzo 2015). Tuttavia, spesso i bambini diventano oggetto di contesa tra i genitori e sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. I diritti dei bambini sono trascurati in molti modi. In alcune aree del mondo, essi sono considerati una vera e propria merce, trattati come lavoratori a basso prezzo, usati per fare la guerra, oggetto di ogni tipo di violenza fisica e psicologica. Bambini migranti vengono esposti a vari tipi di sofferenza. Lo sfruttamento sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società attuale. Nelle società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o della presenza della criminalità organizzata, sono in crescita situazioni familiari degradate. Nelle grandi metropoli e nelle loro periferie si aggrava drammaticamente il cosiddetto fenomeno dei bambini di strada.

La donna

27. La donna ha un ruolo determinante nella vita della persona, della famiglia e della società. «Ogni persona umana deve la vita a una madre, e quasi sempre deve a lei molto della propria esistenza successiva, della formazione umana e spirituale» (Francesco, Udienza Generale, 7 gennaio 2015). La madre custodisce la memoria e il senso della nascita per una vita intera: «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19.51). Resta vero, però, che la condizione femminile nel mondo è soggetta a grandi differenze che derivano in prevalenza da fattori socio-culturali. La dignità della donna ha bisogno di essere difesa e promossa. Non si tratta semplicemente di un problema di risorse economiche, ma di una diversa prospettiva culturale, come evidenzia la difficile condizione delle donne in vari paesi di recente sviluppo. In numerosi contesti, ancora oggi, essere donna suscita discriminazione: il dono stesso della maternità è penalizzato anziché valorizzato. D’altra parte, essere sterile per una donna, in alcune culture, è una condizione socialmente discriminante. Non bisogna nemmeno dimenticare i fenomeni crescenti di violenza di cui le donne sono vittime all’interno delle famiglie. Lo sfruttamento delle donne e la violenza esercitata sul loro corpo sono spesso unite all’aborto e alla sterilizzazione forzata. A ciò si aggiungano le conseguenze negative di pratiche connesse alla procreazione, quali l’utero in affitto o il mercato dei gameti e degli embrioni. L’emancipazione femminile richiede un ripensamento dei compiti dei coniugi nella loro reciprocità e nella comune responsabilità verso la vita familiare. Il desiderio del figlio ad ogni costo non ha portato a relazioni familiari più felici e solide, ma in molti casi ha aggravato di fatto la diseguaglianza fra donne e uomini. Può contribuire al riconoscimento sociale del ruolo determinante delle donne una maggiore valorizzazione della loro responsabilità nella Chiesa: il loro intervento nei processi decisionali, la loro partecipazione al governo di alcune istituzioni, il loro coinvolgimento nella formazione dei ministri ordinati.

L’uomo

28. L’uomo riveste un ruolo egualmente decisivo nella vita della famiglia, con particolare riferimento alla protezione e al sostegno della sposa e dei figli. Modello di questa figura è San Giuseppe, uomo giusto, il quale nell’ora del pericolo «prese con sé il bambino e sua madre nella notte» (Mt 2,14) e li portò in salvo. Molti uomini sono consapevoli dell’importanza del proprio ruolo nella famiglia e lo vivono con le qualità peculiari dell’indole maschile. L’assenza del padre segna gravemente la vita familiare, l’educazione dei figli e il loro inserimento nella società. La sua assenza può essere fisica, affettiva, cognitiva e spirituale. Questa carenza priva i figli di un modello adeguato del comportamento paterno. Il crescente impiego lavorativo della donna fuori casa non ha trovato adeguata compensazione in un maggior impegno dell’uomo nell’ambito domestico. Nel contesto odierno la sensibilità dell’uomo al compito di protezione della sposa e dei figli da ogni forma di violenza e di avvilimento si è indebolita. «Il marito – dice Paolo – deve amare la moglie “come il proprio corpo” (Ef 5,28); amarla come Cristo “ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei” (v. 25). Ma voi mariti […] capite questo? Amare la vostra moglie come Cristo ama la Chiesa? […] L’effetto di questo radicalismo della dedizione chiesta all’uomo, per l’amore e la dignità della donna, sull’esempio di Cristo, deve essere stato enorme, nella stessa comunità cristiana. Questo seme della novità evangelica, che ristabilisce l’originaria reciprocità della dedizione e del rispetto, è maturato lentamente nella storia, ma alla fine ha prevalso» (Francesco, Udienza Generale, 6 maggio 2015).

I giovani

29. Molti giovani continuano a vedere il matrimonio come il grande anelito della loro vita e il progetto di una famiglia propria come la realizzazione delle loro aspirazioni. Essi assumono concretamente, tuttavia, atteggiamenti diversi di fronte al matrimonio. Spesso sono indotti a rimandare le nozze per problemi di tipo economico, lavorativo o di studio. Talora anche per altri motivi, come l’influenza delle ideologie che svalutano il matrimonio e la famiglia, l’esperienza del fallimento di altre coppie che essi non vogliono rischiare, il timore verso qualcosa che considerano troppo grande e sacro, le opportunità sociali ed i vantaggi economici che derivano dalla convivenza, una concezione meramente emotiva e romantica dell’amore, la paura di perdere la libertà e l’autonomia, il rifiuto di qualcosa concepito come istituzionale e burocratico. La Chiesa guarda con apprensione alla sfiducia di tanti giovani verso il matrimonio, e soffre per la precipitazione con cui tanti fedeli decidono di porre fine all’impegno coniugale per instaurarne un altro. I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della Chiesa. È perciò necessario discernere più attentamente le motivazioni profonde della rinuncia e dello scoraggiamento. I giovani possono acquistare maggior fiducia nei confronti della scelta matrimoniale grazie a quelle famiglie che, nella comunità cristiana, offrono loro l’esempio affidabile di una testimonianza durevole nel tempo.

Capitolo IV
Famiglia, affettività e vita

La rilevanza della vita affettiva

30. «Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono. Certo, l’uomo può — come ci dice il Signore — diventare sorgente dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva (cf. Gv 7,37-38). Ma per divenire una tale sorgente, egli stesso deve bere, sempre di nuovo, a quella prima, originaria sorgente che è Gesù Cristo, dal cui cuore trafitto scaturisce l’amore di Dio (cf. Gv19, 34)» (DCE, 7). Il bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare relazioni affettive di qualità, deve aprirsi al dono dell’amore altrui e al desiderio di costruire reciprocità creative, responsabilizzanti e solidali come quelle familiari. La sfida per la Chiesa è di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione emozionale e nello sviluppo affettivo attraverso la promozione del dialogo, della virtù e della fiducia nell’amore misericordioso di Dio. Il pieno impegno di dedizione, richiesto nel matrimonio cristiano, è un forte antidoto alla tentazione di un’esistenza individuale ripiegata su stessa.

La formazione al dono di sé

31. Lo stile delle relazioni familiari incide in modo primario sulla formazione affettiva delle giovani generazioni. La velocità con la quale si compiono i mutamenti della società contemporanea rende più difficile l’accompagnamento della persona nella formazione dell’affettività per la sua maturazione. Esso esige anche un’azione pastorale appropriata, ricca di conoscenza approfondita della Scrittura e della dottrina cattolica, e dotate di strumenti educativi adeguati. Un’opportuna conoscenza della psicologia della famiglia sarà d’aiuto perché sia trasmessa in modo efficace la visione cristiana: questo sforzo educativo sia avviato già con la catechesi dell’iniziazione cristiana. Questa formazione avrà cura di rendere apprezzabile la virtù della castità, intesa come integrazione degli affetti, che favorisce il dono di sé.

Fragilità e immaturità

32. Nel mondo attuale non mancano tendenze culturali che mirano ad imporre una sessualità senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi. La questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e mutevole non aiuta la persona a raggiungere una maggiore maturità. Vanno denunciati con fermezza: la grande diffusione della pornografia e della commercializzazione del corpo, favorita anche da un uso distorto di internet; la costrizione alla prostituzione e il suo sfruttamento. In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia destabilizza la famiglia e può arrivare, attraverso le separazioni e i divorzi, a produrre serie conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali. Il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di “salute riproduttiva”, minaccia il legame tra le generazioni. Ne deriva anche un impoverimento economico e una generalizzata perdita di speranza.

Tecnica e procreazione umana

33. La rivoluzione biotecnologica nel campo della procreazione umana ha introdotto la possibilità di manipolare l’atto generativo, rendendolo indipendente dalla relazione sessuale tra uomo e donna. In questo modo, la vita umana e la genitorialità sono divenute realtà componibili e scomponibili, soggette prevalentemente ai desideri di singoli o di coppie, non necessariamente eterosessuali e regolarmente coniugate. Questo fenomeno si è presentato negli ultimi tempi come una novità assoluta sulla scena dell’umanità, e sta acquistando una sempre maggiore diffusione. Tutto ciò ha profonde ripercussioni nella dinamica delle relazioni, nella struttura della vita sociale e negli ordinamenti giuridici, che intervengono per tentare di regolamentare pratiche già in atto e situazioni differenziate. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e vive costantemente alla Sua presenza: «La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta “l’azione creatrice di Dio” e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» (Congregazione della Dottrina della Fede, Istruzione Donum vitae, Introd., 5; cf. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 53).

La sfida per la pastorale

34. Una riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, trova un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere le persone con comprensione e sensibilità nella loro esistenza concreta, e saperne sostenere la ricerca di senso. La fede incoraggia il desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più difficili. Il messaggio cristiano ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo convergono: «La prima verità della Chiesa è l’amore di Cristo. Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini. Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre» (MV, 12). Nella formazione alla vita coniugale e familiare, la cura pastorale terrà conto della pluralità delle situazioni concrete. Se da una parte, bisogna promuovere percorsi che garantiscano la formazione dei giovani al matrimonio, dall’altra, occorre accompagnare coloro che vivono da soli o senza costituire un nuovo nucleo familiare, restando frequentemente legati alla famiglia d’origine. Anche le coppie che non possono avere figli devono essere oggetto di una particolare attenzione pastorale da parte della Chiesa, che le aiuti a scoprire il disegno di Dio sulla loro situazione, a servizio di tutta la comunità. Tutti hanno bisogno di uno sguardo di comprensione, tenendo conto che le situazioni di distanza dalla vita ecclesiale non sempre sono volute, spesso sono indotte e a volte anche subite. Nell’ottica della fede non ci sono esclusi: tutti sono amati da Dio e stanno a cuore all’agire pastorale della Chiesa.

II PARTE
LA FAMIGLIA NEL PIANO DI DIO

35. Il discernimento della vocazione della famiglia nella molteplicità delle situazioni che abbiamo incontrato nella prima parte, ha bisogno di un orientamento sicuro per il cammino e l’accompagnamento. Questa bussola è la Parola di Dio nella storia, che culmina in Gesù Cristo «Via, Verità e Vita» per ogni uomo e donna che costituiscono una famiglia. Ci poniamo dunque in ascolto di quello che la Chiesa insegna sulla famiglia alla luce della Sacra Scrittura e della Tradizione. Siamo convinti che questa Parola risponda alle attese umane più profonde di amore, verità e misericordia, e risvegli potenzialità di dono e di accoglienza anche nei cuori spezzati e umiliati. In questa luce, noi crediamo che il Vangelo della famiglia cominci con la creazione dell’uomo ad immagine di Dio che è amore e chiama all’amore l’uomo e la donna secondo la sua somiglianza (cf. Gn 1,26-27). La vocazione della coppia e della famiglia alla comunione di amore e di vita perdura in tutte le tappe del disegno di Dio malgrado i limiti e i peccati degli uomini. Questa vocazione è fondata sin dall’inizio in Cristo redentore (cf. Ef 1,3-7). Egli restaura e perfeziona l’alleanza matrimoniale delle origini (cf. Mc 10,6), guarisce il cuore umano (cf. Gv 4,10), gli dà la capacità di amare come Lui ama la Chiesa offrendosi per essa (cf. Ef 5,32).

36. Questa vocazione riceve la sua forma ecclesiale e missionaria dal legame sacramentale che consacra la relazione coniugale indissolubile tra gli sposi. Lo scambio del consenso, che la istituisce, significa per gli sposi l’impegno di reciproca donazione e accoglienza, totale e definitiva, in «una sola carne» (Gn 2,24). La grazia dello Spirito Santo fa dell’unione degli sposi un segno vivo del legame di Cristo con la Chiesa. La loro unione diviene così, per tutto il corso della vita, una sorgente di grazie molteplici: di fecondità e di testimonianza, di guarigione e di perdono. Il matrimonio si realizza nella comunità di vita e di amore, e la famiglia diventa evangelizzatrice. Gli sposi, fatti suoi discepoli, sono accompagnati da Gesù nel cammino verso Emmaus, lo riconoscono allo spezzare del pane, fanno ritorno a Gerusalemme nella luce della sua risurrezione (cf. Lc 24,13-43). La Chiesa annuncia alla famiglia il suo legame con Gesù, in virtù dell’incarnazione per la quale Egli è parte della Santa Famiglia di Nazaret. La fede riconosce nel legame indissolubile degli sposi un riflesso dell’amore della Trinità divina, che si rivela nell’unità di verità e misericordia proclamata da Gesù. Il Sinodo si rende interprete della testimonianza della Chiesa, che rivolge al popolo di Dio una parola chiara sulla verità della famiglia secondo il Vangelo. Nessuna distanza impedisce alla famiglia di essere raggiunta da questa misericordia e sostenuta da questa verità.

Capitolo I
La famiglia nella storia della salvezza

La pedagogia divina

37. Dato che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo, occorre distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la grazia dell’alleanza. In ragione della pedagogia divina, secondo cui il disegno della creazione si compie in quello della redenzione attraverso tappe successive, occorre comprendere la novità del sacramento nuziale in continuità con il matrimonio naturale delle origini, basato sull’ordine della creazione. In questa prospettiva va inteso il modo dell’agire salvifico di Dio anche nella vita cristiana. Poiché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo e in vista di Lui (cf. Col 1,16), i cristiani sono «lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda che si verifica in mezzo ai popoli» (AG, 11). L’incorporazione del credente nella Chiesa mediante il battesimo si compie pienamente con gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana. In quella Chiesa domestica che è la sua famiglia, egli intraprende quel «processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio» (FC, 9), attraverso la conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona pienezza di vita. Nelle sfide contemporanee della società e della cultura, la fede rivolge lo sguardo a Gesù Cristo nella contemplazione e nell’adorazione del suo volto. Egli ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del Regno di Dio. «Ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Francesco, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione al Sinodo sulla famiglia, 4 ottobre 2014).

L’icona della Trinità nella famiglia

38. La Scrittura e la Tradizione ci aprono l’accesso a una conoscenza della Trinità che si rivela con tratti familiari. La famiglia è immagine di Dio che «nel suo mistero più intimo, non è solitudine, bensì una famiglia, dato che ha in sé paternità, filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore» (Giovanni Paolo II, Omelia durante S. Messa nel Seminario Palafoxiano di Puebla de Los Angeles, 28 gennaio 1979). Dio è comunione di persone. Nel battesimo, la voce del Padre designa Gesù come suo Figlio amato, e in questo amore ci è dato di riconoscere lo Spirito Santo (cf. Mc 1,10-11). Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé e ha redento l’uomo dal peccato, non solo ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale, ma ha anche elevato il matrimonio a segno sacramentale del suo amore per la Chiesa (cf. Mt 19,1-12; Mc 10,1-12; Ef 5,21-32). Nella famiglia umana, radunata da Cristo, è restituita la “immagine e somiglianza” della Santissima Trinità (cf. Gn 1,26), mistero da cui scaturisce ogni vero amore. Da Cristo, attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia dello Spirito Santo, per testimoniare il Vangelo dell’amore di Dio fino al compimento dell’Alleanza nell’ultimo giorno alla festa di nozze dell’Agnello (cf. Ap 19,9; Giovanni Paolo II, Catechesi sull’amore umano). L’alleanza di amore e fedeltà, di cui vive la Santa Famiglia di Nazaret, illumina il principio che dà forma ad ogni famiglia, e la rende capace di affrontare meglio le vicissitudini della vita e della storia. Su questo fondamento, ogni famiglia, pur nella sua debolezza, può diventare una luce nel buio del mondo. «Qui comprendiamo il modo di vivere in famiglia. Nazaret ci ricordi che cos’è la famiglia, cos’è la comunione di amore, la sua bellezza austera e semplice, il suo carattere sacro e inviolabile; ci faccia vedere come è dolce ed insostituibile l’educazione in famiglia, ci insegni la sua funzione naturale nell’ordine sociale» (Paolo VI, Discorso tenuto a Nazaret, 5 gennaio 1964).

La famiglia nella Sacra Scrittura

39. L’uomo e la donna, con il loro amore fecondo e generativo, continuano l’opera creatrice e collaborano col Creatore alla storia della salvezza attraverso il succedersi delle genealogie (cf. Gn 1,28; 2,4; 9,1.7; 10; 17,2.16; 25,11; 28,3; 35,9.11; 47,27; 48,3-4). La realtà matrimoniale nella sua forma esemplare è tratteggiata nel libro della Genesi, a cui rimanda anche Gesù nella sua visione dell’amore nuziale. L’uomo si sente incompleto perché privo di un aiuto che gli “corrisponda”, che gli “stia di fronte” (cf. Gn 2,18.20) in un dialogo paritario. La donna partecipa, quindi, della stessa realtà dell’uomo, rappresentata simbolicamente dalla costola, ossia della medesima carne, come si proclama nel canto d’amore dell’uomo: «questa volta essa è veramente carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Gn 2,23). I due diventano, così, “una carne sola” (cf. Gn 2,24). Questa realtà fondante dell’esperienza matrimoniale è esaltata nella formula della reciproca appartenenza, presente nella professione d’amore pronunciata dalla donna del Cantico dei Cantici. La formula ricalca quella dell’alleanza tra Dio e il suo popolo (cf. Lv 26,12): «il mio amato è mio e io sono sua…io sono del mio amato e il mio amato è mio» (Ct 2,16; 6,3). Significativo è, poi, nel Cantico, l’intreccio costante della sessualità, dell’eros e dell’amore, così come l’incontro della corporeità con la tenerezza, il sentimento, la passione, la spiritualità e la donazione totale. Nella consapevolezza che può esserci la notte dell’assenza e del dialogo interrotto tra lui e lei (cc. 3 e 5), permane, nondimeno, la certezza della potenza dell’amore contro ogni ostacolo: «forte come la morte è l’amore» (Ct 8,6). La profezia biblica, per celebrare l’alleanza d’amore tra Dio e il suo popolo, ricorrerà non solo al simbolismo nuziale (cf. Is 54; Ger 2,2; Ez 16), ma all’intera esperienza familiare, come attesta in modo particolarmente intenso il profeta Osea. La sua drammatica esperienza matrimoniale e familiare (cf. Os 1-3) diventa segno della relazione tra il Signore e Israele. Le infedeltà del popolo non cancellano l’amore invincibile di Dio che il profeta raffigura come un padre, il quale guida e stringe a sé “con vincoli d’amore” il proprio figlio (cf. Os 11,1-4).

40. Nelle parole di vita eterna che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, con il suo insegnamento sul matrimonio e la famiglia, possiamo riconoscere tre tappe fondamentali nel progetto di Dio. All’inizio, c’è la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio primordiale tra Adamo ed Eva, come solido fondamento della famiglia. Dio non solo ha creato l’essere umano maschio e femmina (cf. Gn 1,27), ma li ha anche benedetti perché fossero fecondi e si moltiplicassero (cf. Gn 1,28). Per questo, «l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gn 2,24). Questa unione, poi, ferita dal peccato, nella forma storica del matrimonio all’interno della tradizione di Israele ha conosciuto diverse oscillazioni: fra la monogamia e la poligamia, fra la stabilità e il divorzio, fra la reciprocità e la subordinazione della donna all’uomo. La concessione di Mosè circa la possibilità del ripudio (cf. Dt 24,1ss), che persisteva al tempo di Gesù, si comprende all’interno di questo quadro. Infine, la riconciliazione del mondo caduto, con l’avvento del Salvatore, non solo reintegra il progetto divino originario, ma conduce la storia del Popolo di Dio verso un nuovo compimento. L’indissolubilità del matrimonio (cf. Mc 10,2-9), non è innanzitutto da intendere come giogo imposto agli uomini bensì come un dono fatto alle persone unite in matrimonio.

Gesù e la famiglia

41. L’esempio di Gesù è paradigmatico per la Chiesa. Il Figlio di Dio è venuto nel mondo in una famiglia. Nei suoi trenta anni di vita nascosta a Nazaret – periferia sociale, religiosa e culturale dell’Impero (cf. Gv 1,46) – Gesù ha visto in Maria e Giuseppe la fedeltà vissuta nell’amore. Egli ha inaugurato la sua vita pubblica con il segno di Cana, compiuto ad un banchetto di nozze (cf. Gv 2,1-11). Ha annunciato il vangelo del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (cf. Mt 19,4-6). Ha condiviso momenti quotidiani di amicizia con la famiglia di Lazzaro e le sue sorelle (cf. Lc 10,38) e con la famiglia di Pietro (cf. Mt 8,14). Ha ascoltato il pianto dei genitori per i loro figli, restituendoli alla vita (cf. Mc 5,41; Lc 7,14-15) e manifestando così il vero significato della misericordia, la quale implica il ristabilimento dell’Alleanza (cf. Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, 4). Ciò appare chiaramente negli incontri con la donna samaritana (cf. Gv 4,1-30) e con l’adultera (cf. Gv 8,1-11), nei quali la percezione del peccato si desta davanti all’amore gratuito di Gesù. La conversione «è un impegno continuo per tutta la Chiesa che “comprende nel suo seno i peccatori” e che, “santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento”. Questo sforzo di conversione non è soltanto un’opera umana. È il dinamismo del “cuore contrito” attirato e mosso dalla grazia a rispondere all’amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo» (CCC, 1428). Dio offre gratuitamente il suo perdono a chi si apre all’azione della sua grazia. Ciò avviene mediante il pentimento, unito al proposito di indirizzare la vita secondo la volontà di Dio, effetto della sua misericordia attraverso la quale Egli ci riconcilia con sé. Dio mette nel nostro cuore la capacità di poter seguire la via dell’imitazione di Cristo. La parola e l’atteggiamento di Gesù mostrano chiaramente che il Regno di Dio è l’orizzonte entro il quale ogni relazione si definisce (cf. Mt 6,33). I vincoli familiari, pur fondamentali, «non sono però assoluti» (CCC, 2232). In modo sconvolgente per chi lo ascoltava, Gesù ha relativizzato le relazioni familiari alla luce del Regno di Dio (cf. Mc 3,33-35; Lc 14,26; Mt 10,34-37; 19,29; 23,9). Questa rivoluzione degli affetti che Gesù introduce nella famiglia umana costituisce una chiamata radicale alla fraternità universale. Nessuno rimane escluso dalla nuova comunità radunata nel nome di Gesù, poiché tutti sono chiamati a far parte della famiglia di Dio. Gesù mostra come la condiscendenza divina accompagni il cammino umano con la sua grazia, trasformi il cuore indurito con la sua misericordia (cf. Ez 36,26) e lo orienti al suo compimento attraverso il mistero pasquale.

Capitolo II
La Famiglia nel Magistero della Chiesa

Gli insegnamenti del Concilio Vaticano II

42. Sulla base di ciò che ha ricevuto da Cristo, la Chiesa ha sviluppato nel corso dei secoli un ricco insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla dignità del matrimonio e della famiglia (cf. GS, 47-52). Esso così definisce matrimonio e famiglia: «L’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dall’alleanza dei coniugi, vale a dire dall’irrevocabile consenso personale. E così, è dall’atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono, che nasce, anche davanti alla società, l’istituzione del matrimonio, che ha stabilità per ordinamento divino» (GS, 48). Il «vero amore tra marito e moglie» (GS, 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. GS, 48-49). Ciò rende chiaro che il matrimonio, e l’amore coniugale che lo anima, «sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole» (GS, 50). Inoltre, viene sottolineato il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore «viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio» (GS, 48) e con loro rimane (sacramentum permanens). Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. LG, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino.

Paolo VI

43. Il Beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, con l’Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita:«l’amore coniugale richiede dagli sposi che essi conoscano convenientemente la loro missione di paternità responsabile, sulla quale oggi a buon diritto tanto si insiste e che va anch’essa esattamente compresa. […] L’esercizio responsabile della paternità implica dunque che i coniugi riconoscano i propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia dei valori» (HV, 10). Nell’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi, Paolo VI ha evidenziato il rapporto tra la famiglia e la Chiesa: «Nell’ambito dell’apostolato di evangelizzazione proprio dei laici, è impossibile non rilevare l’azione evangelizzatrice della famiglia. Essa ha ben meritato, nei diversi momenti della storia della Chiesa, la bella definizione di “Chiesa domestica”, sancita dal Concilio Vaticano II. Ciò significa che, in ogni famiglia cristiana, dovrebbero riscontrarsi i diversi aspetti della Chiesa intera. Inoltre la famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia» (EN, 71).

Giovanni Paolo II

44. San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano e sulla teologia del corpo. In esse, egli ha offerto alla Chiesa una ricchezza di riflessioni sul significato sponsale del corpo umano e sul progetto di Dio riguardo al matrimonio e alla famiglia sin dall’inizio della creazione. In particolare, trattando della carità coniugale, ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità. Nella Lettera alle famiglie Gratissimam Sane e soprattutto con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio, Giovanni Paolo II ha indicato la famiglia come “via della Chiesa”, ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna, ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. «Nel matrimonio e nella famiglia si costituisce un complesso di relazioni interpersonali – nuzialità, paternità-maternità, filiazione, fraternità –, mediante le quali ogni persona umana è introdotta nella “famiglia umana” e nella “famiglia di Dio”, che è la Chiesa» (FC, 15).

Benedetto XVI

45. Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus Caritas Est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cf. DCE, 2). Egli ribadisce che «il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano» (DCE, 11). Inoltre, nella Enciclica Caritas in Veritate, evidenzia l’importanza dell’amore familiare come principio di vita nella società, luogo in cui s’apprende l’esperienza del bene comune. «Diventa così una necessità sociale, e perfino economica, proporre ancora alle nuove generazioni la bellezza della famiglia e del matrimonio, la rispondenza di tali istituzioni alle esigenze più profonde del cuore e della dignità della persona. In questa prospettiva, gli Stati sono chiamati a varare politiche che promuovano la centralità e l’integrità della famiglia, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, prima e vitale cellula della società, facendosi carico anche dei suoi problemi economici e fiscali, nel rispetto della sua natura relazionale» (CiV, 44).

Francesco

46. Papa Francesco, nell’Enciclica Lumen Fidei affronta così il legame tra la famiglia e la fede: «Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia. Penso anzitutto all’unione stabile dell’uomo e della donna nel matrimonio […] Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti» (LF, 52). Nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, il Papa richiama la centralità della famiglia tra le sfide culturali odierne: «La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, come tutte le comunità e i legami sociali. Nel caso della famiglia, la fragilità dei legami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellula fondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede ai figli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno. Ma il contributo indispensabile del matrimonio alla società supera il livello dell’emotività e delle necessità contingenti della coppia» (EG, 66). Papa Francesco ha inoltre dedicato ai temi relativi alla famiglia un ciclo organico di catechesi che ne approfondiscono i soggetti, le esperienze e le fasi della vita.

Capitolo III
La famiglia nella dottrina cristiana

Matrimonio nell’ordine della creazione e pienezza sacramentale

47. L’ordine della redenzione illumina e compie quello della creazione. Il matrimonio naturale, pertanto, si comprende pienamente alla luce del suo compimento sacramentale: solo fissando lo sguardo su Cristo si conosce fino in fondo la verità sui rapporti umani. «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. […] Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione» (GS, 22). Risulta particolarmente opportuno comprendere in chiave cristocentrica le proprietà naturali del matrimonio, che costituiscono il bene dei coniugi (bonum coniugum), che comprende unità, apertura alla vita, fedeltà e indissolubilità. Alla luce del Nuovo Testamento secondo cui tutto è stato creato per mezzo di Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16; Gv 1,1ss), il Concilio Vaticano II ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi positivi presenti nelle altre religioni (cf. LG, 16; NA, 2) e nelle diverse culture, nonostante limiti e insufficienze (cf. RM, 55). Il discernimento della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cf. AG, 11) può essere applicato anche alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose. Queste forme - comunque fondate sulla relazione stabile e vera di un uomo e una donna -, riteniamo siano ordinate al sacramento. Con lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli, la Chiesa riconosce anche questa famiglia come cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.

Indissolubilità e fecondità dell’unione sponsale

48. L’irrevocabile fedeltà di Dio all’alleanza è il fondamento dell’indissolubilità del matrimonio. L’amore completo e profondo tra i coniugi non si basa solo sulle capacità umane: Dio sostiene questa alleanza con la forza del suo Spirito. La scelta che Dio ha fatto nei nostri confronti si riflette in certo modo nella scelta del coniuge: come Dio mantiene la sua promessa anche quando falliamo, così l’amore e la fedeltà coniugale valgono “nella buona e nella cattiva sorte”. Il matrimonio è dono e promessa di Dio, che ascolta la preghiera di coloro che chiedono il suo aiuto. La durezza di cuore dell’uomo, i suoi limiti e la sua fragilità di fronte alla tentazione sono una grande sfida per la vita comune. La testimonianza di coppie che vivono fedelmente il matrimonio mette in luce il valore di questa unione indissolubile e suscita il desiderio di rinnovare continuamente l’impegno della fedeltà. L’indissolubilità corrisponde al desiderio profondo di amore reciproco e duraturo che il Creatore ha posto nel cuore umano, ed è un dono che Egli stesso fa ad ogni coppia: «quello che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,6; cf. Mc 10,9). L’uomo e la donna accolgono questo dono e se ne prendono cura affinché il loro amore possa essere per sempre. Di fronte alla sensibilità del nostro tempo e alle effettive difficoltà a mantenere gli impegni per sempre, la Chiesa è chiamata a proporre le esigenze e il progetto di vita del Vangelo della famiglia e del matrimonio cristiano.«San Paolo, parlando della nuova vita in Cristo, dice che i cristiani – tutti – sono chiamati ad amarsi come Cristo li ha amati, cioè “sottomessi gli uni agli altri” (Ef 5,21), che significa al servizio gli uni degli altri. E qui introduce l’analogia tra la coppia marito-moglie e quella Cristo-Chiesa. È chiaro che si tratta di una analogia imperfetta, ma dobbiamo coglierne il senso spirituale che è altissimo e rivoluzionario, e nello stesso tempo semplice, alla portata di ogni uomo e donna che si affidano alla grazia di Dio» (Francesco, Udienza Generale, 6 maggio 2015). Ancora una volta è un annuncio che dà speranza!

I beni della famiglia

49. Il matrimonio è la «comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla generazione e educazione della prole» (CIC, can. 1055 - §1). Nella reciproca accoglienza, i nubendi si promettono dono totale, fedeltà e apertura alla vita. Nella fede e con la grazia di Cristo, essi riconoscono i doni che Dio offre loro e si impegnano in suo nome di fronte alla Chiesa. Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro la sua grazia per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Rendiamo grazie a Dio per il matrimonio perché, attraverso la comunità di vita e d’amore, i coniugi cristiani conoscono la felicità e sperimentano che Dio li ama personalmente, con passione e tenerezza. L’uomo e la donna, individualmente e come coppia – ha ricordato Papa Francesco – «sono immagine di Dio». La loro differenza «non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio» (Udienza generale, 15 aprile 2015). Il fine unitivo del matrimonio è un costante richiamo al crescere e all’approfondirsi di questo amore. Nella loro unione di amore gli sposi sperimentano la bellezza della paternità e della maternità; condividono i progetti e le fatiche, i desideri e le preoccupazioni; imparano la cura reciproca e il perdono vicendevole. In questo amore celebrano i loro momenti felici e si sostengono nei passaggi difficili della loro storia di vita.

50. La fecondità degli sposi, in senso pieno, è spirituale: essi sono segni sacramentali viventi, sorgenti di vita per la comunità cristiana e per il mondo. L’atto della generazione, che manifesta la «connessione inscindibile» tra valore unitivo e procreativo – messo in evidenza dal Beato Paolo VI (cf. HV, 12) - deve essere compreso nell’ottica della responsabilità dei genitori nell’impegno per la cura e l’educazione cristiana dei figli. Questi sono il frutto più prezioso dell’amore coniugale. Dal momento che il figlio è una persona, egli trascende coloro che lo hanno generato. «Essere figlio e figlia, infatti, secondo il disegno di Dio, significa portare in sé la memoria e la speranza di un amore che ha realizzato se stesso proprio accendendo la vita di un altro essere umano, originale e nuovo. E per i genitori ogni figlio è se stesso, è differente, è diverso» (Francesco, Udienza generale, 11 febbraio 2015). La bellezza del dono reciproco e gratuito, la gioia per la vita che nasce e la cura amorevole di tutti i membri, dai piccoli agli anziani, sono alcuni dei frutti che rendono unica e insostituibile la risposta alla vocazione della famiglia. Le relazioni familiari concorrono in modo decisivo alla costruzione solidale e fraterna dell’umana società, irriducibile alla convivenza degli abitanti di un territorio o dei cittadini di uno Stato.

Verità e bellezza della famiglia

51. Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che sono fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Grazie ad esse è resa credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e fedele per sempre. Nella famiglia matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero d’amore della Santa Trinità. «È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita» (CCC, 1657). Il Vangelo della famiglia nutre pure quei semi che ancora attendono di maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere trascurati (cf. Lc 13,6-9).La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che tra i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della fede. «Pertanto, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico, bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle persone che si vanno costruendo giorno per giorno. […] Un piccolo passo, in mezzo a grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà. A tutti deve giungere la consolazione e lo stimolo dell’amore salvifico di Dio, che opera misteriosamente in ogni persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute» (EG, 44). Questa verità e bellezza va custodita. Di fronte a situazioni difficili e a famiglie ferite, occorre sempre ricordare un principio generale: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni» (FC, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione.

Capitolo IV
Verso la pienezza ecclesiale della famiglia

L’intimo legame tra Chiesa e famiglia

52. La benedizione e la responsabilità di una nuova famiglia, sigillata nel sacramento ecclesiale, comporta la disponibilità a farsi sostenitori e promotori, all’interno della comunità cristiana, dell’alleanza fondamentale fra uomo e donna. Questa disponibilità, nell’ambito del legame sociale, della generazione dei figli, della protezione dei più deboli, della vita comune, comporta una responsabilità che ha diritto di essere sostenuta, riconosciuta e apprezzata. In virtù del sacramento del matrimonio ogni famiglia diventa a tutti gli effetti un bene per la Chiesa. In questa prospettiva sarà certamente un dono prezioso, per l’oggi della Chiesa, considerare anche la reciprocità tra famiglia e Chiesa: la Chiesa è un bene per la famiglia, la famiglia è un bene per la Chiesa. La custodia del dono sacramentale del Signore coinvolge non solo la singola famiglia, ma la stessa comunità cristiana, nel modo che le compete. Di fronte all’insorgere della difficoltà, anche grave, di custodire l’unione matrimoniale, il discernimento dei rispettivi adempimenti e delle relative inadempienze dovrà essere approfondito dalla coppia con l’aiuto dei Pastori e della comunità.

La grazia della conversione e del compimento

53. La Chiesa rimane vicina ai coniugi il cui legame si è talmente indebolito che si presenta a rischio di separazione. Nel caso in cui si consumi una dolorosa fine della relazione, la Chiesa sente il dovere di accompagnare questo momento di sofferenza, in modo che almeno non si accendano rovinose contrapposizioni tra i coniugi. Particolare attenzione deve essere soprattutto rivolta ai figli, che sono i primi colpiti dalla separazione, perché abbiano a soffrirne meno possibile: «quando papà e mamma si fanno del male, l’anima dei bambini soffre molto» (Francesco, Udienza generale, 24 giugno 2015). Lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; GS, 22) ispira la cura pastorale della Chiesa verso i fedeli che semplicemente convivono o che hanno contratto matrimonio soltanto civile o sono divorziati risposati. Nella prospettiva della pedagogia divina, la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo imperfetto: invoca con essi la grazia della conversione, li incoraggia a compiere il bene, a prendersi cura con amore l’uno dell’altro e a mettersi al servizio della comunità nella quale vivono e lavorano. È auspicabile che nelle Diocesi si promuovano percorsi di discernimento e coinvolgimento di queste persone, in aiuto e incoraggiamento alla maturazione di una scelta consapevole e coerente. Le coppie devono essere informate sulla possibilità di ricorrere al processo di dichiarazione della nullità del matrimonio.

54. Quando l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico – ed è connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da capacità di superare le prove – può essere vista come un’occasione da accompagnare verso il sacramento del matrimonio, laddove questo sia possibile. Differente invece è il caso in cui la convivenza non sia stabilita in vista di un possibile futuro matrimonio, ma nell’assenza del proposito di stabilire un rapporto istituzionale. La realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, dei matrimoni tradizionali e, fatte le debite differenze, anche delle convivenze, è un fenomeno emergente in molti Paesi. Inoltre, la situazione di fedeli che hanno stabilito una nuova unione richiede una speciale attenzione pastorale: «In questi decenni […] è molto cresciuta la consapevolezza che è necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale; in effetti, queste persone non sono affatto scomunicate» (Francesco, Udienza generale, 5 agosto 2015).

La misericordia nel cuore della rivelazione

55. La Chiesa parte dalle situazioni concrete delle famiglie di oggi, tutte bisognose di misericordia, cominciando da quelle più sofferenti. Con il cuore misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta. La misericordia è «il centro della rivelazione di Gesù Cristo» (MV, 25). In essa risplende la sovranità di Dio, con cui Egli è fedele sempre di nuovo al suo essere, che è amore (cf. 1 Gv 4, 8), e al suo patto. «È proprio nella sua misericordia che Dio manifesta la sua onnipotenza» (S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 30, art. 4; cf. Messale Romano, Colletta della XXVI Domenica del Tempo Ordinario). Annunciare la verità con amore è esso stesso un atto di misericordia. Nella Bolla Misericordiae Vultus, Papa Francesco afferma: «La misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore». E prosegue: «Dio non rifiuta la giustizia. Egli la ingloba e supera in un evento superiore dove si sperimenta l’amore che è a fondamento di una vera giustizia» (MV, 21). Gesù è il volto della misericordia di Dio Padre: «Dio ha tanto amato il mondo […] perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui (il Figlio)» (Gv 3,16-17)

III PARTE
LA MISSIONE DELLA FAMIGLIA

56. Fin dall’inizio della storia, Dio è stato prodigo di amore nei riguardi dei suoi figli (cf. LG, 2), così che essi hanno potuto avere la pienezza della vita in Gesù Cristo (cf. Gv 10,10). Attraverso i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana, Dio invita le famiglie a introdursi in questa vita, a proclamarla e a comunicarla agli altri (cf. LG, 41). Come Papa Francesco ci ricorda con forza, la missione della famiglia si estende sempre al di fuori nel servizio ai nostri fratelli e sorelle. È la missione della Chiesa alla quale ciascuna famiglia è chiamata a partecipare in modo unico e privilegiato. «In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario» (EG, 120). In tutto il mondo, nella realtà delle famiglie, possiamo vedere tanta felicità e gioia, ma anche tante sofferenze e angosce. Vogliamo guardare a questa realtà con gli occhi con cui anche Cristo la guardava quando camminava tra gli uomini del suo tempo. Il nostro atteggiamento vuole essere di umile comprensione. Il nostro desiderio è di accompagnare ciascuna e tutte le famiglie perché scoprano la via migliore per superare le difficoltà che incontrano sul loro cammino. Il Vangelo è sempre anche segno di contraddizione. La Chiesa non dimentica mai che il mistero pasquale è centrale nella Buona Notizia che annunciamo. Essa desidera aiutare le famiglie a riconoscere e ad accogliere la croce quando si presenta davanti a loro, perché possano portarla con Cristo nel cammino verso la gioia della risurrezione. Questo lavoro richiede «una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (EG, 25). La conversione poi tocca profondamente lo stile e il linguaggio. È necessario adottare un linguaggio che sia significativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una normativa, ma di annunciare la grazia che dona la capacità di vivere i beni della famiglia. La trasmissione della fede rende oggi più che mai necessario un linguaggio in grado di raggiungere tutti, specialmente i giovani, per comunicare la bellezza dell’amore familiare e far comprendere il significato di termini come donazione, amore coniugale, fedeltà, fecondità, procreazione. Il bisogno di un nuovo e più adeguato linguaggio si presenta innanzitutto nel momento di introdurre i bambini e gli adolescenti al tema della sessualità. Molti genitori e molte persone che sono impegnati nella pastorale hanno difficoltà a trovare un linguaggio appropriato e al tempo stesso rispettoso, che metta insieme la natura della sessualità biologica con la complementarità che si arricchisce reciprocamente, con l’amicizia, con l’amore e con la donazione dell’uomo e della donna.

Capitolo I
La formazione della famiglia

La preparazione al matrimonio

57. Il matrimonio cristiano non può ridursi ad una tradizione culturale o a una semplice convenzione giuridica: è una vera chiamata di Dio che esige attento discernimento, preghiera costante e maturazione adeguata. Per questo occorrono percorsi formativi che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita offerta dall’intera comunità ecclesiale. L’efficacia di questo aiuto richiede anche che sia migliorata la catechesi prematrimoniale – talvolta povera di contenuti – che è parte integrante della pastorale ordinaria. Anche la pastorale dei nubendi deve inserirsi nell’impegno generale della comunità cristiana a presentare in modo adeguato e convincente il messaggio evangelico circa la dignità della persona, la sua libertà e il rispetto per i suoi diritti. Vanno tenute ben presenti le tre tappe indicate da Familiaris Consortio (cf. 66): la preparazione remota, che passa attraverso la trasmissione della fede e dei valori cristiani all’interno della propria famiglia; la preparazione prossima, che coincide con gli itinerari di catechesi e le esperienze formative vissute all’interno della comunità ecclesiale; la preparazione immediata al matrimonio, parte di un cammino più ampio qualificato dalla dimensione vocazionale.

58. Nel cambiamento culturale in atto spesso vengono presentati modelli in contrasto con la visione cristiana della famiglia. La sessualità è spesso svincolata da un progetto di amore autentico. In alcuni Paesi vengono perfino imposti dall’autorità pubblica progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione umana e cristiana: rispetto ad essi vanno affermati con decisione la libertà della Chiesa di insegnare la propria dottrina e il diritto all’obiezione di coscienza da parte degli educatori. Peraltro, la famiglia, pur rimanendo spazio pedagogico primario (cf. Gravissimum Educationis, 3), non può essere l’unico luogo di educazione alla sessualità. Occorre, per questo, strutturare veri e propri percorsi pastorali di supporto, rivolti sia ai singoli sia alle coppie, con una particolare attenzione all’età della pubertà e dell’adolescenza, nei quali aiutare a scoprire la bellezza della sessualità nell’amore. Il cristianesimo proclama che Dio ha creato l’uomo come maschio e femmina, e li ha benedetti affinché formassero una sola carne e trasmettessero la vita (cf. Gen 1, 27-28; 2, 24). La loro differenza, nella pari dignità personale, è il sigillo della buona creazione di Dio. Secondo il principio cristiano, anima e corpo, come anche sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare.

Emerge dunque l’esigenza di un ampliamento dei temi formativi negli itinerari prematrimoniali, così che questi diventino dei percorsi di educazione alla fede e all’amore, integrati nel cammino dell’iniziazione cristiana. In questa luce, è necessario ricordare l’importanza delle virtù, tra cui la castità, condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale. L’itinerario formativo dovrebbe assumere la fisionomia di un cammino orientato al discernimento vocazionale personale e di coppia, curando una migliore sinergia tra i vari ambiti pastorali. I percorsi di preparazione al matrimonio siano proposti anche da coppie sposate in grado di accompagnare i nubendi prima delle nozze e nei primi anni di vita matrimoniale, valorizzando così la ministerialità coniugale. La valorizzazione pastorale delle relazioni personali favorirà l’apertura graduale delle menti e dei cuori alla pienezza del piano di Dio.

La celebrazione nuziale

59. La liturgia nuziale è un evento unico, che si vive nel contesto familiare e sociale di una festa. Il primo dei segni di Gesù avvenne al banchetto delle nozze di Cana: il vino buono del miracolo del Signore, che allieta la nascita di una nuova famiglia, è il vino nuovo dell’Alleanza di Cristo con gli uomini e le donne di ogni tempo. La preparazione delle nozze occupa per lungo tempo l’attenzione dei nubendi. Essa rappresenta un tempo prezioso per loro, per le loro famiglie e i loro amici, che deve arricchirsi della sua dimensione propriamente spirituale ed ecclesiale. La celebrazione nuziale è occasione propizia di invitare molti alla celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia. La comunità cristiana, attraverso una partecipazione cordiale e gioiosa, accoglierà nel suo grembo la nuova famiglia affinché, come Chiesa domestica, si senta parte della più grande famiglia ecclesiale. La liturgia nuziale dovrebbe essere preparata attraverso una catechesi mistagogica che faccia percepire alla coppia che la celebrazione della loro alleanza si compie “nel Signore”. Frequentemente, il celebrante ha l’opportunità di rivolgersi ad un’assemblea composta da persone che partecipano poco alla vita ecclesiale o appartengono ad altra confessione cristiana o comunità religiosa. Si tratta di una preziosa occasione di annuncio del Vangelo di Cristo, che può suscitare, nelle famiglie presenti, la riscoperta della fede e dell’amore che vengono da Dio.

I primi anni della vita familiare

60. I primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella consapevolezza delle loro vocazione e missione. Di qui l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del sacramento. La parrocchia è il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità. Occorre incoraggiare gli sposi a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei figli. Va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghiera e della partecipazione all’Eucaristia domenicale, invitando le coppie a riunirsi regolarmente per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della vita. L’incontro personale con Cristo attraverso la lettura della Parola di Dio, nella comunità e nelle case, specialmente nella forma della “lectio divina”, costituisce una fonte di ispirazione per l’agire quotidiano. Liturgie, pratiche devozionali ed Eucaristie celebrate per le famiglie, soprattutto nell’anniversario del matrimonio, nutrono la vita spirituale e la testimonianza missionaria della famiglia. Non di rado, nei primi anni di vita coniugale, si verifica una certa introversione della coppia, con il conseguente isolamento dal contesto comunitario. Il consolidamento della rete relazionale tra le coppie e la creazione di legami significativi sono necessari per la maturazione della vita cristiana della famiglia. I movimenti e i gruppi ecclesiali spesso garantiscono tali momenti di crescita e di formazione. La Chiesa locale, integrando tali apporti, assuma l’iniziativa di coordinare la cura pastorale delle giovani famiglie. Nella fase iniziale della vita coniugale particolare avvilimento procura la frustrazione del desiderio di avere figli. Non di rado, in questa si annunciano motivi di crisi che sfociano rapidamente nella separazione. Anche per tali ragioni è particolarmente importante la vicinanza della comunità ai giovani sposi, attraverso il sostegno affettuoso e discreto di famiglie affidabili.

La formazione dei presbiteri e di altri operatori pastorali

61. È necessario un rinnovamento della pastorale alla luce del Vangelo della famiglia e dell’insegnamento del Magistero. Per questo, occorre provvedere ad una più adeguata formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei religiosi e delle religiose, dei catechisti e degli altri operatori pastorali, che devono promuovere l’integrazione delle famiglie nella comunità parrocchiale, soprattutto in occasione dei cammini di formazione alla vita cristiana in vista dei sacramenti. In particolare i seminari, nei loro itinerari di formazione umana, spirituale, intellettuale e pastorale, devono preparare i futuri presbiteri a divenire apostoli della famiglia. Nella formazione al ministero ordinato non si può tralasciare lo sviluppo affettivo e psicologico, anche partecipando in modo diretto a percorsi adeguati. Itinerari e corsi di formazione destinati specificamente agli operatori pastorali potranno renderli idonei ad inserire lo stesso cammino di preparazione al matrimonio nella più ampia dinamica della vita ecclesiale. Nel periodo di formazione, i candidati al presbiterato vivano dei periodi congrui con la propria famiglia e siano guidati nel fare esperienze di pastorale familiare per acquisire una conoscenza adeguata della situazione attuale delle famiglie. La presenza dei laici e delle famiglie, in particolare la presenza femminile, nella formazione sacerdotale, favorisce l’apprezzamento della varietà e complementarità delle diverse vocazioni nella Chiesa. La dedizione di questo prezioso ministero potrà ricevere vitalità e concretezza da una rinnovata alleanza tra le due principali forme di vocazione all'amore: quella del matrimonio, che sboccia nella famiglia cristiana, basata sull’amore di elezione, e quella della vita consacrata, immagine della comunione del Regno, che parte dall’accoglienza incondizionata dell’altro come dono di Dio. Nella comunione delle vocazioni si attua uno scambio fecondo di doni, che ravviva e arricchisce la comunità ecclesiale (cf. At 18,2). La direzione spirituale della famiglia può essere considerata uno dei ministeri parrocchiali. Si suggerisce che l’Ufficio diocesano per la famiglia e gli altri Uffici pastorali possano intensificare la loro collaborazione in questo campo. Nella formazione permanente del clero e degli operatori pastorali, è auspicabile che si continui a curare con strumenti appropriati la maturazione della dimensione affettiva e psicologica, che sarà loro indispensabile per l’accompagnamento pastorale delle famiglie, anche in vista delle particolari situazioni di emergenza determinate dai casi di violenza domestica e di abuso sessuale.

Capitolo II
Famiglia, generatività, educazione

La trasmissione della vita

62. La presenza delle famiglie numerose nella Chiesa è una benedizione per la comunità cristiana e per la società, poiché l’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell’amore coniugale. In questa luce, la Chiesa esprime viva gratitudine alle famiglie che accolgono, educano, circondano di affetto e trasmettono la fede ai loro figli, in modo particolare quelli più fragili e segnati da disabilità. Questi bambini, nati con bisogni speciali, attraggono l’amore di Cristo e chiedono alla Chiesa di custodirli come una benedizione. È purtroppo diffusa una mentalità che riduce la generazione della vita alla sola gratificazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico, culturale ed educativo esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. Anche in questo ambito occorre partire dall’ascolto delle persone e dar ragione della bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l’amore umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. Si coglie qui la necessità di divulgare sempre più i documenti del Magistero della Chiesa che promuovono la cultura della vita. La pastorale familiare dovrebbe maggiormente coinvolgere gli specialisti cattolici in materia biomedica nei percorsi di preparazione al matrimonio e nell’accompagnamento dei coniugi.

La responsabilità generativa

63. Secondo l’ordine della creazione l’amore coniugale tra un uomo e una donna e la trasmissione della vita sono ordinati l’uno all’altra (cf. Gen 1,27-28). In questo modo il Creatore ha reso partecipe l’uomo e la donna dell’opera della sua creazione e li ha contemporaneamente resi strumenti del suo amore, affidando alla loro responsabilità il futuro dell’umanità attraverso la trasmissione della vita umana. I coniugi si apriranno alla vita formandosi «un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa» (GS, 50; cf. VS, 54-66). Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae (cf. 10-14) e l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio (cf. 14; 28-35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita. Occorre esortare ripetutamente le giovani coppie a donare la vita. In questo modo può crescere l’apertura alla vita nella famiglia, nella Chiesa e nella società. Attraverso le sue numerose istituzioni per bambini la Chiesa può contribuire a creare una società, ma anche una comunità di fede, che siano più a misura di bambino. Il coraggio di trasmettere la vita viene notevolmente rafforzato laddove si crea un’atmosfera adatta ai piccoli, nella quale viene offerto aiuto e accompagnamento nell’opera di educazione della prole (cooperazione tra parrocchie, genitori e famiglie).

La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è «il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità» (GS, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cf. Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente. Per amore di questa dignità della coscienza la Chiesa rigetta con tutte le sue forze gli interventi coercitivi dello Stato a favore di contraccezione, sterilizzazione o addirittura aborto. Il ricorso ai metodi fondati sui «ritmi naturali di fecondità» (HV, 11) andrà incoraggiato. Si metterà in luce che «questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica» (CCC, 2370). Va evidenziato sempre che i figli sono un meraviglioso dono di Dio, una gioia per i genitori e per la Chiesa. Attraverso di essi il Signore rinnova il mondo.

Il valore della vita in tutte le sue fasi

64. La vita è dono di Dio e mistero che ci trascende. Per questo, non si devono in alcun modo scartarne gli inizi e lo stadio terminale. Al contrario, è necessario assicurare a queste fasi una speciale attenzione. Oggi, troppo facilmente «si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa» (EG, 53). A questo riguardo, è compito della famiglia, sostenuta dalla società tutta, accogliere la vita nascente e prendersi cura della sua fase ultima. Riguardo al dramma dell’aborto, la Chiesa anzitutto afferma il carattere sacro e inviolabile della vita umana e si impegna concretamente a favore di essa (cf. EV, 58). Grazie alle sue istituzioni, offre consulenza alle gestanti, sostiene le ragazze-madri, assiste i bambini abbandonati, è vicina a coloro che hanno sofferto l’aborto. A coloro che operano nelle strutture sanitarie si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza. Allo stesso modo, la Chiesa non solo sente l’urgenza di affermare il diritto alla morte naturale, evitando l’accanimento terapeutico e l’eutanasia, ma si prende anche cura degli anziani, protegge le persone con disabilità, assiste i malati terminali, conforta i morenti, rigetta fermamente la pena di morte (cf. CCC, 2258).

Adozione e affido

65. L’adozione di bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, nello spirito della fede assume la forma di un autentico apostolato familiare (cf. AA, 11), più volte richiamato e incoraggiato dal Magistero (cf. FC, 41; EV, 93). La scelta dell’adozione e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale, al di là dei casi in cui è dolorosamente segnata dalla sterilità. Tale scelta è segno eloquente dell’accoglienza generativa, testimonianza della fede e compimento dell’amore. Essa restituisce reciproca dignità ad un legame interrotto: agli sposi che non hanno figli e a figli che non hanno genitori. Vanno perciò sostenute tutte le iniziative volte a rendere più agevoli le procedure di adozione. Il traffico di bambini fra Paesi e Continenti va impedito con opportuni interventi legislativi e controlli degli Stati. La continuità della relazione generativa ed educativa ha come fondamento necessario la differenza sessuale di uomo e donna, così come la procreazione. A fronte di quelle situazioni in cui il figlio è preteso a qualsiasi costo, come diritto del proprio completamento, l’adozione e l’affido rettamente intesi mostrano un aspetto importante della genitorialità e della figliolanza, in quanto aiutano a riconoscere che i figli, sia naturali sia adottivi o affidati, sono altro da sé ed occorre accoglierli, amarli, prendersene cura e non solo metterli al mondo. L’interesse prevalente del bambino dovrebbe sempre ispirare le decisioni sull’adozione e l’affido. Come ha ricordato Papa Francesco, «i bambini hanno il diritto di crescere in una famiglia, con un papà e una mamma» (Udienza ai Partecipanti al Colloquio internazionale sulla complementarità tra uomo e donna, promosso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, 17 novembre 2014). Nondimeno, la Chiesa deve proclamare che, laddove è possibile, i bambini hanno diritto a crescere nella loro famiglia natale con il maggior sostegno possibile.

L’educazione dei figli

66. Una delle sfide fondamentali, fra quelle che sono poste alle famiglie oggi, è sicuramente quella educativa, resa più impegnativa e complessa dalla realtà culturale attuale e dalla grande influenza dei media. Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione della fede, della spiritualità e delle virtù che danno forma all’esistenza. La famiglia di origine è spesso il grembo della vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata: pertanto si esortano i genitori a chiedere al Signore il dono inestimabile della vocazione per qualcuno dei loro figli. Nel campo educativo sia tutelato il diritto dei genitori di scegliere liberamente il tipo di educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni e a condizioni accessibili e di qualità. Occorre aiutare a vivere l’affettività, anche nella relazione coniugale, come un cammino di maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell’altro e in una donazione sempre più piena. Va ribadita in tal senso la necessità di offrire cammini formativi che alimentino la vita coniugale e l’importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di testimonianza viva. È di grande aiuto l’esempio di un amore fedele e profondo fatto di tenerezza, di rispetto, capace di crescere nel tempo e che nel suo concreto aprirsi alla generazione della vita fa l’esperienza di un mistero che ci trascende.

67. Nelle diverse culture, gli adulti della famiglia conservano una insostituibile funzione educativa. Tuttavia, in molti contesti, stiamo assistendo ad un progressivo indebolimento del ruolo educativo dei genitori, a motivo di un’invasiva presenza dei media all’interno della sfera familiare, oltre che per la tendenza a delegare o a riservare ad altri soggetti questo compito. D’altra parte, i media (specialmente i social media) uniscono i membri della famiglia anche a distanza. L’uso della e-mail e di altri social media può tenere uniti i membri della famiglia nel tempo. Oltre tutto i media possono essere un’occasione per l’evangelizzazione dei giovani. Si richiede che la Chiesa incoraggi e sostenga le famiglie nella loro opera di partecipazione vigile e responsabile nei confronti dei programmi scolastici ed educativi che interessano i loro figli. Vi è unanime consenso nel ribadire che la prima scuola di educazione è la famiglia e che la comunità cristiana si pone a sostegno ed integrazione di questo insostituibile ruolo formativo. Si ritiene necessario individuare spazi e momenti d’incontro per incoraggiare la formazione dei genitori e la condivisione di esperienze tra famiglie. È importante che i genitori siano coinvolti attivamente nei cammini di preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, in qualità di primi educatori e testimoni di fede per i loro figli.

68. Le scuole cattoliche svolgono una funzione vitale nell’assistere i genitori nel loro dovere di educare i figli. L’educazione cattolica favorisce il ruolo della famiglia: assicura una buona preparazione, educa alle virtù e ai valori, istruisce negli insegnamenti della Chiesa. Le scuole cattoliche dovrebbero essere incoraggiate nella loro missione di aiutare gli alunni a crescere come adulti maturi che possono vedere il mondo attraverso lo sguardo di amore di Gesù e che comprendono la vita come una chiamata a servire Dio. Le scuole cattoliche risultano così rilevanti per la missione evangelizzatrice della Chiesa. In molte regioni le scuole cattoliche sono le uniche ad assicurare autentiche opportunità per i bambini di famiglie povere, specialmente per le giovani, offrendo loro un’alternativa alla povertà e una via per dare un vero contributo alla vita della società. Le scuole cattoliche dovrebbero essere incoraggiate a portare avanti la loro azione nelle comunità più povere, servendo i membri meno fortunati e più vulnerabili della nostra società.

Capitolo III
Famiglia e accompagnamento pastorale

Situazioni complesse

69. Il sacramento del matrimonio, come unione fedele e indissolubile tra un uomo e una donna chiamati ad accogliersi reciprocamente e ad accogliere la vita, è una grande grazia per la famiglia umana. La Chiesa ha la gioia e il dovere di annunciare questa grazia a ogni persona e in ogni contesto. Essa sente oggi, in modo ancora più urgente, la responsabilità di far riscoprire ai battezzati come la grazia di Dio opera nella loro vita - anche nelle situazioni più difficili - per condurli alla pienezza del sacramento. Il Sinodo, mentre apprezza ed incoraggia le famiglie che onorano la bellezza del matrimonio cristiano, intende promuovere il discernimento pastorale delle situazioni in cui l’accoglienza di questo dono fatica ad essere apprezzata, oppure è in vario modo compromessa. Mantenere vivo il dialogo pastorale con questi fedeli, per consentire la maturazione di una coerente apertura al Vangelo del matrimonio e della famiglia nella sua pienezza, è una grave responsabilità. I pastori devono identificare gli elementi che possono favorire l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale di coloro che sono affidati dal Signore alla loro cura.

70. La pastorale proponga con chiarezza il messaggio evangelico e colga gli elementi positivi presenti in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso. In molti Paesi un crescente numero di coppie convivono, senza alcun matrimonio né canonico, né civile. In alcuni Paesi esiste il matrimonio tradizionale, concertato tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi invece è in crescita il numero di coloro che, dopo aver vissuto insieme per lungo tempo, chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto diventano sempre più numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma anche per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in opportunità di cammino di conversione verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del Vangelo.

71. La scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della semplice convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali o contingenti. In molte circostanze, la decisione di vivere insieme è segno di una relazione che vuole realmente orientarsi ad una prospettiva di stabilità. Questa volontà, che si traduce in un legame duraturo, affidabile e aperto alla vita può considerarsi un impegno su cui innestare un cammino verso il sacramento nuziale, scoperto come il disegno di Dio sulla propria vita. Il cammino di crescita, che può condurre al matrimonio sacramentale, sarà incoraggiato dal riconoscimento dei tratti propri dell’amore generoso e duraturo: il desiderio di cercare il bene dell’altro prima del proprio; l’esperienza del perdono richiesto e donato; l’aspirazione a costituire una famiglia non chiusa su se stessa e aperta al bene della comunità ecclesiale e dell’intera società. Lungo questo percorso potranno essere valorizzati quei segni di amore che propriamente corrispondono al riflesso dell’amore di Dio in un autentico progetto coniugale.

72. Le problematiche relative ai matrimoni misti richiedono una specifica attenzione. I matrimoni tra cattolici e altri battezzati «presentano, pur nella loro particolare fisionomia, numerosi elementi che è bene valorizzare e sviluppare, sia per il loro intrinseco valore, sia per l’apporto che possono dare al movimento ecumenico». A tal fine «va ricercata […] una cordiale collaborazione tra il ministro cattolico e quello non cattolico, fin dal tempo della preparazione al matrimonio e delle nozze» (FC, 78). Circa la condivisione eucaristica si ricorda che «la decisione di ammettere o no la parte non cattolica del matrimonio alla comunione eucaristica va presa in conformità alle norme generali esistenti in materia, tanto per i cristiani orientali quanto per gli altri cristiani, e tenendo conto di questa situazione particolare, che cioè ricevono il sacramento del matrimonio cristiano due cristiani battezzati. Sebbene gli sposi di un matrimonio misto abbiano in comune i sacramenti del battesimo e del matrimonio, la condivisione dell’Eucaristia non può essere che eccezionale e, in ogni caso, vanno osservate le disposizioni indicate […]» (Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme per l’Ecumenismo, 25 marzo 1993, 159-160).

73. I matrimoni con disparità di culto rappresentano un luogo privilegiato di dialogo interreligioso nella vita quotidiana, e possono essere un segno di speranza per le comunità religiose, specialmente dove esistono situazioni di tensione. I membri della coppia condividono le rispettive esperienze spirituali, oppure un cammino di ricerca religiosa se uno dei due non è credente (cf. 1 Cor 7, 14). I matrimoni con disparità di culto comportano alcune speciali difficoltà sia riguardo alla identità cristiana della famiglia, sia all’educazione religiosa dei figli. Gli sposi sono chiamati a trasformare sempre più il sentimento iniziale di attrazione nel desiderio sincero del bene dell’altro. Questa apertura trasforma anche la diversa appartenenza religiosa in una opportunità di arricchimento della qualità spirituale del rapporto. Il numero delle famiglie composte da unioni coniugali con disparità di culto, in crescita nei territori di missione e anche nei Paesi di lunga tradizione cristiana, sollecita l’urgenza di provvedere ad una cura pastorale differenziata secondo i diversi contesti sociali e culturali. In alcuni Paesi, dove la libertà di religione non esiste, il coniuge cristiano è obbligato a passare ad un’altra religione per potersi sposare, e non può celebrare il matrimonio canonico in disparità di culto né battezzare i figli. Dobbiamo ribadire pertanto la necessità che la libertà religiosa sia rispettata nei confronti di tutti.

74. I matrimoni misti e i matrimoni con disparità di culto presentano aspetti di potenzialità feconde e di criticità molteplici di non facile soluzione, più a livello pastorale che normativo, quali l’educazione religiosa dei figli, la partecipazione alla vita liturgica del coniuge, la condivisione dell’esperienza spirituale. Per affrontare in modo costruttivo le diversità in ordine alla fede, è necessario rivolgere un’attenzione particolare alle persone che si uniscono in tali matrimoni, non solo nel periodo precedente alle nozze. Sfide peculiari affrontano le coppie e le famiglie nelle quali un partner è cattolico e l’altro non credente. In tali casi è necessario testimoniare la capacità del Vangelo di calarsi in queste situazioni così da rendere possibile l’educazione alla fede cristiana dei figli.

75. Particolare difficoltà presentano le situazioni che riguardano l’accesso al battesimo di persone che si trovano in una condizione matrimoniale complessa. Si tratta di persone che hanno contratto un’unione matrimoniale stabile in un tempo in cui ancora almeno una di esse non conosceva la fede cristiana. I Vescovi sono chiamati a esercitare, in questi casi, un discernimento pastorale commisurato al loro bene spirituale.

76. La Chiesa conforma il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni (MV, 12). Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare «ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4). Si riservi una specifica attenzione anche all’accompagnamento delle famiglie in cui vivono persone con tendenza omosessuale. Circa i progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali, «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia» (Ibidem). Il Sinodo ritiene in ogni caso del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso.

Accompagnamento in diverse situazioni

77. La Chiesa fa proprie, in un’affettuosa condivisione, le gioie e le speranze, i dolori e le angosce di ogni famiglia. Stare vicino alla famiglia come compagna di cammino significa, per la Chiesa, assumere un atteggiamento sapientemente differenziato: a volte, è necessario rimanere accanto ed ascoltare in silenzio; altre volte, si deve precedere per indicare la via da percorrere; altre volte ancora, è opportuno seguire, sostenere e incoraggiare. «La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana» (EG, 169). Il principale contributo alla pastorale familiare lo offre la parrocchia, che è famiglia di famiglie, in cui si armonizzano gli apporti di piccole comunità, movimenti ed associazioni ecclesiali. L’accompagnamento richiede sacerdoti specificatamente preparati. L’istituzione di centri specializzati dove sacerdoti, religiosi e laici imparino a prendersi cura di ogni famiglia, con particolare attenzione verso quelle in difficoltà.

78. Un ministero dedicato a coloro la cui relazione matrimoniale si è infranta appare particolarmente urgente. Il dramma della separazione spesso giunge alla fine di lunghi periodi di conflitto, che fanno ricadere sui figli le sofferenze maggiori. La solitudine del coniuge abbandonato, o che è stato costretto ad interrompere una convivenza caratterizzata da continui e gravi maltrattamenti, sollecita una particolare cura da parte della comunità cristiana. Prevenzione e cura nei casi di violenza familiare richiedono una stretta collaborazione con la giustizia per agire contro i responsabili e proteggere adeguatamente le vittime. Inoltre, è importante promuovere la protezione dei minori dall’abuso sessuale. Nella Chiesa sia mantenuta la tolleranza zero in questi casi, insieme all’accompagnamento delle famiglie. Sembrerebbe poi opportuno tenere in considerazione le famiglie nelle quali alcuni membri svolgono attività che comportano particolari esigenze, come quei militari, che si trovano in uno stato di separazione materiale e di una prolungata lontananza fisica dalla famiglia, con tutte le conseguenze che ciò comporta. Tornati dagli ambienti di guerra, non raramente costoro sono colpiti da una sindrome post-traumatica e sono turbati nella coscienza che rivolge loro gravi domande morali. Una peculiare attenzione pastorale è qui necessaria.

79. L’esperienza del fallimento matrimoniale è sempre dolorosa per tutti. Lo stesso fallimento, d’altra parte, può diventare occasione di riflessione, di conversione e di affidamento a Dio: presa coscienza delle proprie responsabilità, ognuno può ritrovare in Lui fiducia e speranza. «Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia. Questa fonte non potrà mai esaurirsi, per quanti siano quelli che vi si accostano. Ogni volta che ognuno ne avrà bisogno, potrà accedere ad essa, perché la misericordia di Dio è senza fine» (MV, 25). Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità di una pastorale della conversione e della riconciliazione attraverso anche centri di ascolto e di mediazione specializzati da stabilire nelle Diocesi. Va comunque promossa la giustizia nei confronti di tutte le parti coinvolte nel fallimento matrimoniale (coniugi e figli). La comunità cristiana e i suoi Pastori hanno il dovere di chiedere ai coniugi separati e divorziati di trattarsi con rispetto e misericordia, soprattutto per il bene dei figli, ai quali non si deve procurare ulteriore sofferenza. I figli non possono essere un oggetto da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile serena. In ogni caso la Chiesa dovrà sempre mettere in rilievo l’ingiustizia che deriva molto spesso dalla situazione di divorzio.

80. Le famiglie monoparentali hanno origini diverse: madri o padri biologici che non hanno voluto mai integrarsi nella vita familiare, situazioni di violenza da cui un genitore è dovuto fuggire con i figli, morte di uno dei genitori, abbandono della famiglia da parte di uno dei genitori, e altre situazioni. Qualunque sia la causa, il genitore che abita con il bambino deve trovare sostegno e conforto presso le altre famiglie che formano la comunità cristiana, così come presso gli organismi pastorali parrocchiali. Queste famiglie sono spesso ulteriormente afflitte dalla gravità dei problemi economici, dall’incertezza di un lavoro precario, dalla difficoltà per il mantenimento dei figli, dalla mancanza di una casa. La stessa sollecitudine pastorale dovrà essere manifestata nei riguardi delle persone vedove, delle ragazze madri e dei loro bambini.

81. Quando gli sposi sperimentano problemi nelle loro relazioni, devono poter contare sull’aiuto e l’accompagnamento della Chiesa. L’esperienza mostra che con un aiuto adeguato e con l’azione di riconciliazione della grazia dello Spirito Santo una grande percentuale di crisi matrimoniali si superano in maniera soddisfacente. Saper perdonare e sentirsi perdonati è un’esperienza fondamentale nella vita familiare. Il perdono tra gli sposi permette di riscoprire la verità di un amore che è per sempre e non passa mai (cf. 1 Cor 13,8). Nell’ambito delle relazioni familiari la necessità della riconciliazione è praticamente quotidiana. Le incomprensioni dovute alle relazioni con le famiglie di origine, il conflitto tra abitudini culturali e religiose diverse, la divergenza circa l’educazione dei figli, l’ansia per le difficoltà economiche, la tensione che sorge a seguito di dipendenze e della perdita del lavoro. Sono alcuni dei motivi ricorrenti di tensioni e conflitti. La faticosa arte della riconciliazione, che necessita del sostegno della grazia, ha bisogno della generosa collaborazione di parenti ed amici, e talvolta anche di un aiuto esterno e professionale. Nei casi più dolorosi, come quello dell’infedeltà coniugale, è necessaria una vera e propria opera di riparazione alla quale rendersi disponibili. Un patto ferito può essere risanato: a questa speranza occorre educarsi fin dalla preparazione al matrimonio. È fondamentale l’azione dello Spirito Santo nella cura delle persone e delle famiglie ferite, la recezione del sacramento della Riconciliazione e la necessità di cammini spirituali accompagnati da ministri esperti.

82. Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere. I recenti Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus hanno condotto ad una semplificazione delle procedure per la eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Con questi testi, il Santo Padre ha voluto anche «rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati» (MI, preambolo, III). L’attuazione di questi documenti costituisce dunque una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale. Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale (cf. MI, Art. 2-3).

83. La testimonianza di coloro che anche in condizioni difficili non intraprendono una nuova unione, rimanendo fedeli al vincolo sacramentale, merita l’apprezzamento e il sostegno da parte della Chiesa. Essa vuole mostrare loro il volto di un Dio fedele al suo amore e sempre capace di ridonare forza e speranza. Le persone separate o divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro stato.

Discernimento e integrazione

84. I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo. La logica dell’integrazione è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle, lo Spirito Santo riversa in loro doni e carismi per il bene di tutti. La loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate. Essi non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti. Per la comunità cristiana, prendersi cura di queste persone non è un indebolimento della propria fede e della testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale: anzi, la Chiesa esprime proprio in questa cura la sua carità.

85. San Giovanni Paolo II ha offerto un criterio complessivo, che rimane la base per la valutazione di queste situazioni: «Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli, e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era mai stato valido» (FC, 84). È quindi compito dei presbiteri accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo processo sarà utile fare un esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di pentimento. I divorziati risposati dovrebbero chiedersi come si sono comportati verso i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli; quale esempio essa offre ai giovani che si devono preparare al matrimonio. Una sincera riflessione può rafforzare la fiducia nella misericordia di Dio che non viene negata a nessuno.

Inoltre, non si può negare che in alcune circostanze «l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» (CCC, 1735) a causa di diversi condizionamenti. Di conseguenza, il giudizio su una situazione oggettiva non deve portare ad un giudizio sulla «imputabilità soggettiva» (Pontificio Consiglio per i testi legislativi, Dichiarazione del 24 giugno 2000, 2a). In determinate circostanze le persone trovano grandi difficoltà ad agire in modo diverso. Perciò, pur sostenendo una norma generale, è necessario riconoscere che la responsabilità rispetto a determinate azioni o decisioni non è la medesima in tutti i casi. Il discernimento pastorale, pure tenendo conto della coscienza rettamente formata delle persone, deve farsi carico di queste situazioni. Anche le conseguenze degli atti compiuti non sono necessariamente le stesse in tutti i casi.

86. Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio col sacerdote, in foro interno, concorre alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità (cf. FC, 34), questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. Perché questo avvenga, vanno garantite le necessarie condizioni di umiltà, riservatezza, amore alla Chiesa e al suo insegnamento, nella ricerca sincera della volontà di Dio e nel desiderio di giungere ad una risposta più perfetta ad essa.

Capitolo IV
Famiglia ed evangelizzazione

La spiritualità familiare

87. La famiglia, nella sua vocazione e missione, è veramente un tesoro della Chiesa. Tuttavia, come afferma san Paolo nei riguardi del Vangelo, «noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta» (2 Cor 4,7). Sulla porta d’ingresso della vita della famiglia, afferma Papa Francesco, «sono scritte tre parole […]: “permesso?”, “grazie”, “scusa”. Infatti queste parole aprono la strada per vivere bene nella famiglia, per vivere in pace. Sono parole semplici, ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare» (Francesco, Udienza generale, 13 maggio 2015). L’insegnamento dei Pontefici invita ad approfondire la dimensione spirituale della vita familiare a partire dalla riscoperta della preghiera in famiglia e dell’ascolto in comune della Parola di Dio, da cui scaturisce l’impegno di carità. Nutrimento principale della vita spirituale della famiglia è l’Eucaristia, specialmente nel giorno del Signore, quale segno del suo profondo radicarsi nella comunità ecclesiale (cf. Giovanni Paolo II, Dies Domini, 52;66). La preghiera domestica, la partecipazione alla liturgia e la pratica delle devozioni popolari e mariane sono mezzi efficaci di incontro con Gesù Cristo e di evangelizzazione della famiglia. Ciò metterà in evidenza la speciale vocazione degli sposi a realizzare, con la grazia dello Spirito Santo, la loro santità attraverso la vita matrimoniale, anche partecipando al mistero della croce di Cristo, che trasforma le difficoltà e le sofferenze in offerta d’amore.

88. In famiglia la tenerezza è il legame che unisce i genitori tra loro e questi con i figli. Tenerezza vuol dire dare con gioia e suscitare nell’altro la gioia di sentirsi amato. Essa si esprime in particolare nel volgersi con attenzione squisita ai limiti dell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente. Trattare con delicatezza e rispetto significa curare le ferite e ridonare speranza, in modo da ravvivare nell’altro la fiducia. La tenerezza nei rapporti familiari è la virtù quotidiana che aiuta a superare i conflitti interiori e relazionali. Al riguardo, Papa Francesco ci invita a riflettere: «Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! Pazienza di Dio, vicinanza di Dio, tenerezza di Dio» (Omelia in occasione della Santa Messa della Notte nella Solennità del Natale del Signore, 24 dicembre 2014).

La famiglia soggetto della pastorale

89. Se la famiglia cristiana vuole essere fedele alla sua missione, essa dovrà ben comprendere da dove essa scaturisce: non può evangelizzare senza essere evangelizzata. La missione della famiglia abbraccia l’unione feconda degli sposi, l’educazione dei figli, la testimonianza del sacramento, la preparazione di altre coppie al matrimonio e l’accompagnamento amichevole di quelle coppie o famiglie che incontrano difficoltà. Da qui l’importanza di uno sforzo evangelizzatore e catechetico indirizzato all’interno della famiglia. Al riguardo, si abbia cura di valorizzare le coppie, le madri e i padri, come soggetti attivi della catechesi, specialmente nei confronti dei figli, in collaborazione con sacerdoti, diaconi, persone consacrate e catechisti. Questo sforzo inizia sin dalle prime frequentazioni serie della coppia. È di grande aiuto la catechesi familiare, in quanto metodo efficace per formare i giovani genitori e per renderli consapevoli della loro missione come evangelizzatori della propria famiglia. Inoltre, è molto importante sottolineare il nesso tra esperienza familiare e iniziazione cristiana. La comunità cristiana tutta deve diventare il luogo in cui le famiglie nascono, si incontrano e si confrontano insieme, camminando nella fede e condividendo percorsi di crescita e di reciproco scambio.

90. La Chiesa deve infondere nelle famiglie un senso di appartenenza ecclesiale, un senso del “noi” nel quale nessun membro è dimenticato. Tutti siano incoraggiati a sviluppare le proprie capacità e a realizzare il progetto della propria vita a servizio del Regno di Dio. Ogni famiglia, inserita nel contesto ecclesiale, riscopra la gioia della comunione con altre famiglie per servire il bene comune della società, promuovendo una politica, un’economia e una cultura al servizio della famiglia, anche attraverso l’utilizzo dei social network e dei media. Si auspica la possibilità di creare piccole comunità di famiglie come testimoni viventi dei valori evangelici. Si avverte il bisogno di preparare, formare e responsabilizzare alcune famiglie che possano accompagnarne altre a vivere cristianamente. Vanno pure ricordate e incoraggiate le famiglie che si rendono disponibili a vivere la missione “ad gentes”. Infine, si segnala l’importanza di collegare la pastorale giovanile con la pastorale familiare.

Il rapporto con le culture e con le istituzioni

91. La Chiesa «che ha conosciuto nel corso dei secoli condizioni d’esistenza diverse, si è servita delle differenti culture per diffondere e spiegare nella sua predicazione il messaggio di Cristo a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli» (GS 58). È importante dunque, tener conto di queste culture e rispettare ciascuna di esse nelle sue particolarità. Conviene pure richiamare ciò che scriveva il Beato Paolo VI: «La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture» (EN, 20). La pastorale matrimoniale e familiare necessita di stimare quegli elementi positivi che s’incontrano nelle diverse esperienze religiose e culturali, i quali rappresentano una “praeparatio evangelica”. Nell’incontro con le culture, tuttavia, un’evangelizzazione attenta alle esigenze della promozione umana della famiglia non potrà sottrarsi alla franca denunzia dei condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici. L’egemonia crescente della logica del mercato, che mortifica gli spazi e i tempi di un’autentica vita familiare, concorre anche ad aggravare discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Tra le diverse famiglie che versano in condizioni di indigenza economica, a causa della disoccupazione o della precarietà lavorativa o della mancanza di assistenza socio-sanitaria, non di rado accade che alcuni, non potendo accedere al credito, si trovino ad essere vittime dell’usura e si vedano a volte costretti ad abbandonare le loro case e perfino i loro bambini. A tale riguardo, si suggerisce di creare strutture economiche di sostegno adeguato per aiutare tali famiglie o capaci di promuovere la solidarietà familiare e sociale.

92. La famiglia è «la cellula prima e vitale della società» (AA, 11). Essa deve riscoprire la sua vocazione a sostegno del vivere sociale in tutti i suoi aspetti. È indispensabile che le famiglie, attraverso il loro aggregarsi, trovino le modalità per interagire con le istituzioni politiche, economiche e culturali, al fine di edificare una società più giusta. Per questo vanno sviluppati il dialogo e la cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si impegnano, come cristiani, in ambito culturale e socio-politico. La politica deve rispettare in modo particolare il principio della sussidiarietà e non limitare i diritti delle famiglie. È importante a tal proposito considerare la “Carta dei diritti della Famiglia” (cf. Pontificio Consiglio per la Famiglia, 22 ottobre 1983) e la “Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo” (10 dicembre 1948). Per i cristiani che operano in politica l’impegno per la vita e la famiglia deve avere la priorità, giacché una società che trascura la famiglia ha perduto la sua apertura al futuro. Le associazioni familiari, impegnate nel lavoro comune insieme a gruppi di altre tradizioni cristiane, hanno tra i loro scopi principali, tra gli altri, la promozione e la difesa della vita e della famiglia, della libertà di educazione e della libertà religiosa, dell’armonizzazione fra il tempo per il lavoro e il tempo per la famiglia, la difesa delle donne nel lavoro, la tutela dell’obiezione di coscienza.

L’apertura alla missione

93. La famiglia dei battezzati è per sua natura missionaria e accresce la propria fede nell’atto di donarla agli altri, prima di tutto ai propri figli. Il fatto stesso di vivere la comunione familiare è la sua prima forma di annuncio. In effetti, l’evangelizzazione comincia dalla famiglia, nella quale non si trasmette soltanto la vita fisica, ma anche la vita spirituale. Il ruolo dei nonni nella trasmissione della fede e delle pratiche religiose non deve essere dimenticato: sono i testimoni del legame tra le generazioni, custodi di tradizioni di saggezza, preghiera e buon esempio. La famiglia si costituisce così come soggetto dell’azione pastorale attraverso l’annuncio esplicito del Vangelo e l’eredità di molteplici forme di testimonianza: la solidarietà verso i poveri, l’apertura alla diversità delle persone, la custodia del creato, la solidarietà morale e materiale verso le altre famiglie soprattutto verso le più bisognose, l’impegno per la promozione del bene comune anche mediante la trasformazione delle strutture sociali ingiuste, a partire dal territorio nel quale essa vive, praticando le opere di misericordia corporale e spirituale.

CONCLUSIONE

94. Nel corso di quest’Assemblea noi Padri sinodali, riuniti intorno a Papa Francesco, abbiamo sperimentato la tenerezza e la preghiera di tutta la Chiesa, abbiamo camminato come i discepoli di Emmaus e riconosciuto la presenza di Cristo nello spezzare il pane alla mensa eucaristica, nella comunione fraterna, nella condivisione delle esperienze pastorali. Ci auguriamo che il frutto di questo lavoro, ora consegnato nelle mani del Successore di Pietro, dia speranza e gioia a tante famiglie nel mondo, orientamento ai pastori e agli operatori pastorali e stimolo all’opera dell’evangelizzazione. Concludendo questa Relazione, chiediamo umilmente al Santo Padre che valuti l’opportunità di offrire un documento sulla famiglia, perché in essa, Chiesa domestica, risplenda sempre più Cristo, luce del mondo.

Preghiera alla Santa Famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth,
ridesta in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica.

Amen.

[01825-IT.01] [Testo originale: Italiano]

Votazioni dei singoli numeri della Relazione finale del Sinodo dei Vescovi al Santo Padre Francesco

Padri presenti: 265

[Due terzi: 177]

Non sono indicate le astensioni

Numero si No
1 260 0
2 257 0
3 255 1
4 256 2
5 256 3
6 249 9
7 248 9
8 245 9
9 254 4
10 253 7
11 256 1
12 253 5
13 255 5
14 256 5
15 255 5
16 254 8
17 259 1
18 258 1
19 255 5
20 257 3
21 256 4
22 252 4
23 253 4
24 255 5
25 242 15
26 256 2
27 251 9
28 257 4
29 249 8
30 250 7
31 253 7
32 249 6
33 246 12
34 245 11
35 259 2
36 256 3
37 252 6
38 251 5
39 255 3
40 255 6
41 253 7
42 257 2
43 254 6
44 247 11
45 249 6
46 254 5
47 246 11
48 253 6
49 253 5
50 252 6
51 250 11
52 252 5
53 244 15
54 236 21
55 243 14
56 248 10
57 257 2
58 247 14
59 258 3
60 259 1
61 254 7
62 259 0
63 237 21
64 247 11
65 252 7
66 258 0
67 259 0
68 253 3
69 236 21
70 213 47
71 218 42
72 229 29
73 236 24
74 223 36
75 205 52
76 221 37
77 247 11
78 250 8
79 246 14
80 253 6
81 253 7
82 244 16
83 248 12
84 187 72
85 178 80
86 190 64
87 255 3
88 252 4
89 257 2
90 255 5
91 248 12
92 256 4
93 255 2
94 253 5

 

[01828-IT.01]

[B0816-XX.02]

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Synod15 – 18ma Congregazione generale: Discorso del Santo Padre a conclusione dei lavori della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 24.10.2015

Questo pomeriggio, nel corso della 18ma e ultima Congregazione generale del Sinodo ordinario dei Vescovi sulla Famiglia, il Santo Padre Francesco ha rivolto ai Padri Sinodali e a tutti i partecipanti in Aula il discorso che riportiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Care Beatitudini, Eminenze, Eccellenze,
cari fratelli e sorelle,

vorrei innanzitutto ringraziare il Signore che ha guidato il nostro cammino sinodale in questi anni con lo Spirito Santo, che non fa mai mancare alla Chiesa il suo sostegno.

Ringrazio davvero di cuore S. Em. il Cardinale Lorenzo Baldisseri, Segretario Generale del Sinodo, S. Ecc. Mons. Fabio Fabene, Sotto-segretario, e con loro ringrazio il Relatore S. Em. il Cardinale Peter Erdo e il Segretario Speciale S. Ecc. Mons. Bruno Forte, i Presidenti delegati, gli scrittori, i consultori, i traduttori e tutti coloro che hanno lavorato instancabilmente e con totale dedizione alla Chiesa: grazie di cuore!

Ringrazio tutti voi, cari Padri Sinodali, Delegati Fraterni, Uditori, Uditrici e Assessori, Parroci e famiglie, per la vostra partecipazione attiva e fruttuosa.

Ringrazio anche gli “anonimi” e tutte le persone che hanno lavorato in silenzio contribuendo generosamente ai lavori di questo Sinodo.

Siate sicuri tutti della mia preghiera, affinché il Signore vi ricompensi con l’abbondanza dei suoi doni di grazia!

Mentre seguivo i lavori del Sinodo, mi sono chiesto: che cosa significherà per la Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?

Certamente non significa aver concluso tutti i temi inerenti la famiglia, ma aver cercato di illuminarli con la luce del Vangelo, della tradizione e della storia bimillenaria della Chiesa, infondendo in essi la gioia della speranza senza cadere nella facile ripetizione di ciò che è indiscutibile o già detto.

Sicuramente non significa aver trovato soluzioni esaurienti a tutte le difficoltà e ai dubbi che sfidano e minacciano la famiglia, ma aver messo tali difficoltà e dubbi sotto la luce della Fede, averli esaminati attentamente, averli affrontati senza paura e senza nascondere la testa sotto la sabbia.

Significa aver sollecitato tutti a comprendere l’importanza dell’istituzione della famiglia e del Matrimonio tra uomo e donna, fondato sull’unità e sull’indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana.

Significa aver ascoltato e fatto ascoltare le voci delle famiglie e dei pastori della Chiesa che sono venuti a Roma portando sulle loro spalle i pesi e le speranze, le ricchezze e le sfide delle famiglie di ogni parte del mondo.

Significa aver dato prova della vivacità della Chiesa Cattolica, che non ha paura di scuotere le coscienze anestetizzate o di sporcarsi le mani discutendo animatamente e francamente sulla famiglia.

Significa aver cercato di guardare e di leggere la realtà, anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio, per accendere e illuminare con la fiamma della fede i cuori degli uomini, in un momento storico di scoraggiamento e di crisi sociale, economica, morale e di prevalente negatività.

Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole “indottrinarlo” in pietre morte da scagliare contro gli altri.

Significa anche aver spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite.

Significa aver affermato che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori.

Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive, per difendere e per diffondere la libertà dei figli di Dio, per trasmettere la bellezza della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile.

Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa “moduli preconfezionati”, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi1.

E – aldilà delle questioni dogmatiche ben definite dal Magistero della Chiesa – abbiamo visto anche che quanto sembra normale per un vescovo di un continente, può risultare strano, quasi come uno scandalo, per il vescovo di un altro continente; ciò che viene considerato violazione di un diritto in una società, può essere precetto ovvio e intangibile in un’altra; ciò che per alcuni è libertà di coscienza, per altri può essere solo confusione. In realtà, le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato2. Il Sinodo del 1985, che celebrava il 20° anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II, ha parlato dell’inculturazione come dell’«intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l’integrazione nel cristianesimo, e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture umane»3. L’inculturazione non indebolisce i valori veri, ma dimostra la loro vera forza e la loro autenticità, poiché essi si adattano senza mutarsi, anzi essi trasformano pacificamente e gradualmente le varie culture4.

Abbiamo visto, anche attraverso la ricchezza della nostra diversità, che la sfida che abbiamo davanti è sempre la stessa: annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, difendendo la famiglia da tutti gli attacchi ideologici e individualistici.

E, senza mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che «TUTTI GLI UOMINI SIANO SALVATI» (1 Tm 2,4), per inserire e per vivere questo Sinodo nel contesto dell’Anno Straordinario della Misericordia che la Chiesa è chiamata a vivere.

Cari Confratelli,

l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa in alcun modo diminuire l’importanza delle formule, delle leggi e dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza del vero Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nemmeno secondo le nostre opere, ma unicamente secondo la generosità illimitata della sua Misericordia (cfr Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54). Significa superare le costanti tentazioni del fratello maggiore (cfr Lc 15,25-32) e degli operai gelosi (cfr Mt 20,1-16). Anzi significa valorizzare di più le leggi e i comandamenti creati per l’uomo e non viceversa (cfr Mc 2,27).

In questo senso il doveroso pentimento, le opere e gli sforzi umani assumono un significato più profondo, non come prezzo dell’inacquistabile Salvezza, compiuta da Cristo gratuitamente sulla Croce, ma come risposta a Colui che ci ha amato per primo e ci ha salvato a prezzo del suo sangue innocente, mentre eravamo ancora peccatori (cfr Rm 5,6).

Il primo dovere della Chiesa non è quello di distribuire condanne o anatemi, ma è quello di proclamare la misericordia di Dio, di chiamare alla conversione e di condurre tutti gli uomini alla salvezza del Signore (cfr Gv 12,44-50).

Il beato Paolo VI, con parole stupende, diceva: «Possiamo quindi pensare che ogni nostro peccato o fuga da Dio accende in Lui una fiamma di più intenso amore, un desiderio di riaverci e reinserirci nel suo piano di salvezza [...]. Dio, in Cristo, si rivela infinitamente buono [...]. Dio è buono. E non soltanto in sé stesso; Dio è – diciamolo piangendo – buono per noi. Egli ci ama, cerca, pensa, conosce, ispira ed aspetta: Egli sarà – se così può dirsi – felice il giorno in cui noi ci volgiamo indietro e diciamo: Signore, nella tua bontà, perdonami. Ecco, dunque, il nostro pentimento diventare la gioia di Dio»5.

Anche san Giovanni Paolo II affermava che «la Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia […] e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice»6.

Anche Papa Benedetto XVI disse: «La misericordia è in realtà il nucleo centrale del messaggio evangelico, è il nome stesso di Dio [...] Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l’uomo. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall’amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l’abbiano in abbondanza (cfr Gv 10,10)»7.

Sotto questa luce e grazie a questo tempo di grazia che la Chiesa ha vissuto, parlando e discutendo della famiglia, ci sentiamo arricchiti a vicenda; e tanti di noi hanno sperimentato l’azione dello Spirito Santo, che è il vero protagonista e artefice del Sinodo. Per tutti noi la parola “famiglia” non suona più come prima, al punto che in essa troviamo già il riassunto della sua vocazione e il significato di tutto il cammino sinodale8.

In realtà, per la Chiesa concludere il Sinodo significa tornare a “camminare insieme” realmente per portare in ogni parte del mondo, in ogni Diocesi, in ogni comunità e in ogni situazione la luce del Vangelo, l’abbraccio della Chiesa e il sostegno della misericordia di Dio!

Grazie!

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1 Cfr Lettera al Gran Cancelliere della “Pontificia Universidad Católica Argentina” nel centesimo anniversario della Facoltà di Teologia, 3 marzo 2015.

2 Cfr Pontificia Commissione Biblica, Fede e cultura alla luce della Bibbia. Atti della Sessione plenaria 1979 della Pontificia Commissione Biblica, LDC, Leumann 1981; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Gaudium et spes, 44.

3 Relazione finale (7 dicembre 1985): L’Osservatore Romano, 10 dicembre 1985, 7.

4 «In forza della sua missione pastorale, la Chiesa deve mantenersi sempre attenta ai mutamenti storici e all’evoluzione delle mentalità. Non certamente per sottomettervisi, ma per superare gli ostacoli che si possono opporre all’accoglienza dei suoi consigli e delle sue direttive» (Intervista al Card. Georges Cottier ne La Civiltà Cattolica, 3963-3964, 8 agosto 2015, p. 272).

5 Omelia, 23 giugno 1968: Insegnamenti VI (1968), 1177-1178.

6 Enc. Dives in misericordia, 13. Disse anche: «Nel mistero pasquale … Dio ci appare per quello che è: un Padre dal cuore tenero, che non si arrende dinanzi all’ingratitudine dei suoi figli ed è sempre disposto al perdono» (Giovanni Paolo II, Regina Coeli, 23 aprile 1995: Insegnamenti XVIII, 1 [1995], 1035). E così descriveva la resistenza alla misericordia: «La mentalità contemporanea, forse più di quella dell’uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende, altresì, ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l’idea stessa della misericordia. La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l’uomo» (Lett. Enc. Dives in misericordia [30 novembre 1980], 2).

7 Regina Coeli, 30 marzo 2008: Insegnamenti IV, 1 (2008), 489-490; e parlando del potere della misericordia afferma: «È la misericordia che pone un limite al male. In essa si esprime la natura tutta peculiare di Dio - la sua santità, il potere della verità e dell’amore» (Omelia nella Domenica della Divina Misericordia, 15 aprile 2007: Insegnamenti III, 1 [2007], 667).

8 Un’analisi acrostica della parola “famiglia” ci aiuta a riassumere la missione della Chiesa nel compito di: Formare le nuove generazioni a vivere seriamente l’amore non come pretesa individualistica basata solo sul piacere e sull’“usa e getta”, ma per credere nuovamente all’amore autentico, fecondo e perpetuo, come l’unica via per uscire da sé, per aprirsi all’altro, per togliersi dalla solitudine, per vivere la volontà di Dio, per realizzarsi pianamente, per capire che il matrimonio è lo «spazio in cui si manifesta l’amore divino; per difendere la sacralità della vita, di ogni vita; per difendere l’unità e l’indissolubilità del vincolo coniugale come segno della grazia di Dio e della capacità dell’uomo di amare seriamente» (Omelia nella Messa di apertura del Sinodo, 4 ottobre 2015: L’Osservatore Romano, 5-6 ottobre 2015, p. 7) e per valorizzare i corsi prematrimoniali come opportunità di approfondire il senso cristiano del Sacramento del matrimonio; Andare verso gli altri perché una Chiesa chiusa in sé stessa è una Chiesa morta; una Chiesa che non esce dal proprio recinto per cercare, per accogliere e per condurre tutti verso Cristo è una Chiesa che tradisce la sua missione e la sua vocazione; Manifestare e diffondere la misericordia di Dio alle famiglie bisognose, alle persone abbandonate, agli anziani trascurati, ai figli feriti dalla separazione dei genitori, alle famiglie povere che lottano per sopravvivere, ai peccatori che bussano alle nostre porte e a quelli lontani, ai diversamente abili e a tutti coloro che si sentono feriti nell’anima e nel corpo e alle coppie lacerate dal dolore, dalla malattia, dalla morte o dalla persecuzione; Illuminare le coscienze, spesso accerchiate da dinamiche dannose e sottili, che cercano perfino di mettersi al posto di Dio creatore: tali dinamiche devono essere smascherate e combattute nel pieno rispetto della dignità di ogni persona; Guadagnare e ricostruire con umiltà la fiducia nella Chiesa, seriamente diminuita a causa dei comportamenti e dei peccati dei propri figli; purtroppo la contro-testimonianza e gli scandali commessi all’interno della Chiesa da alcuni chierici hanno colpito la sua credibilità e hanno oscurato il fulgore del suo messaggio salvifico; Lavorare intensamente per sostenere e incoraggiare le famiglie sane, le famiglie fedeli, le famiglie numerose che nonostante le fatiche quotidiane continuano a dare una grande testimonianza di fedeltà agli insegnamenti della Chiesa e ai comandamenti del Signore; Ideare una rinnovata pastorale famigliare che si basi sul Vangelo e rispetti le diversità culturali; una pastorale capace di trasmettere la Buona Novella con linguaggio attraente e gioioso e di togliere dai cuori dei giovani la paura di assumere impegni definitivi; una pastorale che presti una attenzione particolare ai figli che sono le vere vittime delle lacerazioni famigliari; una pastorale innovativa che attui una preparazione adeguata al Sacramento matrimoniale e sospenda le pratiche vigenti che spesso curano più l’apparenza di una formalità che un’educazione a un impegno che duri per tutta la vita; Amare incondizionatamente tutte le famiglie e in particolare quelle che attraversano un momento di difficoltà: nessuna famiglia deve sentirsi sola o esclusa dall’amore o dall’abbraccio della Chiesa; il vero scandalo è la paura di amare e di manifestare concretamente questo amore.

[01826-IT.01] [Testo originale: Italiano]

 

Testo in lingua spagnola

Queridas Beatitudes, eminencias, excelencias,
Queridos hermanos y hermanas:

Quisiera ante todo agradecer al Señor que ha guiado nuestro camino sinodal en estos años con el Espíritu Santo, que nunca deja a la Iglesia sin su apoyo.

Agradezco de corazón al Cardenal Lorenzo Baldisseri, Secretario General del Sínodo, a Monseñor Fabio Fabene, Subsecretario, y también al Relator, el Cardenal Peter Erdo, y al Secretario especial, Monseñor Bruno Forte, a los Presidentes delegados, a los escritores, consultores, traductores y a todos los que han trabajado incansablemente y con total dedicación a la Iglesia: gracias de corazón.

Agradezco a todos ustedes, queridos Padres Sinodales, delegados fraternos, auditores y auditoras, asesores, párrocos y familias por su participación activa y fructuosa.

Doy las gracias igualmente a los que han trabajado de manera anónima y en silencio, contribuyendo generosamente a los trabajos de este Sínodo.

Les aseguro mi plegaria para que el Señor los recompense con la abundancia de sus dones de gracia.

Mientras seguía los trabajos del Sínodo, me he preguntado: ¿Qué significará para la Iglesia concluir este Sínodo dedicado a la familia?

Ciertamente no significa haber concluido con todos los temas inherentes a la familia, sino que ha tratado de iluminarlos con la luz del Evangelio, de la Tradición y de la historia milenaria de la Iglesia, infundiendo en ellos el gozo de la esperanza sin caer en la cómoda repetición de lo que es indiscutible o ya se ha dicho.

Seguramente no significa que se hayan encontrado soluciones exhaustivas a todas las dificultades y dudas que desafían y amenazan a la familia, sino que se han puesto dichas dificultades y dudas a la luz de la fe, se han examinado atentamente, se han afrontado sin miedo y sin esconder la cabeza bajo tierra.

Significa haber instado a todos a comprender la importancia de la institución de la familia y del matrimonio entre un hombre y una mujer, fundado sobre la unidad y la indisolubilidad, y apreciarla como la base fundamental de la sociedad y de la vida humana.

Significa haber escuchado y hecho escuchar las voces de las familias y de los pastores de la Iglesia que han venido a Roma de todas partes del mundo trayendo sobre sus hombros las cargas y las esperanzas, la riqueza y los desafíos de las familias.

Significa haber dado prueba de la vivacidad de la Iglesia católica, que no tiene miedo de sacudir las conciencias anestesiadas o de ensuciarse las manos discutiendo animadamente y con franqueza sobre la familia.

Significa haber tratado de ver y leer la realidad o, mejor dicho, las realidades de hoy con los ojos de Dios, para encender e iluminar con la llama de la fe los corazones de los hombres, en un momento histórico de desaliento y de crisis social, económica, moral y de predominio de la negatividad.

Significa haber dado testimonio a todos de que el Evangelio sigue siendo para la Iglesia una fuente viva de eterna novedad, contra quien quiere «adoctrinarlo» en piedras muertas para lanzarlas contra los demás.

Significa haber puesto al descubierto a los corazones cerrados, que a menudo se esconden incluso dentro de las enseñanzas de la Iglesia o detrás de las buenas intenciones para sentarse en la cátedra de Moisés y juzgar, a veces con superioridad y superficialidad, los casos difíciles y las familias heridas.

Significa haber afirmado que la Iglesia es Iglesia de los pobres de espíritu y de los pecadores en busca de perdón, y no sólo de los justos y de los santos, o mejor dicho, de los justos y de los santos cuando se sienten pobres y pecadores.

Significa haber intentado abrir los horizontes para superar toda hermenéutica conspiradora o un cierre de perspectivas para defender y difundir la libertad de los hijos de Dios, para transmitir la belleza de la novedad cristiana, a veces cubierta por la herrumbre de un lenguaje arcaico o simplemente incomprensible.

En el curso de este Sínodo, las distintas opiniones que se han expresado libremente –y por desgracia a veces con métodos no del todo benévolos– han enriquecido y animado sin duda el diálogo, ofreciendo una imagen viva de una Iglesia que no utiliza «módulos impresos», sino que toma de la fuente inagotable de su fe agua viva para refrescar los corazones resecos.1

Y –más allá de las cuestiones dogmáticas claramente definidas por el Magisterio de la Iglesia– hemos visto también que lo que parece normal para un obispo de un continente, puede resultar extraño, casi como un escándalo, para el obispo de otro continente; lo que se considera violación de un derecho en una sociedad, puede ser un precepto obvio e intangible en otra; lo que para algunos es libertad de conciencia, para otros puede parecer simplemente confusión. En realidad, las culturas son muy diferentes entre sí y todo principio general necesita ser inculturado si quiere ser observado y aplicado.2 El Sínodo de 1985, que celebraba el vigésimo aniversario de la clausura del Concilio Vaticano II, habló de la inculturación como «una íntima transformación de los auténticos valores culturales por su integración en el cristianismo y la radicación del cristianismo en todas las culturas humanas».3

La inculturación no debilita los valores verdaderos, sino que muestra su verdadera fuerza y su autenticidad, porque se adaptan sin mutarse, es más, trasforman pacíficamente y gradualmente las diversas culturas.4

Hemos visto, también a través de la riqueza de nuestra diversidad, que el desafío que tenemos ante nosotros es siempre el mismo: anunciar el Evangelio al hombre de hoy, defendiendo a la familia de todos los ataques ideológicos e individualistas.

Y, sin caer nunca en el peligro del relativismo o de demonizar a los otros, hemos tratado de abrazar plena y valientemente la bondad y la misericordia de Dios, que sobrepasa nuestros cálculos humanos y que no quiere más que «todos los hombres se salven» (1 Tm 2,4), para introducir y vivir este Sínodo en el contexto del Año Extraordinario de la Misericordia que la Iglesia está llamada a vivir.

Queridos Hermanos:

La experiencia del Sínodo también nos ha hecho comprender mejor que los verdaderos defensores de la doctrina no son los que defienden la letra sino el espíritu; no las ideas, sino el hombre; no las fórmulas sino la gratuidad del amor de Dios y de su perdón. Esto no significa en modo alguno disminuir la importancia de las fórmulas, de las leyes y de los mandamientos divinos, sino exaltar la grandeza del verdadero Dios que no nos trata según nuestros méritos, ni tampoco conforme a nuestras obras, sino únicamente según la generosidad sin límites de su misericordia (cf. Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,37-54). Significa superar las tentaciones constantes del hermano mayor (cf. Lc 15,25-32) y de los obreros celosos (cf. Mt 20,1-16). Más aún, significa valorar más las leyes y los mandamientos, creados para el hombre y no al contrario (cf. Mc 2,27).

En este sentido, el arrepentimiento debido, las obras y los esfuerzos humanos adquieren un sentido más profundo, no como precio de la invendible salvación, realizada por Cristo en la cruz gratuitamente, sino como respuesta a Aquel que nos amó primero y nos salvó con el precio de su sangre inocente, cuando aún estábamos sin fuerzas (cf. Rm 5,6).

El primer deber de la Iglesia no es distribuir condenas o anatemas sino proclamar la misericordia de Dios, de llamar a la conversión y de conducir a todos los hombres a la salvación del Señor (cf. Jn 12,44-50).

El beato Pablo VI decía con espléndidas palabras: «Podemos pensar que nuestro pecado o alejamiento de Dios enciende en él una llama de amor más intenso, un deseo de devolvernos y reinsertarnos en su plan de salvación [...]. En Cristo, Dios se revela infinitamente bueno [...]. Dios es bueno. Y no sólo en sí mismo; Dios es –digámoslo llorando- bueno con nosotros. Él nos ama, busca, piensa, conoce, inspira y espera. Él será feliz –si puede decirse así–el día en que nosotros queramos regresar y decir: “Señor, en tu bondad, perdóname. He aquí, pues, que nuestro arrepentimiento se convierte en la alegría de Dios».5

También san Juan Pablo II dijo que «la Iglesia vive una vida auténtica, cuando profesa y proclama la misericordia [...] y cuando acerca a los hombres a las fuentes de la misericordia del Salvador, de las que es depositaria y dispensadora».6

Y el Papa Benedicto XVI decía: «La misericordia es el núcleo central del mensaje evangélico, es el nombre mismo de Dios [...] Todo lo que la Iglesia dice y realiza, manifiesta la misericordia que Dios tiene para con el hombre. Cuando la Iglesia debe recordar una verdad olvidada, o un bien traicionado, lo hace siempre impulsada por el amor misericordioso, para que los hombres tengan vida y la tengan en abundancia (cf. Jn 10,10)».7

En este sentido, y mediante este tiempo de gracia que la Iglesia ha vivido, hablado y discutido sobre la familia, nos sentimos enriquecidos mutuamente; y muchos de nosotros hemos experimentado la acción del Espíritu Santo, que es el verdadero protagonista y artífice del Sínodo. Para todos nosotros, la palabra «familia» no suena lo mismo que antes, hasta el punto que en ella encontramos la síntesis de su vocación y el significado de todo el camino sinodal.8

Para la Iglesia, en realidad, concluir el Sínodo significa volver verdaderamente a «caminar juntos» para llevar a todas las partes del mundo, a cada Diócesis, a cada comunidad y a cada situación la luz del Evangelio, el abrazo de la Iglesia y el amparo de la misericordia de Dios.

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1Cf. Carta al Gran Canciller de la Pontificia Universidad Católica Argentina en el centenario de la Facultad de Teología (3 marzo 2015): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 13 marzo 2015, p. 13..

2 Cf. Pontificia Comisión Bíblica, Fe y cultura a la luz de la biblia. Actas de la Sesión plenaria 1979 de la Pontificia Comisión Bíb lica; CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Past. Gaudium et spes, sobre la Iglesia en el mundo actual, 44.

3 Relación final (7 diciembre 1985): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 22 diciembre 1985, p. 14.

4 «En virtud de su misión pastoral, la Iglesia debe mantenerse siempre atenta a los cambios históricos y a la evolución de la mentalidad. Claro, no para someterse a ellos, sino para superar los obstáculos que se pueden oponer a la acogida de sus consejos y sus directrices»: Entrevista al Card. Georges Cottier, Civiltà Cattolica, 8 agosto 2015, p. 272.

5 Homilía (23 junio 1968): Insegnamenti, VI (1968), 1176-1178.

6 Cart. Enc. Dives in misericordia (30 noviembre 1980), 13. Dijo también: «En el misterio Pascual [...] Dios se muestra como es: un Padre de infinita ternura, que no se rinde frente a la ingratitud de sus hijos, y que siempre está dispuesto a perdonar», Regina coeli (23 abril 1995): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 28 abril 1995, p. 1; y describe la resistencia a la misericordia diciendo: «La mentalidad contemporánea, quizás en mayor medida que la del hombre del pasado, parece oponerse al Dios de la misericordia y tiende además a orillar de la vida y arrancar del corazón humano la idea misma de la misericordia. La palabra y el concepto de misericordia parecen producir una cierta desazón en el hombre», Cart. Enc. Dives in misericordia (30 noviembre 1980), 2.

7 Regina coeli (30 marzo 2008): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 4 abril 2008, p. 1. Y hablando del poder de la misericordia afirma: «Es la misericordia la que pone un límite al mal. En ella se expresa la naturaleza del todo peculiar de Dios: su santidad, el poder de la verdad y del amor», Homilía durante la santa misa en el Domingo de la divina Misericordia (15 abril 2007): L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 20 abril 2007, p. 3.

8 Un análisis acróstico de la palabra «familia» [en italiano f-a-m-i-g-l-i-a] nos ayuda a resumir la misión de la Iglesia en la tarea de:

Formar a las nuevas generaciones para que vivan seriamente el amor, no con la pretensión individualista basada sólo en el placer y en el «usar y tirar», sino para que crean nuevamente en el amor auténtico, fértil y perpetuo, como la única manera de salir de sí mismos; para abrirse al otro, para ahuyentar la soledad, para vivir la voluntad de Dios; para realizarse plenamente, para comprender que el matrimonio es el «espacio en el cual se manifiesta el amor divino; para defender la sacralidad de la vida, de toda vida; para defender la unidad y la indisolubilidad del vínculo conyugal como signo de la gracia de Dios y de la capacidad del hombre de amar en serio» (Homilía en la Santa Misa de apertura de la XIV Asamblea general ordinaria del Sínodo de los Obispos, XXVII Domingo del Tiempo Ordinario, 4 octubre 2015: L’Osservatore Romano, ed. semanal en lengua española, 9 octubre 2015, p. 4; y para valorar los cursos prematrimoniales como oportunidad para profundizar el sentido cristiano del sacramento del matrimonio.

Andar hacia los demás, porque una Iglesia cerrada en sí misma es una Iglesia muerta. Una Iglesia que no sale de su propio recinto para buscar, para acoger y guiar a todos hacía Cristo es una Iglesia que traiciona su misión y su vocación.

Manifestar y difundir la misericordia de Dios a las familias necesitadas, a las personas abandonadas; a los ancianos olvidados; a los hijos heridos por la separación de sus padres, a las familias pobres que luchan por sobrevivir, a los pecadores que llaman a nuestra puerta y a los alejados, a los diversamente capacitados, a todos los que se sienten lacerados en el alma y en el cuerpo, a las parejas desgarradas por el dolor, la enfermedad, la muerte o la persecución.

Iluminar las conciencias, a menudo asediadas por dinámicas nocivas y sutiles, que pretenden incluso ocupar el lugar de Dios creador. Estas dinámicas deben de ser desenmascaradas y combatidas en el pleno respeto de la dignidad de toda persona humana.

Ganar y reconstruir con humildad la confianza en la Iglesia, seriamente disminuida a causa de las conductas y los pecados de sus propios hijos. Por desgracia, el antitestimonio y los escándalos en la Iglesia cometidos por algunos clérigos han afectado a su credibilidad y han oscurecido el fulgor de su mensaje de salvación.

Laborar para apoyar y animar a las familias sanas, las familias fieles, las familias numerosas que, no obstante las dificultades de cada día, dan cotidianamente un gran testimonio de fidelidad a los mandamientos del Señor y a las enseñanzas de la Iglesia.

Idear una pastoral familiar renovada que se base en el Evangelio y respete las diferencias culturales. Una pastoral capaz de transmitir la Buena Noticia con un lenguaje atractivo y alegre, y que quite el miedo del corazón de los jóvenes para que asuman compromisos definitivos. Una pastoral que preste particular atención a los hijos, que son las verdaderas víctimas de las laceraciones familiares. Una pastoral innovadora que consiga una preparación adecuada para el sacramento del matrimonio y abandone la práctica actual que a menudo se preocupa más por las apariencias y las formalidades que por educar a un compromiso que dure toda la vida.

Amar incondicionalmente a todas las familias y, en particular, a las pasan dificultades. Ninguna familia debe sentirse sola o excluida del amor o del amparo de la Iglesia. El verdadero escándalo es el miedo a amar y manifestar concretamente este amor.

[01826-ES.02] [Texto original: Italiano]

 

 

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La Dra. Anca-Maria Cernea, Presidente de la Asociación de Médicos Católicos de Bucarest (Rumania) con una valentía inusitada para los ámbitos sinodales y eclesiásticos en general, pronunció el viernes (16.10.2015) la siguiente intervención:


Santidad, Padres Sinodales, hermanos: represento a la Asociación de Médicos Católicos de Bucarest. Pertenezco a la Iglesia Católica rumana de rito griego.
Mi madre era una dirigente política cristiana que estuvo encarcelada durante diecisiete años por los comunistas. Aunque mis padres estaban comprometidos para casarse, no pudieron hacerlo hasta 17 años después. Durante todos aquellos años, mi madre esperó a mi padre, sin saber siquiera si estaría aún vivo. Fueron heroicamente fieles a Dios y a su compromiso. Su ejemplo demuestra que la gracia de Dios puede sobreponerse a unas circunstancias sociales terribles y a la pobreza material.
Los médicos católicos que defendemos la vida y la familia vemos que, ante todo, nos encontramos en una batalla espiritual.
La pobreza material y el consumismo no son la causa primera de la crisis de la familia. La causa primera de la revolución sexual y cultural es ideológica. Nuestra Señora de Fátima dijo que los errores de Rusia se propagarían por todo el mundo.
Se hizo primero de forma violenta, con el marxismo clásico, matando a decenas de millones de personas. Ahora se hace mediante el marxismo cultural. Hay una continuidad, desde la revolución sexual leninista, a través de Gramsci y de la Escuela de Frankfurt, hasta la actual ideología de los derechos homosexuales y de género.
El marxismo clásico pretendía rediseñar la sociedad adueñándose por medios violentos de la propiedad. Ahora la revolución va más lejos: pretende redefinir la familia, la identidad sexual y la naturaleza humana.
Esta ideología se hace llamar progresista, pero no es otra cosa que la tentación de la serpiente antigua para que el hombre se haga el amo, reemplace a Dios y organice la salvación en este mundo.
Es un error de naturaleza religiosa; es gnosticismo. Los pastores tienen la misión de reconocerlo y de alertar al rebaño de este peligro.“Buscad, pues, primero el Reino y su justicia, y todo eso se os dará por añadidura”.
La misión de la Iglesia es salvar almas. En este mundo el mal proviene del pecado. No de la disparidad de ingresos ni del “cambio climático”. La solución es: Evangelización. Conversión. No un dominio cada vez mayor por parte de las autoridades. No un gobierno mundial. Esos son hoy en día los agentes principales de la imposición del marxismo cultural, por medio del control de la natalidad, la salud reproductiva, los derechos de los homosexuales, la ideología de genero, etcétera. Lo que el mundo necesita hoy en día no es que se limite la libertad, sino libertad verdadera, liberación del pecado. Salvación.
Nuestra Iglesia estuvo prohibida durante la ocupación soviética. Pero ninguno de nuestros doce obispos traicionó la comunión con el Santo Padre. Nuestra Iglesia sobrevivió gracias a la determinación y el ejemplo de nuestros obispos, que resistieron en las cárceles y entre el terror. Nuestros prelados pidieron a los fieles que no siguieran al mundo. No que cooperan con los comunistas.
Ahora necesitamos que Roma le diga al mundo: “Arrepentíos de vuestros pecados y volved a Dios, porque el Reino de los Cielos está cerca”:

No sólo nosotros los católicos laicos, sino también muchos cristianos ortodoxos están rezando fervorosamente por este Sínodo. Porque, como ellos dicen, si la Iglesia Católica se entrega al espíritu de este mundo, será muy difícil para todos los demás cristianos resistirlo.

22/10/15 4:37 PM

Posteado por Roberto en el magnífico blog de Jorge Soley en InfoCatólica, el 22/10/15 4:37 PM

http://infocatolica.com/blog/archipielago.php/1510220414-catolicos-de-segunda-division

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¿Dónde está la "misericordia" para con el cónyuge fiel de los que declaran que la infidelidad de la otra parte es irrelevante a la hora de recibir la comunión?

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La preparación del documento final del Sinodo

El texto del documento final lo está escribiendo una comisión de diez miembros nombrada por el Santo Padre. 700 enmiendas han sido presentadas por los círculos menores para el documento final. El borrador consta de unas cien páginas, aprobadas por unanimidad por la comisión; es presentado en el Aula a los padres sinodales el jueves, 22 de octubre 2015, por la tarde; discutido el viernes, 23 de octubre, por la mañana. Las modificaciones solicitadas deberán ser entregadas por escrito antes del viernes, 23 octubre, a las 14 horas; el viernes, 23 de octubre, por la tarde la comisión reelaborará el texto; el sábado, 24 de octubre, por la mañana será leído en el aula en su forma definitiva. Por la tarde será votado párrafo por párrafo. Y el Santo Padre decidirá si hacerlo o no público.

Rocío Lancho García / Zenit jueves, 22 octubre 2015

El Sínodo de los obispos dedicado a la familia, que se está celebrando en el Vaticano desde el pasado 4 de octubre y que finaliza este domingo 25, está ya trabajando en la redacción del documento final.

El texto lo está escribiendo una comisión de diez miembros nombrada por el Santo Padre. Este jueves, 22 octubre 2015, por la tarde el borrador del documento será presentado en el Aula a los padres sinodales.

El trabajo de esta comisión está siendo muy intenso, tal y como ha asegurado en rueda de prensa este jueves, 22 octubre 2015, el padre Federico Lombardi, director de la oficina de prensa de la Santa Sede.

Acompañando al portavoz del Vaticano estaban el cardenal Osvald Gracias, arzobispo de Bombay; el cardenal Soane Mafi, arzobispo de Tonga y presidente della Conferencia Episcopal del Pacífico; y el arzobispo Los Ángeles, José H. Gómez.

El cardenal Gracias ha indicado que “el Sínodo ha sido una experiencia espiritual para entender cómo ayudar a las familias a ser mejores o a encontrar soluciones a sus dificultades, gracias al debate entre opiniones, puntos de vista y situaciones culturales diferentes”.

Asimismo ha contado que el Papa se ha acercado para agradecerles el trabajo que están haciendo en la comisión.

A propósito del método de trabajo ha explicado que de las más de 700 enmiendas presentadas por los círculos menores para el documento final, los expertos han hecho una valoración, tratando de elegir los más representativos, y después la comisión decide cuáles incluir en el texto final, de forma que así pueda surgir un mensaje coherente.

Igualmente, ha precisado que el documento final, que aún está en una fase de borrador, consta de unas cien páginas, aprobadas por unanimidad por la comisión.

El borrador será presentado este jueves, 22 octubre 2015, por la tarde a los padres sinodales y discutido el viernes por la mañana. Las modificaciones solicitadas deberán ser entregadas por escrito antes del viernes a las 14 horas.

De este modo, el viernes por la tarde la comisión reelaborará el texto y el sábado por la mañana será leído en el aula en su forma definitiva. Por la tarde será votado párrafo por párrafo. Una vez concluido este trabajo, el Santo Padre decidirá si hacerlo o no público.

Por su parte, el cardenal Mafi ha asegurado en el Sínodo han trabajado con corazón abierto tratando siempre de hacer sentir el apoyo de la Iglesia a la familia. “El Sínodo es un viaje que continuará”, ha observado. Además, ha advertido que “así como los valores familiares tradicionales se extendieron a la familia y al pueblo, ahora el individualismo llega a nuestras orillas.

Finalmente, monseñor Gómez ha comentado uno de los temas muy presente en el Sínodo, la migración. En Estados Unidos --ha explicado-- hay 11 millones de inmigrantes irregulares y se trata de personas que forman parte de nuestra familia y que deben ser ayudadas.

Y a propósito de la igualdad ha reconocido que “hemos hablado de lo importante que es para las mujeres el ser respetadas, con iguales derechos y responsabilidades”. Asimismo, ha deseado que el Sínodo ayude a la gente a vivir de forma más profunda la fe.

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«El único camino para ayudar a los pecadores es ayudarlos a convertirse a Dios y que no vuelvan a pecar»
(Testimonio ante el Papa y los Padres Sinodales del matrimonio Pulikowski [Jacek y Jadwiga, de Poznan, Polonia], 16 de octubre de 2015).

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Ante la propuesta de dar la comunión a adúlteros

Cardenal Arinze a los padres sinodales heterodoxos: «¿Quién te crees que eres? ¿Te crees más grande que Cristo?»

El cardenal Francis Arinze, de Nigeria, defendió vehementemente la Fe Católica frente a la propuesta presentada por un padre sinodal quien, la semana pasada, dijo que es «irreal» para los divorciados y vueltos a casar el abstenerse de la actividad sexual -lo que la Iglesia, siguiendo a Cristo, llama «adulterio»-.

InfoCatólica 23/10/15 7:02 AM

(Life Site News) El cardenal Reinhard Marx, arzobispo de Berlín y uno de los principales asesores del papa Francisco, ha dicho que tal actividad debe ser juzgada de acuerdo a un «contexto vivido», y que dichas personas deben tener la posibilidad de recibir la Santa Comunión.

El cardenal Arinze, sin embargo, le dijo a LifeSiteNews en una entrevista:

«Los Diez Mandamientos nos han sido dados por Dios. ¿Tenemos alguna autoridad para decir que es irreal esperar que la gente guarde los Mandamientos? No sólo ya el Sexto y el Noveno, también el Quinto (que concierne al aborto y la matanza de personas inocentes, por ej.) o el Séptimo (que prohíbe robar, aunque sean pequeñas sumas de dinero)»

El cardenal, Prefecto Emérito de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, añadió:

«No podemos seguir el razonamiento de que (la abstención sexual para divorciados vueltos a casar) es irreal. Pueden decir que no es fácil, lo acepto. Cristo nunca nos prometió que sería fácil seguirle. Él dijo que los que quisieran ser sus discípulos debían tomar su cruz diariamente y seguirle».

La semana pasada, el cardenal Marx dijo a obispos de todo el mundo reunidos en el Sínodo sobre la Familia, en Roma, que «debemos considerar seriamente» admitir al sacramento de la Santa Comunión a los católicos civilmente divorciados y vueltos a casar que han decidido vivir un nuevo matrimonio «canónicamente válido».

En su discurso sostuvo que «no sólo se trata de que el consejo de abstenerse del acto sexual en una nueva relación les parezca irreal a muchos. También es cuestionable que las relaciones sexuales puedan ser juzgadas independientemente del contexto vivido». LifeSiteNews le solicitó al Cardenal Francis Arinze que respondiera a esta afirmación, sin revelarle su autor.

Arinze sostuvo que

«esta posición busca en última instancia permitir a la gente que rechace las leyes de Dios directamente. Si podemos decir a los divorciados vueltos a casar que no deben seguir el mandamiento concerniente a no cometer adulterio, entonces ¿qué nos impide decir al resto de las personas que ya no deben respetar los restantes?»

El cardenal africano agregó que

«de esa manera, puedes también decirle al oficinista cuya secretaria es una bella señorita que (si se sienten atraídos) es irrazonable pedirles que se mantengan castos. Igualmente, sería irreal solicitarle a la gente que sea honesta cuando tenga la ocasión de apropiarse de dinero del gobierno o de la propiedad ajena».

«Si dices que no podemos esperar que las personas sean castas, que se abstengan de las relaciones sexuales, en esas situaciones (divorcio civil y nuevo matrimonio) entonces estás desafiando la enseñanza fundamental que dice que las relaciones sexuales sólo son admisibles entre una mujer y un varón dentro de un matrimonio válido, que entre otras dos personas es incorrecto, sean estas heterosexuales u homosexuales. Es incorrecto porque va en contra del orden establecido por Dios, el Creador».

El cardenal Arinze dijo que la posición católica sobre el matrimonio y sobre la norma moral que prohíbe el adulterio no es una invención humana susceptible de enmienda, si no que se trata de una «Ley Divina» cuyo autor es Dios y por lo tanto no puede ser alterada.

«No puedes decir que existe alguna situación que Cristo no haya podido prever. Tampoco puedes decirnos que eres más sabio que Cristo y que puedes cambiar lo que Él dijo. En ese caso te preguntaremos ¿Quién te crees que eres? ¿Te crees más grande que Cristo?» dijo el purpurado africano.

Arinze mantuvo que nadie, ni siquiera el Papa, tiene el poder de cambiar la enseñanza de la Iglesia sobre el matrimonio y el adulterio.

«El matrimonio no es una invención humana. Dios creó a Adán y dijo no es bueno que el hombre esté solo, entonces creó a Eva. El primer hombre y la primera mujer fueron creados por Dios, lo que implica que el matrimonio también proviene de sus manos creadoras. No es el Papa quien lo inventó de esta forma, no fueron las Naciones Unidas, ni tampoco el parlamento de ninguna nación (por más fuerte que ésta pudiera ser). Esto implica que nadie tiene el derecho, ni el poder, para reinventar el matrimonio».

Los católicos divorciados y vueltos a casar están viviendo en pecado

Arinze dijo que aquellos católicos que están divorciados civilmente y vueltos a casar se encuentran «técnicamente en una situación de pecado, aunque sus conciencias los excusen».

«Existe una cosa llamada situación de pecado mortal. El pecado mortal es el total alejamiento de Dios. Es algo terrible. Puede darse en referencia a cualquiera de los Mandamientos, no sólo al sexto y al noveno» .Mantuvo el cardenal nigeriano. Además agregó que alguien que se encuentra en situación de pecado mortal no es merecedor de recibir a Jesús en la Santa Comunión.

«En ese caso, es la persona quién se descalifica a sí misma para recibir la Santa Comunión por mantenerse en estado de pecado mortal. El catecumenado más simple indica que la primera condición para poder comulgar de manera fructífera es la de estar en estado de gracia».

«Si la persona se encuentra en situación de pecado mortal y recibe la Sagrada Comunión, ciertamente recibe a Cristo, pero ninguna gracia… Y no sólo no recibe ninguna gracia, sino que la persona comete sacrilegio además de todos los otros pecados que ya había cometido».

«Ese es el caso en el cual San Pablo dice que la persona se examine; aquel que recibe inmerecidamente recibe el juicio en su contra. Eso es bastante severo». dijo Arinze.

Saliendo del pecado

El prelado dijo que recibir a Jesús en la Sagrada Comunión cuando se está en estado de pecado mortal nunca puede ser una ayuda para que la persona salga del pecado.

«Para salir del pecado el sacramento necesario es la Penitencia, aquel que conocemos popularmente como Confesión. Vas al sacerdote, aceptas haber hecho mal, dices que fue por tu culpa y que estás determinado a cambiar, con la gracia de Dios. Entonces recibes el perdón de Dios. Eso es lo que ayuda».

«Pero si una persona se encuentra en pecado mortal y no tiene ninguna intención de abandonar esa situación, entonces recibir la Sagrada Comunión no ayuda a esa persona a ser mejor, porque el sacrilegio que comete se ve agregado a la suma de pecados que ya tenía anteriormente», dijo el cardenal Arinze.

El cardenal dijo que vivir la Fe Católica auténticamente no se trata de «nuestra apariencia frente a otras personas» sino de «lo que Dios piense de nosotros».

«Todo lo que hemos dicho es acerca de lo bueno y lo malo objetivamente» nos dijo, y agregó que Dios, y sólo Dios, puede juzgar si una persona es culpable de los pecados que él o ella haya cometido.

«Ni siquiera un grupo de cardenales puede juzgar eso. Dios no necesita de nuestra ayuda para juzgar eso. Así que, ya ven, (en la Religión Católica) todo se trata de la honestidad y la apertura frente a Dios, no de lo que las otras personas piensen de nosotros», concluyó el cardenal Arinze.

Traducido por Santiago Tognacca, del Equipo de Traductores de InfoCatólica.

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¿Acaso la muerte de Tomás Moro y Juan Fisher fue en vano?

InfoCatólica (EE.UU)20/10/15

Mons. Samuel Joseph Aquila, arzobispo de Denver (EE.UU), ha escrito una carta en la que se pregunta, ante la intención de algunos cardenales y obispos de dar la comunión a los divorciados vueltos a casar, si la muerte de Santo Tomás Moro y San Juan Fisher, mártires por defender la verdad sobre el matrimonio, fue en vano. El prelado norteamericano rebate también la tesis de que la Iglesia en Alemania pueda ir por libre, al margen del resto de la Iglesia, en esta materia.

Al seguir las palabras de Cristo mismo, la Iglesia enseña siempre que el divorcio y las nuevas uniones son adulterio con distinto nombre.

Texto de la carta de Monseñor Samuel Joseph Aquila Arzobispo de Denver

La idea de que se les debe permitir a los católicos casarse de nuevo y comulgar no comenzó con la carta firmada por el cardenal Kasper y los miembros del episcopado alemán en 1993. Fue otro episcopado, el inglés –pionero en experimentar con la doctrina de la iglesia hace ya casi 500 años – cuando la pregunta no era si alguien católico puede casarse de nuevo, sino si el rey podía casarse otra vez; ya que su esposa, la reina, no le concibió un varón.

Así como hoy que hay algunos que abogan para que reciban la comunión aquellos que han entrado en una nueva unión civil, a los obispos ingleses les incomodó aceptar el divorcio y las nuevas uniones. En vez de ello, optaron por un arreglo especial dependiendo de la persona y la circunstancia, y se le concedió al rey Enrique VII la ‘anulación’ de su matrimonio bajo una premisa fraudulenta y sin que Roma lo sancionara.

Si el heroísmo «no es algo que debemos esperar del cristiano común y corriente» como lo ha expresado el cardenal Walter Kasper, ciertamente no era de esperarlo tampoco del rey de Inglaterra. En vez de ello, fueron argumentos en base a su función -como cuestiones de satisfacción personal y del bienestar de la nación- lo que consiguieron su divorcio; y al rey de Inglaterra no se le puede molestar con pequeñeces y pedirle que no comulgue porque vive un matrimonio irregular.

El cardenal inglés Wolsey y los obispos del país -con excepción del obispo John Fisher de Rochester- apoyaron el intento del rey de anular su matrimonio legítimo. Así como Fisher, el canciller del rey que era laico, Thomas More, se negó apoyarlo. Ambos murieron mártires y años más tarde fueron canonizados.

«El matrimonio del rey y la reina que no lo separe ni Dios ni el hombre», dijo Fisher y manifestó públicamente su indisolubilidad, añadiendo que por este ‘principio’ estaba dispuesto a dar su vida. Además afirmó que para San Juan Bautista fue una causa ‘no menos gloriosa’ dar su vida por el matrimonio «a pesar que entonces el matrimonio no tenía la connotación que tiene ahora que Cristo ha derramado su sangre por la iglesia».

Tomás Moro, San Juan Bautista y Fisher, fueron decapitados. Hoy los llamamos ‘santos’.

Durante el sínodo de la familia que se está llevando a cabo en Roma, algunos obispos alemanes y sus partidarios están presionando a la iglesia que permita a los divorciados y vueltos a casar el poder comulgar y recibir el cuerpo de Cristo, mientras que otros obispos del mundo insisten que la iglesia no puede cambiar la enseñanza de Cristo. Ello nos cuestiona: ¿Creen los obispos alemanes que Santo Tomás Moro y John Fisher sacrificaron sus vidas en vano?

Jesús demuestra en su enseñanza que el sacrificio y la virtud heroica son necesarios para seguirle. Cuando leemos el Nuevo Testamento con el corazón abierto, un corazón que no antepone al mundo y la historia primero que el evangelio y la tradición, puede verse el costo de ser su discípulo; al que cada uno ha sido llamado. Les vendría bien a los obispos alemanes leer El precio de la gracia del mártir luterano Dietrich Bonhoeffer, ya que lo que ellos fomentan es una ‘gracia barata’ en vez de la ‘gracia que se recibe a un alto precio’, y hasta hacen caso nulo de las palabras de Jesús: «Si alguno quiere venir en pos de mí, niéguese a sí mismo, tome su cruz y sígame» (Mc 8, 34; Lc 14, 25-27; Jn 12, 24-26).

Pensemos por ejemplo, en la mujer adúltera que los fariseos llevaron a Jesús para tenderle una trampa, lo primero que hizo fue protegerla ante sus acusadores y lo segundo invitarla a dejar su pecado diciéndole «vete» y le mandó «en adelante, no peques más».

La iglesia católica que sigue las palabras de Cristo mismo enseña que el divorcio y las nuevas uniones son sencillamente adulterio llamado de forma distinta y debido a que la comunión está reservada para el católico que vive en estado de gracia, aquellos que viven situaciones irregulares no pueden participar en ese aspecto de la iglesia; no obstante, son bienvenidos en las parroquias y a la Eucaristía misma.

El pasado mes de mayo, el cardenal Kasper dijo en una entrevista al Commonweal: «no puedo decir si se vive en adulterio», cuando un cristiano divorciado y arrepentido se involucra en «relaciones sexuales» en nueva unión. En vez de ello, cree que «es posible la absolución.»

Sin embargo, Cristo llamó claramente adulterio a casarse de nuevo y dijo que es pecado (Mt 5,32; Mc 10,12; Lc 16,18). En el caso de la samaritana (Juan 4,1-42), Jesús también confirmó que casarse otra vez no es válido, aunque existan sentimientos de sinceridad y fidelidad.

Si añadimos a la ecuación el gran porcentaje de fracasos de nuevas uniones subsecuentes al divorcio, nadie podría decirnos adónde nos llevaría la lógica del cardenal Kasper. Por ejemplo, ¿debería permitirse la comunión sacramental solamente a aquellos que entran en nueva unión por primera vez? , y ¿qué de los que se han casado una o dos veces? Obviamente los mismos argumentos que usamos para diluir las prohibiciones de la enseñanza de Cristo sobre el matrimonio también pueden aplicarse al uso de anticonceptivos y cualquier otro aspecto de la teología apostólica romana que el mundo moderno y egoísta considere ‘difícil’.

El predecir hacia dónde nos llevaría todo esto no es cuestión de augurar el futuro, sino simplemente de mirar al pasado. Simplemente veamos a la iglesia Anglicana que abrió sus puertas -hasta acoger en su seno- el uso de anticonceptivos y que permite desde el siglo XX -ya por más de una década y hasta ahora- el divorcio y el volverse a casar en algunos casos.

El ‘plan B’ de los obispos alemanes de ‘hacer las cosas a su manera’ en Alemania, aunque vaya en contra de la iglesia misma, contiene las mismas fallas. Hasta ‘suena raro’, como anglicano. Solo piensen en las palabras que dijo aquél que está a la cabeza de la conferencia episcopal alemana, el cardenal Marx, a quien la revista National Catholic Register cita diciendo que la iglesia de Alemania puede seguir en comunión con Roma en cuestión de doctrina pero que en términos del cuidado pastoral para casos individuales «el sínodo no puede determinar en detalle lo que debemos hacer en Alemania». Ciertamente Enrique VIII estaría muy de acuerdo con ellos.

«No somos una subsidiaria de Roma» refuta el cardenal Marx. «Cada conferencia episcopal es responsable del cuidado pastoral de su propia cultura y debe proclamar el evangelio de manera propia y única. No podemos esperar que el sínodo dictamine algo, ya que debemos procurar el ministerio familiar y el matrimonio aquí y ahora».

También los anglicanos exigieron esa autonomía, a pesar de tener como resultados la división y falta de miembros de sus comunidades.

No puede negarse que la iglesia debe ir en pos de los que están al margen de la fe y la misericordia, pero la misericordia siempre habla con la verdad, nunca dispensa el pecado y reconoce que la cruz está al centro del Evangelio. Podemos recordar las palabras de san Juan Pablo II –que el Papa Francisco citó en su canonización y lo llamó el Papa de la familia», quien escribiera extensamente sobre la misericordia dedicando una encíclica al tema y estableciendo La fiesta a la Divina Misericordia. Para San Juan Pablo II la misericordia es un tema central para ser leído en contexto de la verdad y a la luz de la escritura, y no en contraposición a ella.

Sobre las nuevas uniones y otros temas podría decirse que la enseñanza de la iglesia, que es lo que predicó Jesucristo, es sencilla. Pero Cristo mismo no cambió ninguna de sus enseñanzas para evitar que sus discípulos le abandonasen – ya fuere sobre la Eucaristía o el matrimonio (Jn 6, 60-71; Mt 19, 3-12). Tampoco John Fisher cambió su postura para que el rey siguiese siendo católico.

No tenemos que encontrar más ejemplos sino considerar las palabras de Cristo mismo y San Pedro en el capítulo 6 del Evangelio de Juan, versículos que nos recuerdan que la enseñanza de la Eucaristía es difícil de aceptar incluso para los creyentes.

«El espíritu es el que da vida; la carne no sirve para nada. Las palabras que os he dicho son espíritu y son vida. Pero hay entre vosotros algunos que no creen».

«Por esto os he dicho que nadie puede venir a mí si no se lo concede el Padre». Desde entonces muchos de sus discípulos se volvieron atrás y ya no andaban con él. Jesús dijo a los Doce: «¿También vosotros queréis marcharos?» Le respondió Simón Pedro: «Señor, ¿a quién vamos a ir? Tú tienes palabras de vida eterna»…

Como sus discípulos estamos llamados a oír la voz de Jesús antes que la del mundo, la cultura o la historia. La voz de Jesús disipa con su luz las tinieblas del mundo y las culturas. Oremos y pidamos que todos aquellos que están atentos a la voz del Padre escuchen las palabras de vida eternal ¡sin importar lo difícil que sea!

 

+ Samuel Joseph Aquila, arzobispo de Denver

Publicado originalmente en Denver Catholic

Traducido por Marisol Rusell, del equipo de traductores de InfoCatólica

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Péter Fülöp Kocsis, arzobispo de Hajdúdorog (Hungría), y mayor líder jerárquico de la Iglesia Grecocatólica Húngara, con más de 300.000 fieles organizados en 3 diócesis de rito orientalha animado a los padres sinodales a denunciar con claridad el “feroz y enorme ataque” del diablo contra la familia.
Fuente: ReL 16 octubre 2015

“Debemos decir con claridad que en nuestro muy malcriado mundo, la familia y el hombre de buena voluntad con buenas intenciones está bajo ataque, bajo un feroz y enorme ataque. Y este ataque es del diablo”, afirmó en el sínodo, según un resumen que hizo circular.

“Debemos llamar por su nombre a estas fuerzas diabólicas que tienen un rol que jugar con estos fenómenos, porque de esta forma podemos encontrar algunas indicaciones incluso para la búsqueda de posibles soluciones”, dijo.

El arzobispo húngaro destacó que “podemos ver claramente que en realidad se requiere una lucha espiritual para combatir los ataques de Satanás en nuestros tiempos”. “Desearía ver un marcado énfasis de esta lucha espiritual, incluso en la parte final del documento (del Sínodo), donde las propuestas y soluciones posibles deben ser formuladas”, pidió.

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Círculos menores: «Faltan referencias a la castidad, la virginidad, la santidad y la espiritualidad de la familia»

Los círculos menores han debatido durante tres días y estas propuestas darán ideas para la redacción del Documento final. Este documento se hará público o menos, según decida el papa Francisco. No es vinculante, como podría ser en un parlamento, y le servirá solamente como punto de indicación al Santo Padre, que decidirá como sucesor de Pedro lo que sea más conveniente para el bien de la Iglesia: un documento magisterial o una exhortación.

InfoCatólica 15/10/15 7:50 AM

(Zenit) El círculo menor de lengua española moderado por el cardenal Francisco Robles Ortega y cuyo relator es monseñor Baltazar Enrique Porras Cardozo ha considerado que la segunda parte del Instrumetum Laboris contiene muchos elementos positivos sobre el discernimiento de la vocación familiar, pero advierten que «se echa de menos su falta de conexión directa con la primera parte» y que «se tratan muchos aspectos sin una conexión más orgánica y lógica de los asuntos tratados».

Aseguran que se respeta metodológicamente el Instrumentum Laboris, pero se desearía que «el documento final pudiera reordenar mejor los temas, pues hay muchas repeticiones en diversos números que deben ser vistos con mayor atención para una mejor distribución de cada uno de los acápites».

Sobre el capítulo segundo se insistió en la dimensión misionera de la familia. En el capítulo tercero han notado «una carencia en referencia a la necesaria misericordia para con los hijos que sufren las consecuencias de la violencia intrafamiliar, el abandono, el divorcio de sus padres, etc.». Y se dio un interés particular «sobre el tema de la juventud con sus valores positivos y las deficiencias de cara al matrimonio».

Asimismo, precisan que a los miembros del grupo les pareció «que hay ausencias significativas o pocas referencias en esta parte en temas como la castidad y la virginidad, la santidad y la espiritualidad de la familia». Igualmente, asumen las «deficiencias de una pastoral orgánica y familiar más incisiva, señalando los logros y realizaciones como las ausencias».

Para concluir, se muestran conscientes de la compleja y diversa realidad existente en nuestros países, «por lo que la iluminación de esta parte debe ser amplia para dar cabida a respuestas ajustadas a los diversos escenarios».

Círculo del cardenal Maradiaga

El grupo moderado por el cardenal Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga y cuyo relator es el cardenal José Luis Lacunza Maestrojuán, indica que sería oportuna «una definición de la Familia, bien sea como la de Gaudium et Spes #52 u otros documentos como Familiaris consortio». Asimismo precisan que «la misericordia de Dios no se puede condicionar, siempre lleva la delantera. Santo Tomás dice al respecto que, en Dios, la misericordia es la máxima virtud y el perdón es la más alta manifestación del poder divino. El perdón que Jesús nos ganó en la cruz no tuvo ninguna condición».

Además, señalan que «la misericordia hay que entenderla en relación con el amor ya que es su manifestación, y la Iglesia prolonga el dinamismo misericordioso de la Encarnación».

Por otro lado, aseguran que «hay que poner acento en la gradualidad y procesualidad» para entender cómo Dios comunica la gracia teniendo en cuenta a cada persona, y que «progresivamente, en comunidad, corrige, acompaña y perdona». En sus propuestas, también observan que «el plan divino es único, por lo tanto habría que hablar del matrimonio en sí, sin las distinciones».

Piden que «tengamos en cuenta la analogía entre la Familia y la Iglesia: así como la Iglesia es sacramento de salvación, la Familia cristiana debe ser un signo visible y participativo de la Iglesia». Por eso recuerdan que «hay varios grados de sacramentalidad del matrimonio: natural, alianza, cristiano». Del mismo modo, aseguran que «la fidelidad de Dios se derrama en el sacramento del matrimonio, pero al modo humano: quidquid recipitur, ad modum recipientis recipitur» (lo que recibe una persona, lo recibe según su capacidad natural). Y añaden que «la fidelidad indisolubilidad es un misterio que incluye la fragilidad».

Recuerdan que «el sacramento del matrimonio es el único en el que se exige la actualización de lo escatológico». Así como que «no tenemos una teología de la familia sino del matrimonio y más vinculada a lo moral. El Magisterio debería presentar el Evangelio de la familia en forma orgánica e integrada».

Este círculo menor explica que «la espiritualidad matrimonial nace de la presencia de Dios en medio de los esposos» y «los padres son los primeros catequistas y siendo la familia Iglesia doméstica».Añaden que «lamentablemente, los padres han perdido la capacidad de transmitir la fe, con lo cual se llega a comunidades formales o que desarrollan una sola dimensión de la vida cristiana».    

Por otro lado, reiterando que hay varios grados de sacramentalidad del matrimonio: natural, alianza, cristiano, aseguran que «no se puede desconocer que hay muchos valores positivos en otros tipos de familia».

Y además advierten que es necesario hablarle a los jóvenes sobre el matrimonio, no desde la perspectiva del miedo. Es una cuestión antropológica, indican: viven al día, no encaja con su manera de pensar el ‘para siempre’, no se lo plantean. Y consideran que un certificado no hace el matrimonio y con tantas formalidades muchas veces, identifican formalidad con hipocresía».

Aunque también reconocen que no basta decir que los jóvenes «tienen miedo o no se atreven», porque contradice «la experiencia de tantos que aceptan el riesgo del voluntariado o se arriesgan por razones políticas u otras luchas».

Finalmente, concluyen reconociendo que «además de la falta de una Teología de la Familia« pareciera que «nos limitamos a repetir cosas obvias, pero faltan ideas clave y motoras».

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2015 10 15

Intervención en el Sínodo Ordinario de la familia el 10 de octubre de 2015 de Mons. Tomash Peta, Arzobispo de Astana (Kazajistán)

InfoCatólica Juanjo Romero, el 15.10.15 a las 7:03 PM

Dio permiso a Voice of the Family para reproducirlo.

El Beato Pablo VI dijo en 1972:

«A través de alguna grieta ha entrado, el humo de Satanás en el templo de Dios»

Estoy convencido de que estas palabras del Santo Padre, autor de la «Humanae Vitae» fueron proféticas. Durante el Sínodo del año pasado, «el humo de Satanás» estaba tratando de entrar en el aula Pablo VI.

Concretamente en

  1. la propuesta de admitir a la Sagrada Comunión a los que están divorciados y viven en las nuevas uniones civiles;
  2. la afirmación de que la cohabitación es una unión que puede tener en sí misma algunos valores;
  3. la defensa de la homosexualidad como algo que es supuestamente normal.

Algunos padres sinodales no han entendido bien la llamada de Francisco a una discusión abierta y han comenzado a presentar ideas que contradicen la tradición bimilenaria de la Iglesia, arraigada en la Palabra Eterna de Dios. Por desgracia, todavía se puede percibir el olor de este «humo infernal» en algunos puntos del «Instrumentum Laboris» y también en las intervenciones de algunos padres sinodales este año.

A mi juicio, la principal tarea de un Sínodo consiste en señalar una vez más el Evangelio del matrimonio y la familia y el significado de las enseñanzas de Nuestro Salvador. No está permitido destruir el fundamento, destruir la roca.

Que el Espíritu Santo, que siempre triunfa en la Iglesia, nos ilumine a todos nosotros en la búsqueda del verdadero bien de las familias y para el mundo.

¡María, Madre de la Iglesia, ruega por nosotros!

+ Tomash Peta Arzobispo de Astana (Kazajistán), su intervención en el Sínodo Ordinario de la familia el 10 de octubre de 2015

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El cardenal arzobispo de Nueva York, Timothy Dolan explica la historia de la carta al papa Francisco firmada por varios cardenales

Mattia Ferraresi / Il Foglio 20 octubre 2015 ReL

La historia de la carta firmada por varios cardenales al papa Francisco la explica Mattia Ferraresi en Il Foglio, en su artículo"Mira cómo juega Dolan", sobre el cardenal arzobispo de Nueva York, Timothy Dolan, de 65 años, responsable de esa diócesis desde 2009 y presidente de la conferencia episcopal estadounidense entre 2010 y 2013:

La historia de la carta firmada
Cuando Dolan se encontró en medio de la “tormenta en un vaso de agua” de la famosa carta, como la ha definido, afrontó la controversia con su estilo habitual, que prescribe avanzar siempre, nunca hacia atrás, hablar abiertamente sin perderse en las desmentidas de los detalles, las cuales dan señales de abroquelamiento defensivo e incapacidad de diálogo.

En la Radio Sirius XM narró el trasfondo de la carta, que tampoco es un trasfondo. Explicó que de una conversación con el cardenal George Pell emergieron las preocupaciones puestas blanco sobre negro, que los trece cardenales firmaron e hicieron llegar al Papa: “Pell, en su buen modo perspicaz, dijo: ‘¿Digo bien si sintetizo así algunas preocupaciones?’. Y algunos de nosotros, incluido yo, dijimos: ‘Nos parece bien, si envía una carta al Papa puede contar con nosotros’, y efectivamente la firmé”.

En el sitio web Crux confirmó el hecho: “He dicho: aquí estamos, Padre. Nos ha pedido ser honestos y lo hemos sido. Él respondió a estas preocupaciones. Agradezco que haya prestado atención”.

Publicado en
Il Foglio.
Traducción de José Arturo Quarracino para Sandro Magister en
www.chiesa.espressonline.it

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El cardenal Müller asegura que la filtración de la carta de varios cardenales al Papa busca dividirles

Aci Prensa/InfoCatólica 13/10/15 1:29 PM

El Cardenal Gerhard Ludwig Müller, Prefecto de la Congregación para la Doctrina de la Fe, no ha querido confirmar ni desmentir que sea uno de los cardenales que firmó una carta entregada al Papa Francisco -y hecha pública por el vaticanista Sandro Magister- en la que expresan sus preocupaciones respecto al Sínodo. Sin embargo sí ha afirmado que la difusión del texto busca «dividirnos». «Esto es un nuevo vatileaks», ha sentenciado.

En una entrevista concedida al periódico italiano Il Corriere della Sera, también habla del acceso a la comunión de los divorciados vueltos a casar, así como de las supuestas tensiones que se viven en el Sínodo.

Sobre la supuesta carta firmada por un grupo de cardenales -que cuatro de ellos han desmentido haberlo hecho-, Müller responde que «yo no digo si he firmado o no» pero «el escándalo es que se haga pública una carta privada del Pontífice». «Esto es un nuevo vatileaks. Los actos privados del Papa son propiedad privada del Papa y de ningún otro. Ninguno puede publicarla, no sé cómo ha podido suceder, y quién lo ha hecho debería justificarlo».

Vatileaks es el término con el que los medios se referían a la filtración de los documentos privados del Papa Benedicto XVI por un mayordomo del apartamento pontificio en el año 2012 y que fueron publicados en un libro por el italiano Gianluigi Nuzzi.

Sobre las intenciones de quien ha filtrado la carta enviada al Papa en esta ocasión, el cardenal Müller cree que pretende «sembrar conflictos, crear tensiones. Me parece claro».

No dejo que se ponga en duda mi obediencia y mi servicio al Papa y la Iglesia

Preguntado sobre las supuestas palabras del Papa Francisco a los miembros del Sínodo sobre una «hermenéutica conspirativa», el purpurado alemán dijo que «pienso que hablaba de quien sostiene que en la Curia Romana hay una oposición contra el Papa. Aquellos que dicen y escriben que hay lobos, que Francisco está rodeado de lobos». Esta «es una expresión ofensiva y criminal. Yo no soy un lobo contra el Papa. Conozco quién es el Papa y lo que significa el Primado mil veces mejor que quien dice estas cosas», agregó.

«Como Prefecto de la Congregación (de la Doctrina de la Fe) soy el primer colaborador del Santo Padre, no solo yo, sino todos los que forman parte de ella. Y no dejo que se ponga en duda mi obediencia y mi servicio al Papa y la Iglesia».

El Cardenal asegura que la verdadera conspiración es la de aquellos que dicen «somos amigos del Papa y esos de allí son enemigos». «Esta es la hermenéutica conspirativa. No conozco a ninguno aquí que esté contra el Papa».

Sobre el cuestionado funcionamiento de la asamblea sinodal, el Cardenal Müller expresa que «desde siempre el Sínodo discute cómo mejorar los procedimientos, todos tienen la libertad de dar su opinión sobre esto: el reglamento es humano, no una ley divina».

No existe pastoral sin doctrina: que es la enseñanza de Jesús, no una doctrina académica de teólogos

De las posibles tensiones entre los participantes opina que «había tensiones entre la doctrina y la pastoral, pero es la tarea del Sínodo ver estos dos aspectos juntos. Cada obispo católico, en su persona, es maestro de la fe y también pastor de la grey».

«La ortodoxia debe realizarse en la pastoral, pero no existe pastoral sin doctrina: que es la enseñanza de Jesús, no una doctrina académica de teólogos», añade.

«No es posible que todo sea representado como un enfrentamiento entre los que dicen ‘somos más liberales’ y obtienen el aplauso de la gente, y los que, al contrario, deben defender la doctrina revelada de Jesús y son los malos, los ‘conservadores’».

Por tanto, «creemos en un solo Dios, no puede existir contraste. No es que haya uno del Decálogo y otro de la misericordia. El Evangelio exige también la conversión de nuestra vida. La puerta es estrecha».

Sobre los divorciados en nueva unión, el Purpurado señaló que «las personas sufren porque sus matrimonios se han roto, no porque no puedan comulgar. Para nosotros el centro de la Eucaristía es la consagración, cada cristiano tiene el deber de ir a misa, pero no de comulgar. Concentrarse sólo en un punto no resuelve nada».

Sobre las situaciones concretas de esta realidad, dijo, «se puede discutir» pero «una regla general no es posible. El matrimonio es un sacramento y la Iglesia no tiene autoridad sobre un sacramento».

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La Oficina de Prensa vaticana le retira el pase de prensa a un sacerdote por reprocharle a un arzobispo sus declaraciones en el Sínodo y después se le denegó también a otro periodista

LifeSiteNews/InfoCatólica 13/10/15 11:40 AM

En medio de la constante preocupación por la supuesta «manipulación» que la Oficina de Prensa vaticana podría hacer sobre el mensaje del Sínodo de la Familia, la semana pasada le fue retirada la autorización de prensa a un sacerdote, el P. Nicholas Gregoris, que llevaba 15 años cubriendo noticias en el Vaticano. La revocación le al día siguiente de su réplica a un arzobispo una vez finalizada la conferencia de prensa del pasado 6 de octubre de 2015, sobre los comentarios que el prelado hizo del asunto de la comunión a los divorciados vueltos a casar.

Las declaraciones del arzobispo Paul-Andre Durocher llegaron en respuesta a la pregunta de un periodista sobre si el referido asunto concierne a la disciplina de la Iglesia –que potencialmente podría cambiar- o a la doctrina, que es fija.

«Para ser sincero, puede que haya diferencias de opinión a ese respecto», dijo Durocher. «Seamos sinceros. ¿Es una cuestión de doctrina, o de disciplina? Creo que esa va a ser, probablemente, una de las cuestiones que será debatida en los círculos menores».

Y añadió: «Si quiere doctrina, lea a Denzinger».

Cuando el arzobispo Durocher salía de la conferencia de prensa, el padre Nicholas Gregoris se acercó a él y le preguntó sobre sus declaraciones.

«Le dije que creo que es muy peligroso afirmar que la Iglesia puede cambiar sus enseñanzas sobre divorcio y comunión», reveló el padre Gregoris a LifeSiteNews. En concreto, el sacerdote le recordó al arzobispo que «el conciliarismo es una herejía», refiriéndose a la idea de que el consejo eclesial pueda cambiar la doctrina establecida independientemente del papa.

El padre Gregoris admitió que se encontraba «inquieto» por los comentarios del arzobispo, pero adujo que «hablar apasionadamente» no es un crimen.

El arzobispo le ignoró

Según aseguran el propio sacerdote y otros testigos, el arzobispo Durocher respondió muy brevemente y se fue.

«[No dijo] nada sustancial en respuesta a mis críticas», explicó el sacerdote. «Básicamente me ignoró y me dio la espalda».

«Como Obispo, como alguien que forma parte del Magisterio, flaco servicio le hizo al Magisterio con sus actos», explicó. «Es embarazoso y ridículo. Deberíamos poder oír la verdad de nuestros obispos».

Expulsado sin explicación

El 7 de octubre, cuando el padre Gregoris volvía a la sala Stampa para la conferencia de prensa de la una de la tarde, se le detuvo y se le indicó que debía devolver su autorización de prensa. «Me dijeron que ya no era bienvenido en la Sala Stampa y tuve que irme», contó el padre Gregoris.

«No me dieron ninguna explicación», añadió. «El (portavoz vaticano) padre Lombardi no me dijo nada. Fueron dos representantes suyos». Dijo que fue «embarazoso», especialmente por el hecho de que él llevaba alzacuellos, y porque todo había ocurrido delante de otros colegas.

El padre Gregoris está en Roma como corresponsal freelance de Catholic World Report, Catholic Voice de Irlanda y The Catholic Response, y ha escrito previamente en numerosos medios, incluído L’Osservatore Romano, el periódico del Vaticano.

Asimismo, ha ido a Roma desde su juventud, y se doctoró en teología por una universidad romana. Fue ordenado sacerdote en 1997 y empezó a cubrir eventos en el Vaticano en 1999. Durante el Sínodo Extraordinario de la Familia, el año pasado, escribió para Catholic News Service.

Este martes, 12.10.2015, el padre Gregoris publicó un artículo en Catholic World Report en el que expresa su preocupación sobre una intervención del Papa Francisco en la sala sinodal. Considera que esta intervención del papa debilita el sólido informe que el Cardenal Peter Erdo presentó en la apertura del Sínodo, el pasado lunes, 5.10.2015. Hacia el final del artículo, critica los comentarios del arzobispo Durocher sobre la comunión a divorciados vueltos a casar.

«Creo que es mala señal si no podemos tener libertad de expresión», dijo a LifeSiteNews. «No creo que las emociones sean un crimen. Si alguien me habla apasionadamente de un tema, no me lo voy a tomar personalmente. Podemos discrepar, podemos tener libertad de expresión».

«No creo que el Vaticano deba actuar como la Gestapo», añadió. «Han hecho una montaña de un grano de arena. Lo han empeorado».

El padre Gregoris añadió también que varios periodistas se acercaron a él después del incidente «y me dieron las gracias por tener el valor de decir lo que dije».

A una pregunta de LifeSiteNews sobre su comentario, el arzobispo Durocher contestó que «no tenía nada que ver con eso y no tenía ningún comentario que hacer». La oficina de prensa vaticana no ha querido responder a nuestras preguntas.

LifeSiteNews ha podido saber que, después de que el padre Gregoris perdiera su credencial, se le denegó también a otro periodista, en este caso de una revista católica ortodoxa estadounidense.

Traducido por Cristina Moreno Alconchel, del equipo de traducción de InfoCatólica

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El Cardenal Sarah en el Sínodo Ordinario de la Familia, octubre 2015

Fuente: NCRegister/InfoCatólica 14/10/15 8:22 AM

Traducción por Fernando Martín López Avalos del equipo de traducción de InfoCatólica

"Hay nuevos retos con respecto al sínodo celebrado en 1980. Un discernimiento teológico nos hace capaces para visualizar en nuestra época dos amenazas inesperadas (casi como dos «bestias apocalípticas») ubicadas en polos opuestos: por una parte, la idolatría occidental de la libertad: por otra, el fundamentalismo: el secularismo ateo versus fanatismo religioso. Para usar un lema, nos encontramos nosotros mismos entre «la ideología de género e ISIS.»

A partir de estas dos radicalizaciones surgen las dos mayores amenazas para la familia: su desintegración subjetivista en el occidente secularizado a través del acceso rápido y fácil al divorcio, al aborto, a las uniones homosexuales, a la eutanasia, etcétera (cf. La teoría de género, el FEMEN, los grupos de presión LGBT, IPPF…). Y, en el otro extremo, la seudo familia del Islam ideologizado, la cual legitima la poligamia, la servidumbre de la mujer, la esclavitud sexual, el matrimonio infantil (cf. Al Qaeda, Isis, Boko Haram…).

Son varias las claves que nos permiten intuir el mismo origen demoníaco de estos dos movimientos. A diferencia del Espíritu de Verdad que promueve la comunión en la diversidad (perichoresis), aquéllas promueven la confusión (homo-gamia) o la subordinación (poli-gamia). Además, se caracterizan porque son «violentamente intolerantes, destructores de las familias, de la sociedad y de la Iglesia, y son abiertamente cristianofóbicos».

«No estamos luchando contra creaturas de carne y sangre... Necesitamos ser incluyentes y dar la bienvenida a todo lo que sea humano; pero lo que viene del Enemigo no puede y no debe ser asimilado». «¡No puedes unirte a Cristo y a Belial. Lo que el nazismo fascista y el comunismo fueron en el siglo XX, lo son hoy en día las ideologías homosexual y abortista en occidente y el fanatismo islámico".

Intervención de Robert Cardenal Sarah, Prefecto de la Congregación para el Culto Divino y la Disciplina de los Sacramentos, en el Sínodo Ordinario de la Familia, octubre 2015

Fuente: NCRegister/InfoCatólica 14/10/15 8:22 AM

Traducción por Fernando Martín López Avalos del equipo de traducción de InfoCatólica

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Carta de (trece) 9 cardenales al Papa sobre el desarrollo del sinodo. 4 Erdö, Piacenza, Scola y Vingt-Trois desmienten haber firmado

Sandro Magister informa que el lunes 5 de octubre, apenas iniciados los trabajos del sínodo sobre la familia, el cardenal George Pell entregó al Papa Francisco una carta firmada por él y otros doce cardenales, todos ellos presentes en el aula sinodal. Los trece firmantes recubren funciones de gran importancia en la jerarquía de la Iglesia y tres de ellos forman parte de la presidencia del sínodo.

12/10/15 3:29 AM

(Sandro MagisterNota del Editor: Este artículo fue actualizado después de la publicación inicial.

«Un portavoz de Cardenal Pell dijo que existe un fuerte acuerdo en el Sínodo sobre la mayoría de los puntos, pero obviamente hay un cierto desacuerdo porque elementos minoritarios quieren cambiar las enseñanzas de la Iglesia sobre las debidas disposiciones necesarias para la recepción de la Comunión.

Obviamente no hay ninguna posibilidad de cambio en esta doctrina.

Una carta privada debe permanecer privada, pero parece que hay errores en el contenido y la lista de firmantes.

El cardenal es consciente de que persiste la preocupación entre muchos de los padres sinodales sobre la composición del comité de redacción de la Relatio final y sobre el proceso por el cual será presentada a los padres sinodales y votada»

Entre ellos están, en orden alfabético:

En la carta, concisa y clarísima, los trece cardenales sometían a la atención del Papa las serias «preocupaciones» que ellos y otros padres sinodales tienen sobre la metodología del sínodo, según ellos «configurada para facilitar unos resultados predeterminados sobre cuestiones importantes que son objeto de controversia», como también acerca del «Instrumentum laboris», considerado inadecuado como «texto guía o fundamento de un documento final».

He aquí a continuación el texto de la carta, traducido del original en inglés.

Santidad,

Mientras inicia el Sínodo sobre la familia, y con el deseo de verlo servir provechosamente a la Iglesia y a usted en su ministerio, respetuosamente le pedimos que tome en consideración una serie de preocupaciones que tienen otros padres sinodales y que nosotros compartimos.

Si bien el documento preparatorio del Sínodo, el «Instrumentum laboris», tiene puntos admirables, también tiene secciones que se beneficiarían de una sustancial reflexión y reelaboración. La nueva metodología que guía el sínodo parece asegurar una excesiva influencia sobre las deliberaciones del sínodo y el documento sinodal final. Tal y como está, y dada la preocupación que han expresado muchos padres acerca de varias secciones problemáticas del mismo, el «Instrumentum» no puede servir de manera adecuada como texto guía o fundamento de un documento final.

Algunos ambientes considerarán que a la nueva metodología sinodal le falta apertura y genuina colegialidad. En el pasado, el método de presentar propuestas y votarlas tenía como valioso fin saber la posición de los padres sinodales. La ausencia de propuestas y de las correspondientes discusiones y votaciones parecer desalentar un debate abierto y limitar las discusiones a los «circoli minori»; por consiguiente, nos parece urgente que se restablezca la redacción de propuestas que deberán ser votadas por todo el sínodo. Votar un documento final llega demasiado tarde en el proceso para una revisión total del mismo y un ajuste serio del texto.

Además, la falta de participación de los padres sinodales en la composición del comité de redacción ha creado un notable malestar. Sus miembros han sido nombrados, no elegidos, sin consulta previa. Del mismo modo, cualquiera que forme parte de la redacción de cualquier texto a nivel de los «circoli minori» debería ser elegido, no nombrado.

A su vez, estos hechos han creado el temor de que la nueva metodología no siga el espíritu tradicional y la finalidad de un sínodo. No se entiende la necesidad de estos cambios en la metodología. A un determinado número de padres les parece que la nueva metodología está configurada para facilitar unos resultados predeterminados sobre cuestiones importantes que son objeto de controversia.

Por último, y es tal vez lo más urgente, varios padres han expresado su preocupación de que un sínodo planificado para afrontar una cuestión pastoral vital -reforzar la dignidad del matrimonio y la familia- pueda llegar a estar dominado por el problema teológico/doctrinal de la comunión a los divorciados que se han vuelto a casar por lo civil. Si así fuera, esto inevitablemente levantaría cuestiones aún más fundamentales sobre cómo la Iglesia, en su camino, debería interpretar y aplicar la Palabra de Dios, sus doctrinas y sus disciplinas a los cambios en la cultura. El colapso de las iglesias protestantes progresistas en la época moderna, acelerado por su abandono de los elementos clave de la fe y de la práctica cristiana en nombre de la adaptación pastoral justifica una gran cautela en nuestras discusiones sinodales.

Santidad, le ofrecemos estos pensamientos en un espíritu de fidelidad y le agradecemos que los tome en consideración.

Fielmente suyos en Jesucristo

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Rexjhs

Desde luego, la paciencia tiene un límite: que el Papa incluyese de nuevo en el Instrumentum laboris para este Sínodo los párrafos pro homosexualidad y pro comunión de divorciados no aprobados por la mayoría necesaria el año pasado; que haya nombrado él mismo a los coordinadores y secretarios del Sínodo; que haya nombrado nada menos que a 45 sinodales de oficio (la mayoría de ellos de discutible ortodoxia); que impida que los fieles sepamos quién ha dicho qué cosa, con la excusa de que así el Espíritu Santo!! se manifiesta con mayor libertad en ellos (como si decir cualquier cosa contraria a la doctrina o pastoral de la Iglesia estuviese inspirado por el Espíritu Santo); nombrar él mismo a la comisión que debe hacer la Relatio final; imponer a los relatores de los Círculos menores... Todo tiene un límite Santo Padre. 12/10/15 4:24 AM

Rexjhs

Cito a Sandro Magister y al Cardenal Tagle:

"(Magister) Pero el cardenal Tagle, exponente de relieve de los innovadores, ha dicho también en la rueda de prensa del 9 de octubre, con visible satisfacción:

"(Tagle) El nuevo método adoptado por el sínodo probablemente ha causado un poco de confusión, pero es bueno estar confundidos de vez en cuando. Si las cosas están siempre claras, ya no sería la vida de verdad".

Ya sabemos que hay algunos a los que le gusta la confusión y las tinieblas... Señoría, no tengo más que decir (mío). 12/10/15 4:33 AM

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Hermenegildo En su blog personal "Settimo Cielo", Sandro Magister ha dado más detalles: "el Cardenal Erdo — autor de un notable discurso general introductorio el día 5 de octubre, que generó pánico entre los innovadores– no ha vuelto a recibir el micrófono para presentar las tres partes del Instrumentum, y las intervenciones en la Sala siguieron adelante por su cuenta. Resultando en que, el sábado 10 de octubre, la [discusión sobre la] Tercera Parte [del Instrumentum], la [parte] más atractiva con los platos fuertes del divorcio y la homosexualidad, comenzó a debatirse en la Sala mientras que en los grupos separados por idioma la discusión se centrará, hasta el miércoles 14, en la Segunda Parte del documento".

Esto recuerda uno de los momentos más trágicos del Vaticano II, cuando el Cardenal Liénart cortó el micrófono al Cardenal Ottaviani, Prefecto del Santo Oficio. 12/10/15 6:05 AM

Una

Trece padres sinodales, cardenales y obispos, dieron a entender que el Sínodo estaba, de alguna manera, «piloteado» por la Secretaría general (y en última instancia por el Papa), para que tomara una dirección aperturista. Fueron dos las quejas concretas: la hipótesis de que los moderadores y relatores de los «circuli minores» fueran designados por la Secretaría, es decir ‘desde arriba’, con nombramientos capaces de influir en el debate.
Y la falta de una elección para designar a los miembros de la comisión encargada de escribir el documento final.


El 6 de octubre, después de que Baldisseri desmintiera estas teorías redactadas en la carta (ver publicación), tomó la palabra Francisco, el cual, citó a la «hermenéutica conspirativa», y la definió como la «más débil sociológicamente» y, «teológicamente, la que mayores divisiones provoca.

Sus palabras fueron recibidas con un aplauso. 12/10/15 6:12 AM

Dahrendorf

Interpreto que la intervención por sorpresa del Papa fue para hacer referencia a esta carta. Aclaración que me dejó un sabor agridulce. También hay que hablar de las declaraciones del cardenal Napier, uno de los firmantes, diciendo que se alejaba la perspectiva de una manipulación del Sínodo. Aunque no sé cómo casa eso con los hechos. Porque parece que, efectivamente, el cardenal Erdo no va a poder volver a intervenir y que es muy probable que no haya texto final. Por no hablar de las declaraciones casi despreciativas del padre Spadaro y de algún otro padre sinodal. Que es lo que peor sensación me dio. No por lo que dijo, sino por el tono altanero y confrontacional en el que se dijo. En fin, a seguir rezando. Por lo menos no hay conformismo. 12/10/15 4:55 PM

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Carta del 5.10.2015 de (trece) 9 cardenales al Papa sobre el desarrollo del sinodo, Erdö, Piacenza, Scola y Vingt-Trois desmienten haber firmado

Sandro Magister / Espressonline.it

12 octubre 2015 ReL

El lunes 5 de octubre, apenas iniciados los trabajos del sínodo sobre la familia, el cardenal George Pell entregó al Papa Francisco una carta firmada por él y otros doce cardenales, todos ellos presentes en el aula sinodal.

Los trece firmantes recubren funciones de gran importancia en la jerarquía de la Iglesia y tres de ellos forman parte de la presidencia del sínodo.

En orden alfabético son:

-Carlo Caffarra, arzobispo de Bolonia, Italia, teólogo, anteriormente presidente del Pontificio Instituto Juan Pablo II para estudios sobre el matrimonio y la familia;

-Thomas C. Collins, arzobispo de Toronto, Canadá;

-Timothy M. Dolan, arzobispo de Nueva York, Estados Unidos;

-Willem J. Eijk, arzobispo de Utrecht, Holanda;

NO-Péter Erdõ, arzobispo de Esztergom-Budapest, Hungría, presidente del consejo de las conferencias episcopales de Europa y relator general del sínodo en curso, como lo fue también de la precedente sesión de octubre de 2014;

-Gerhard L. Müller, anteriormente obispo de Ratisbona, Alemania, y desde 2012 prefecto de la congregación para la doctrina de la fe;

-Wilfrid Fox Napier, arzobispo de Durban, Sudáfrica, presidente delegado del sínodo en curso, como lo fue también de la precedente sesión de octubre de 2014;

-George Pell, arzobispo emérito de Sydney, Australia, y desde 2014 prefecto en el Vaticano de la secretaría para la economía;

NO-Mauro Piacenza, Genova, Italia, anteriormente prefecto de la congregación para el clero y desde 2013 penitenciario mayor;

-Robert Sarah, anteriormente arzobispo de Conakry, Guinea, y desde 2014 prefecto de la congregación para el culto divino y la disciplina de los sacramentos;

NO-Angelo Scola, arzobispo de Milán, Italia;

-Jorge L. Urosa Savino, arzobispo de Caracas, Venezuela;

NO-André Vingt-Trois, arzobispo de París, Francia, presidente delegado del sínodo en curso, como lo fue también de la precedente sesión de octubre de 2014.

(Actualización de ReL - A lo largo de la mañana del lunes
cuatro cardenales han negado haber firmado la carta: Erdö, Piacenza, Scola y Vingt-Trois.)

En la carta, concisa y clarísima, los trece cardenales sometían a la atención del Papa las serias "preocupaciones" que ellos y otros padres sinodales tienen sobre la metodología del sínodo, según ellos "configurada para facilitar unos resultados predeterminados sobre cuestiones importantes que son objeto de controversia", como también acerca del Instrumentum laboris, considerado inadecuado como "texto guía o fundamento de un documento final".

He aquí a continuación el texto de la carta, traducido del original en inglés.

Texto íntegro de la carta al Papa de los 13 cardenales
(las negritas son de ReL)

Santidad,

Mientras inicia el Sínodo sobre la familia, y con el deseo de verlo servir provechosamente a la Iglesia y a usted en su ministerio, respetuosamente le pedimos que tome en consideración una serie de preocupaciones que tienen otros padres sinodales y que nosotros compartimos.

Si bien el documento preparatorio del Sínodo, el Instrumentum laboris, tiene puntos admirables, también tiene secciones que se beneficiarían de una sustancial reflexión y reelaboración. La nueva metodología que guía el sínodo parece asegurar una excesiva influencia sobre las deliberaciones del sínodo y el documento sinodal final. Tal y como está, y dada la preocupación que han expresado muchos padres acerca de varias secciones problemáticas del mismo, el Instrumentum no puede servir de manera adecuada como texto guía o fundamento de un documento final.

Algunos ambientes considerarán que a la nueva metodología sinodal le falta apertura y genuina colegialidad. En el pasado, el método de presentar propuestas y votarlas tenía como valioso fin saber la posición de los padres sinodales. La ausencia de propuestas y de las correspondientes discusiones y votaciones parecer desalentar un debate abierto y limitar las discusiones a los circoli minori; por consiguiente, nos parece urgente que se restablezca la redacción de propuestas que deberán ser votadas por todo el sínodo. Votar un documento final llega demasiado tarde en el proceso para una revisión total del mismo y un ajuste serio del texto.

Además, la falta de participación de los padres sinodales en la composición del comité de redacción ha creado un notable malestar. Sus miembros han sido nombrados, no elegidos, sin consulta previa. Del mismo modo, cualquiera que forme parte de la redacción de cualquier texto a nivel de los circoli minori debería ser elegido, no nombrado.

A su vez, estos hechos han creado el temor de que la nueva metodología no siga el espíritu tradicional y la finalidad de un sínodo. No se entiende la necesidad de estos cambios en la metodología. A un determinado número de padres les parece que la nueva metodología está configurada para facilitar unos resultados predeterminados sobre cuestiones importantes que son objeto de controversia.

Por último, y es tal vez lo más urgente, varios padres han expresado su preocupación de que un sínodo planificado para afrontar una cuestión pastoral vital -reforzar la dignidad del matrimonio y la familia- pueda llegar a estar dominado por el problema teológico/doctrinal de la comunión a los divorciados que se han vuelto a casar por lo civil. Si así fuera, esto inevitablemente levantaría cuestiones aún más fundamentales sobre cómo la Iglesia, en su camino, debería interpretar y aplicar la Palabra de Dios, sus doctrinas y sus disciplinas a los cambios en la cultura. El colapso de las iglesias protestantes progresistas en la época moderna, acelerado por su abandono de los elementos clave de la fe y de la práctica cristiana en nombre de la adaptación pastoral justifica una gran cautela en nuestras discusiones sinodales.

Santidad, le ofrecemos estos pensamientos en un espíritu de fidelidad y le agradecemos que los tome en consideración.

Fielmente suyos en Jesucristo,

Los efectos de la carta
La tarde del mismo lunes 5 de octubre, durante la primera discusión en el aula, el cardenal Pell y otros padres sinodales retomaron algunas de las cuestiones de la carta, sin citarla.

El Papa Francisco estaba presente y escuchaba. La mañana siguiente, martes 6 de octubre, tomó la palabra.

El texto de esta intervención fuera de programa no ha sido hecho público; sólo ha sido resumido verbalmente por el padre Federico Lombardi y por escrito por L´Osservatore Romano. De este modo:

"El Pontífice ha querido reafirmar que el actual sínodo está en continuidad con el que fue celebrado el año pasado. Respecto al Instrumentum laboris, Francisco ha subrayado que éste es el resultado de la Relatio synodi, integrada con las contribuciones llegadas posteriormente, que fue aprobado por el consejo post-sinodal -que se reunió en presencia del Pontífice- y que es la base para continuar el debate y las discusiones de los próximos días. En este contexto, asumen fundamental importancia las contribuciones de los distintos grupos lingüísticos. El Papa ha recordado que los tres documentos oficiales del sínodo del año pasado son sus dos discursos, inicial y final, y la Relatio synodi. El Pontífice ha subrayado que la doctrina católica sobre el matrimonio no ha sido tocada y después ha puesto en guardia sobre dar la impresión de que el único problema del sínodo sea el de la comunión a los divorciados, invitando a que no se reduzcan los horizontes del mismo".

A este resumen de L´Osservatore Romano, el padre Lombardi ha añadido que "también las decisiones sobre la metodología han sido compartidas y aprobadas por el Papa, en consecuencia, no pueden ser puestas en discusión".

De esto se deduce que Francisco ha rechazado en bloque las peticiones de la carta, salvo la marginal recomendación de no reducir la discusión sólo "a la comunión a los divorciados".

Y las ha rechazado con una salida polémica, como ha hecho saber sucesivamente -
en un tweet no desmentido- el director de La Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, también él presente en el aula, según el cual el Papa habría dicho a los padres "no ceder a la hermenéutica de la conspiración, que es sociológicamente débil y espiritualmente no ayuda".



Todo esto al inicio del sínodo. Pero hacia el final de la primera semana de trabajos han sucedido más cosas. De nuevo, en sentido opuesto a los deseos de la carta de los trece cardenales.

El viernes 9 de octubre, en rueda de prensa, el cardenal Luis Antonio G. Tagle, arzobispo de Manila, y presidente delegado del sínodo, ha dicho repentinamente que sobre la relación final "esperamos la decisión del Papa".

Y el día siguiente, el padre Lombardi ha precisado que "aún no tenemos la certeza de cómo se llevará a cabo la conclusión del sínodo, es decir, si habrá un documento final. Veremos si el Papa dará indicaciones concretas".

Increíble, pero verdad. Con el sínodo en pleno desarrollo, de repente se pone en duda la existencia misma de esa Relatio finalis que aparecía en los programas como el punto de llegada al que estaban finalizados todos los trabajos sinodales.

De hecho, el secretario general del sínodo,
el cardenal Lorenzo Baldisseri, había hablado ampliamente de la Relatio finalis en la presentación oficial del mismo:

Ese mismo día, Baldisseri también había informado de que el Papa Francisco había nombrado una comisión de diez cardenales y obispos precisamente "para la elaboración de la relación final".

El 5 de octubre, en el discurso de apertura de los trabajos del sínodo,
Baldisseri había ilustrado más detalladamente las fases de elaboración y aprobación de la Relatio.

Y de nuevo había hablado sobre ella en el aula la mañana del 6 de octubre, justo antes de que el Papa tomara la palabra.

Por no hablar del calendario oficial de los trabajos del sínodo,
que sigue asignando cuatro días completos, del 21 al 24 de octubre, a la redacción de la "relación final", a su presentación en el aula, a la discusión y presentación de las observaciones escritas, a la nueva redacción de la misma, a su nueva presentación en el aula y a su votación definitiva:

En la carta al Papa Francisco, los trece cardenales expresaban su deseo de que se retomara la metodología de los sínodos pasados, los cuales terminaban con la votación, una por una, de las "propuestas" que se presentaban al Papa. O que por lo menos, en ausencia de esta propuestas, se votase punto por punto una Relatio finalis escrita por una comisión electiva, no nombrada toda ella desde las alturas.

Pero, si como se ha hecho entender, ya no habrá Relatio, el único producto del sínodo no podrá ser otro que una reelaboración de ese
Instrumentum laboris que los trece firmantes de la carta consideran inadecuado para hacer "de fundamento de un documento final", también a causa de "sus varias secciones problemáticas", es decir, de incierta fidelidad a la doctrina.

Porque es verdad que los 270 padres sinodales están trabajando días tras día precisamente para rehacer de arriba abajo el Instrumentum. Pero es igualmente verdad que la nueva redacción del texto será prerrogativa de esa comisión nombrada por entero por el Papa Francisco y en la que los innovadores son una mayoría aplastante, al contrario de lo que sucede en el aula. Y en un texto kilométrico y discursivo como el Instrumentum -no telegráfico como las "propuestas" de muchos sínodos pasados- es mucho más fácil que suceda de nuevo lo que ya sucedió en el sínodo de 2014, con la introducción de fórmulas vagas y polivalentes, difíciles de rechazar en el aula con un simple voto.

"La doctrina católica sobre el matrimonio no ha sido tocada", ha asegurado el Papa Francisco refiriéndose a todo el recorrido sinodal desde 2014 hasta ahora, en respuesta a las "preocupaciones" de los trece cardenales de la carta.

Pero el cardenal Tagle, exponente de relieve de los innovadores, ha dicho también en la rueda de prensa del 9 de octubre, con visible satisfacción: "El nuevo método adoptado por el sínodo probablemente ha causado un poco de confusión, pero es bueno estar confundidos de vez en cuando. Si las cosas están siempre claras, ya no sería la vida de verdad".

Publicado en
Espressonline.it.

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351154?sp=y
Traducción de Helena Faccia Serrano para Espressonline.it

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Relación inicial de Baldisseri con los antecedentes y método del Sínodo el 5 10 2015

Synod15 – 1ª Congregazione Generale: Relazione del Segretario Generale, Card. Lorenzo Baldisseri, 05.10.2015
[B0758]

Alle ore 9 di questa mattina, alla presenza del Santo Padre Francesco, è iniziata nell’Aula del Sinodo in Vaticano la prima Congregazione generale della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema: La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo (4 - 25 ottobre 2015).

Dopo il canto dell’Ora terza e il saluto del Presidente Delegato di turno, Card. André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia), è intervenuto il Santo Padre (vedi Boll. 760); quindi ha preso la parola il Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, Card. Lorenzo Baldisseri, per la lettura della sua Relazione.

Ne pubblichiamo di seguito il testo:

Relazione del Segretario generale, Card. Lorenzo Baldisseri

Beatissimo Padre,
Eminenze, Beatitudini, Eccellenze,
Fratelli e Sorelle,

con gioia ed emozione prendo la parola all’inizio della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dedicata a «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo». A nome dei Padri sinodali, desidero sentitamente ringraziare Vostra Santità per aver voluto affidare al Sinodo la riflessione su un tema così importante e trasversale, che riguarda non solo i cattolici, ma tutti i cristiani e l’umanità intera, e che per tali ragioni si trova al centro della missione pastorale della Chiesa. Come, infatti, proclama il proemio della costituzione Gaudium et spes del Concilio Vaticano II, del quale stiamo per celebrare il cinquantesimo anniversario della chiusura, «le gioie e le speranze, i dolori e le angosce degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei poveri e di quanti sono afflitti, sono le gioie e le speranze, i dolori e le angosce anche dei discepoli di Cristo, e non vi è nulla di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore»[1].

Nel Discorso del Santo Padre durante la Veglia di preghiera in preparazione alla III Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, troviamo un’eco di queste parole e un’applicazione al tema della nostra riflessione: «È significativo come – anche nella cultura individualista che snatura e rende effimeri i legami – in ogni nato di donna rimanga vivo un bisogno essenziale di stabilità, di una porta aperta, di qualcuno con cui intessere e condividere il racconto della vita, di una storia a cui appartenere. La comunione di vita assunta dagli sposi, la loro apertura al dono della vita, la custodia reciproca, l’incontro e la memoria delle generazioni, l’accompagnamento educativo, la trasmissione della fede cristiana ai figli…: con tutto questo la famiglia continua ad essere una scuola senza pari di umanità, contributo indispensabile a una società giusta e solidale»[2].

Un deferente saluto desidero rivolgere ai Membri dell’Assemblea sinodale, qui riuniti in rappresentanza dell’intero episcopato cattolico. Secondo l’Ordo Synodi Episcoporum, partecipano all’Assemblea Generale Ordinaria i Capi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, i Vescovi eletti dai Sinodi dei Vescovi e dai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, i Vescovi eletti dalle Conferenze Episcopali, dieci Religiosi eletti dall’Unione dei Superiori Generali e i Capi dei Dicasteri della Curia Romana[3]. A costoro si aggiungono alcuni Membri nominati dal Santo Padre[4].

Complessivamente, prendono parte a quest’Assemblea 270 Padri sinodali: 42 ex officio (15 Patriarchi, Arcivescovi Maggiori e Metropoliti delle Chiese metropolitane sui iuris delle Chiese Orientali Cattoliche; 25 Capi dei Dicasteri della Curia Romana; il Segretario Generale e il Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi), 183 ex electione e 45 ex nominatione pontificia.

Tra i Membri si contano 74 Cardinali (tra cui un Patriarca e 2 Arcivescovi Maggiori), 6 Patriarchi, 1 Arcivescovo Maggiore, 72 Arcivescovi (di cui 3 Titolari), 102 Vescovi (tra i quali 6 Ausiliari, 3 Vicari Apostolici e 1 Emerito), 2 Presbiteri diocesani (entrambi Parroci) e 13 Religiosi.

La nostra è un’Assemblea ampia e composita, un affresco mirabile della cattolicità della Chiesa, in cui si riflettono le sensibilità e risuonano le voci di tutti i continenti. Quest’Assise sinodale – ha recentemente affermato il Santo Padre – possiede «un respiro mondiale, che corrisponde alla dimensione universale del cristianesimo, ma anche alla portata universale di questa comunità umana fondamentale e insostituibile che è appunto la famiglia»[5]. Al tempo stesso, poiché il Sinodo dei Vescovi agisce cum Petro et sub Petro, capo e custode dell’unico Gregge di Cristo, esso diviene pure una peculiare manifestazione dell’unità della Chiesa cattolica edificata sul fondamento degli apostoli, tra i quali Simon Pietro è la “roccia” (cfr. Mt 16, 18), il discepolo prescelto dal Maestro per “confermare” i fratelli nell’unica fede (cfr. Lc 22, 32).

Le parole recentemente rivolte dal Santo Padre ai Vescovi degli Stati Uniti d’America ci esortano, come Pastori della Chiesa, a lavorare costantemente nell’unità e per l’unità: «La grande missione che il Signore ci affida – ha affermato il Papa –, noi la svolgiamo in comunione, in modo collegiale. […] La Chiesa, “tunica inconsutile del Signore” non può lasciarsi dividere, frazionare o contendere. La nostra missione episcopale è primariamente cementare l’unità, il cui contenuto è determinato dalla Parola di Dio e dall’unico Pane del Cielo»[6].

«Il nostro ministero – ha dichiarato ancora Papa Francesco, rivolgendosi ai Vescovi ospiti dell’VIII Incontro mondiale delle famiglie – ha bisogno di sviluppare l’alleanza della Chiesa e della famiglia. […] Dio ci conceda il dono di questa nuova prossimità tra la famiglia e la Chiesa. Ne ha bisogno la famiglia, ne ha bisogno la Chiesa, ne abbiamo bisogno noi pastori»[7].

Saluto pure cordialmente i 14 Delegati Fraterni, rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, la cui presenza ravviva in noi la volontà di lavorare insieme per conseguire la piena unità visibile della Chiesa di Cristo, nella consapevolezza che anche sul tema tanto rilevante della famiglia tutti i cristiani sono chiamati a trovare e a percorrere una strada comune, perché la loro testimonianza concorde risulti credibile agli occhi del mondo.

Grazie, inoltre, ai 24 Esperti, designati in virtù delle loro competenze per contribuire ai lavori sinodali in qualità di collaboratori del Segretario Speciale, e ai 51 Uditori e Uditrici, provenienti anch’essi da ogni parte del pianeta. Fra costoro figurano numerosi specialisti ed operatori della pastorale della famiglia, ma soprattutto – come già lo scorso anno – tanti coniugi, chiamati ad arricchire il Sinodo con la loro esperienza quotidiana di vita familiare, fatta di gioie ed anche di prove: per l’esattezza si tratta di 17 coppie di sposi tra gli Uditori e di una tra gli Esperti. Significativa, fra costoro, è pure la presenza femminile, da cui attendiamo uno speciale contributo affinché il Sinodo possa guardare alla famiglia anche con lo sguardo tenero, attento e compassionevole delle donne.

Infine, uno speciale ringraziamento agli Addetti Stampa, agli Assistenti, ai Traduttori, al Personale tecnico, nonché agli Officiali e ai Collaboratori della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi, che – anche grazie al coordinamento competente del Sotto-Segretario Sua Eccellenza Monsignor Fabio Fabene – hanno lavorato con solerzia nella preparazione dell’Assemblea e saranno ancora chiamati, per tutta la sua durata, a prestare un’opera costante e generosa.

Un momento di grazia per la vita della Chiesa

La XIV Assemblea Generale Ordinaria si svolge in un momento di speciale grazia per tutta la Chiesa. Anzitutto, perché ricorrono cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II. Esso è stato, per riprendere una felice espressione di San Giovanni Paolo II, «la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre»[8]. Già nel Messaggio al Popolo di Dio della II Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata in occasione del XX anniversario della sua chiusura, i Padri sinodali esprimevano la convinzione che quel Concilio ecumenico è stato «un dono di Dio alla Chiesa e al mondo», scorgendo in esso «una fonte offerta dallo Spirito Santo alla Chiesa per oggi e per domani»[9].

A distanza di mezzo secolo, il Concilio Vaticano II resta «per noi – come ha affermato in tempi più recenti Benedetto XVI – un forte appello a riscoprire ogni giorno la bellezza della nostra fede, a conoscerla in modo profondo per un più intenso rapporto con il Signore, a vivere fino in fondo la nostra vocazione cristiana»[10].

In secondo luogo, quello che viviamo è un momento di grazia perché pure il Sinodo dei Vescovi taglia l’importante traguardo del cinquantesimo anniversario della sua istituzione, che per volontà del Santo Padre commemoreremo solennemente il mattino di sabato 17 ottobre. Nella mente del Beato Paolo VI, che lo istituì il 15 settembre 1965, il Sinodo doveva perpetuare nella Chiesa lo spirito del Vaticano II, affinché anche dopo la conclusione di quell’Assise «continuasse a giungere al Popolo cristiano quella larga abbondanza di benefici, che durante il Concilio felicemente si ebbe dalla viva unione [del Sommo Pontefice] con i Vescovi»[11].

In terzo luogo, l’Assemblea sinodale si situa nell’imminenza del Giubileo Straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco l’11 aprile scorso, e da esso riceve una particolare luce e un preciso orientamento. «L’architrave che sorregge la vita della Chiesa – proclama il Santo Padre nella bolla d’indizione – è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole»[12].

Il lungo cammino sinodale sulla famiglia

Volgendo lo sguardo al recente passato, non fatichiamo a constatare che la presente Assemblea sinodale si colloca al termine di un lungo cammino, del quale siamo adesso chiamati a raccogliere i frutti.

L’intento che perseguiamo è quello di «annunciare con gioia e convinzione la “buona” novella sulla famiglia», nella consapevolezza – espressa già da San Giovanni Paolo II dopo la V Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo del 1980, dedicata anch’essa alla famiglia cristiana – che «l’avvenire dell’umanità passa attraverso la famiglia»[13]. In un momento in cui – come ha recentemente dichiarato il Santo Padre – la famiglia «è minacciata, forse come mai in precedenza, dall’interno e dall’esterno», desideriamo «riproporre l’importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare»[14].

Il cammino sinodale è iniziato fin dal 2013, poco dopo l’elezione al soglio pontificio di Papa Francesco. Infatti, già nell’Udienza concessa all’allora Segretario Generale del Sinodo Sua Eccellenza Monsignor Nikola Eterovic il 4 luglio di quell’anno, il Santo Padre, dopo aver preso in considerazione le proposte avanzate dal XIII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale, indicava per la prossima Assemblea sinodale un tema che riguardasse la vocazione della persona e della famiglia umana. Quindi, in una successiva Udienza al Segretario Generale, avuta in data 23 agosto 2013, Sua Santità stabiliva di convocare la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema delle sfide pastorali sulla famiglia. Infine, dopo la nomina del nuovo Segretario Generale e un’ulteriore convocazione del Consiglio Ordinario della Segreteria, che licenziava il testo dei Lineamenta in vista dell’Assemblea, l’8 ottobre 2013 Papa Francesco indiceva ufficialmente, per il periodo compreso tra il 5 e il 19 ottobre dell’anno seguente, la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema «Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione».

In base all’Ordo Synodi, l’indizione di un’Assemblea Generale Straordinaria risponde alla necessità di trattare una materia che, «pur riguardando il bene della Chiesa universale, esige una rapida definizione»[15]. La famiglia appare, in effetti, per la sua cruciale importanza e in ragione delle grandi trasformazioni che la interessano, un tema improrogabile per la missione della Chiesa. Ad ogni modo, già il successivo 5 novembre, in occasione della presentazione dei Lineamenta, veniva reso noto che all’Assemblea Generale Straordinaria del 2014 sarebbe seguita, nell’ottobre 2015, un’Assemblea Generale Ordinaria ancora sul tema della famiglia, dal momento che esso per la sua rilevanza richiede «la dottrina, la prudenza e il parere dell’intero episcopato cattolico»[16].

L’iniziativa inedita di affrontare il medesimo tema in due tappe, frutto della creatività pastorale di Papa Francesco, ha da subito suscitato uno straordinario interesse nella Chiesa, così come in ampi settori della società civile. Intanto, il 29 dicembre 2013, in occasione della Festa della Santa Famiglia, celebrata con particolare solennità in alcuni luoghi della cristianità ad essa legati in modo speciale (Nazaret, Loreto e Barcellona), il Santo Padre affidava alla Chiesa intera il compito di accompagnare il cammino sinodale con una preghiera costante.

Un preludio ai lavori sinodali è stato offerto dal Concistoro straordinario del Collegio Cardinalizio, che il 20 e il 21 febbraio 2014 si è riunito sotto la presidenza del Santo Padre per avviare una riflessione comune sul tema della famiglia, anche alla luce della relazione introduttiva tenuta da Sua Eminenza il Cardinal Walter Kasper, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Subito dopo, il 24 e il 25 febbraio, la quinta riunione del XIII Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo esaminava il progetto dell’Instrumentum laboris in vista dell’Assemblea Generale Straordinaria, preparato sulla base delle risposte ai Lineamenta, mentre sempre il 25 febbraio veniva resa pubblica la Lettera indirizzata da Papa Francesco alle famiglie per illustrare loro il senso del cammino sinodale.

Dopo l’approvazione definitiva dell’Instrumentum laboris, nella sesta convocazione del Consiglio Ordinario della Segreteria del 13-14 maggio 2014, e la sua pubblicazione il 26 giugno successivo, si è tenuta – esattamente un anno fa – la III Assemblea Generale Straordinaria, le cui conclusioni sono state raccolte nella Relatio Synodi votata sabato 18 ottobre 2014. È stato questo il primo snodo cruciale – o, se si preferisce, la prima tappa fondamentale – del percorso sinodale avviato nel 2013.

A conclusione dell’Assemblea Generale Straordinaria, Papa Francesco ha voluto che il documento finale venisse reso immediatamente pubblico, insieme ai risultati delle votazioni sui singoli numeri. La Relatio Synodi rifletteva la ricchezza degli interventi dei Padri sinodali nella loro varietà, richiedendo un supplemento di riflessione in vista dell’Assemblea Generale Ordinaria.

Nella medesima giornata del 18 ottobre, il Santo Padre annunciava ufficialmente che la Relatio Synodi avrebbe costituito il testo dei Lineamenta in preparazione al Sinodo dell’ottobre 2015: «Cari fratelli e sorelle – affermava infatti nel Discorso tenuto in questa stessa Aula –, ora abbiamo ancora un anno […] per lavorare sulla Relatio Synodi che è il riassunto fedele e chiaro di tutto quello che è stato detto e discusso in questa Aula e nei Circoli minori. E viene presentato alle Conferenze Episcopali come Lineamenta»[17].

Nel frattempo, in occasione dell’11a Congregazione Generale del 13 ottobre precedente, era già stata formalizzata l’indizione della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, sul tema: «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo».

La preparazione della XIV Assemblea Generale Ordinaria

Conclusa l’Assemblea Generale Straordinaria, la Segreteria Generale si è immediatamente messa al lavoro per dare seguito alla decisione del Papa, convocando anzitutto l’ottava riunione del Consiglio Ordinario della Segreteria, svoltasi il 18 e il 19 novembre sotto la presidenza del Santo Padre. In quella circostanza è stato varato il testo dei Lineamenta per l’Assemblea Generale Ordinaria, comprendente la Relatio Synodi seguita da 46 domande per conoscerne la recezione e favorirne l’approfondimento nella Chiesa universale. Il 9 dicembre seguente il documento è stato trasmesso ai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, alle Conferenze Episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e agli altri soggetti aventi diritto, con l’invito a far pervenire le loro risposte entro il 15 aprile 2015.

Intanto, già il 21 novembre 2014 venivano rese note le prime nomine del Santo Padre in vista dell’Assemblea sinodale, riguardanti i Presidenti Delegati, il Relatore Generale e il Segretario Speciale. Rispetto all’Assemblea Generale Straordinaria, il numero dei Presidenti Delegati – che hanno il compito di presiedere l’Assise «a nome e per autorità del Romano Pontefice»[18] – veniva innalzato da tre a quattro: ai Cardinali André Vingt-Trois, Luis Antonio G. Tagle, Raymundo Damasceno Assis, che avevano già svolto questo ufficio nell’ottobre 2014, veniva aggiunto il Cardinal Wilfrid Fox Napier, O.F.M., Arcivescovo di Durban in Sudafrica. Quanto al Relatore Generale e al Segretario Speciale, erano nominati rispettivamente Sua Eminenza il Cardinal Péter Erdo, Arcivescovo di Esztergom-Budapest (Ungheria) e Sua Eccellenza Monsignor Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto (Italia), che avevano esercitato le stesse funzioni nell’Assemblea Generale Straordinaria. Questa decisione del Santo Padre intendeva ulteriormente sottolineare la continuità tra le due Assemblee sinodali all’interno di un unico cammino di riflessione condivisa.

Nonostante i tempi ristretti, il numero cospicuo degli apporti pervenuti alla Segreteria Generale nel corso della prima parte di quest’anno ha confermato lo straordinario interesse suscitato dal tema e l’attiva partecipazione di tutto il Popolo di Dio. Il periodo intersinodale si è rivelato un’ulteriore preziosa occasione di auditus Ecclesiae, o meglio di ascolto di «ciò che lo Spirito dice alle Chiese» (Ap 2, 17) nella molteplicità delle loro componenti, in particolar modo attraverso la voce delle famiglie cristiane. Proprio queste ultime, infatti, hanno percepito più di ogni altro che il Sinodo res nostra agitur: si occupa di loro, vuole rivolgersi anzitutto a loro, intende incoraggiarle nel loro cammino entusiasmante e al contempo difficile.

Complessivamente la Segreteria Generale ha ricevuto 102 Risposte da parte degli organismi aventi diritto. Ad esse si sono aggiunte oltre 400 Osservazioni, inviate liberamente da Diocesi e Parrocchie, Associazioni ecclesiali e Gruppi spontanei di fedeli, Movimenti e Organizzazioni civili, nuclei familiari e singoli credenti. Al tempo stesso, Università e Facoltà Ecclesiastiche, altre Istituzioni accademiche, Centri di ricerca e specialisti di diverse aree disciplinari hanno arricchito l’approfondimento delle tematiche sinodali con i loro Contributi di studio, sovente mettendo in luce anche aspetti nuovi, secondo quanto richiesto dalla domanda previa dei Lineamenta. Nel contempo la Segreteria Generale si è potuta avvalere dell’aiuto dei nuovi Consultori, nominati il 14 marzo scorso, e del consiglio di numerosi altri esperti. A ciò si è aggiunto, in questi mesi, un ampio numero di pubblicazioni e convegni sul tema della famiglia, affrontato sotto molteplici punti di vista: storico, antropologico, culturale, psicologico, sociologico, biblico, dogmatico, morale, giuridico, politico, economico, solo per menzionare i principali ambiti di riflessione. Tra tutti questi apporti, una speciale menzione meritano – in ragione della sua competenza – quelli del Pontificio Consiglio per la famiglia, come pure quelli di altre istituzioni della Curia Romana e di diverse Conferenze Episcopali.

Fondamentale è stato poi il contributo offerto dal Santo Padre in persona, che nelle Udienze Generali del mercoledì e in numerose altre occasioni ha autorevolmente accompagnato il cammino comune nel corso di quest’anno. Così, aprendo il ciclo delle sue catechesi sulla famiglia, egli affermava il 17 dicembre 2014: «Il Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, appena celebrato, è stato la prima tappa di un cammino, che si concluderà nell’ottobre prossimo con la celebrazione di un’altra Assemblea sul tema “Vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo”. La preghiera e la riflessione che devono accompagnare questo cammino coinvolgono tutto il Popolo di Dio. Vorrei che anche le consuete meditazioni delle Udienze del mercoledì si inserissero in questo cammino comune. Ho deciso perciò di riflettere con voi, in questo anno, proprio sulla famiglia, su questo grande dono che il Signore ha fatto al mondo fin dal principio, quando conferì ad Adamo ed Eva la missione di moltiplicarsi e di riempire la terra (cfr. Gn 1, 28). Quel dono che Gesù ha confermato e sigillato nel suo Vangelo»[19].

Nella nona riunione del Consiglio Ordinario della Segreteria Generale, svoltasi il 25 e il 26 maggio scorsi sotto la presidenza del Santo Padre, è stato presentato il progetto dell’Instrumentum laboris per l’Assemblea Generale Ordinaria, documento che, esaminato e approvato dal medesimo Consiglio, è stato pubblicato il successivo 23 giugno. Questo testo si rivela originale nella sua stessa struttura. Da un lato, infatti, accoglie, lasciandola inalterata, la Relatio Synodi del 2014, e questo perché si tratta di un documento già sottoposto al voto di un’Assemblea sinodale e reso pubblico per volontà del Santo Padre. Dall’altro lato, ai paragrafi della Relatio, resi graficamente riconoscibili dal numero tra parentesi e dal carattere corsivo, sono stati affiancati numerosi paragrafi di nuova elaborazione, frutto del lavoro di sintesi delle Risposte, delle Osservazioni e dei Contributi di studio pervenuti da tutto il mondo.

L’Instrumentum laboris, che rispecchia in modo affidabile la percezione e le attese della Chiesa sul tema decisivo della famiglia, si articola in tre parti, che già nella loro successione dimostrano la continuità tra le due tappe sinodali: se la prima parte (L’ascolto delle sfide sulla famiglia) richiama più direttamente l’Assemblea del 2014, la seconda parte (Il discernimento della vocazione familiare) e la terza parte (La missione della famiglia oggi) intendono soprattutto introdurre il tema della presente Assemblea, con l’obiettivo di offrire alla Chiesa e al mondo contemporaneo stimoli pastorali per una rinnovata evangelizzazione.

L’8 settembre scorso il Santo Padre ha poi promulgato due lettere apostoliche in forma di motu proprio, intitolate Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et misericors Iesus, sulla riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio, rispettivamente nel Codice di Diritto Canonico e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Tenendo conto del consenso raggiunto nella III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo – che aveva sollecitato processi più rapidi e accessibili –, consenso confermato nella fase intersinodale di approfondimento dei Lineamenta, Papa Francesco ha offerto in quei documenti disposizioni per favorire – come egli stesso dichiara – «non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità». Seguendo le orme dei suoi Predecessori, il Sommo Pontefice ha comunque stabilito che «le cause di nullità del matrimonio vengano trattate per via giudiziale, e non amministrativa, non perché lo imponga la natura della cosa, ma piuttosto perché lo esige la necessità di tutelare in massimo grado la verità del sacro vincolo»[20].

Infine, quasi al termine del lungo cammino sinodale, è stato celebrato a Philadelphia, soltanto pochi giorni fa, l’VIII Incontro mondiale delle famiglie. In quella occasione Papa Francesco ha tra l’altro evidenziato il ruolo essenziale della famiglia per la trasmissione della fede, affermando che «le nostre case, le nostre famiglie sono autentiche Chiese domestiche: sono il luogo adatto in cui la fede diventa vita e la vita diventa fede», ed ha assicurato che «ogni persona che desideri formare in questo mondo una famiglia che insegni ai figli a gioire per ogni azione che si proponga di vincere il male – una famiglia che mostri che lo Spirito è vivo e operante –, troverà la gratitudine e la stima, a qualunque popolo, regione o religione appartenga»[21].

La metodologia sinodale

Ieri mattina, con la solenne Celebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre nella Basilica Vaticana, ha avuto inizio la seconda tappa dell’itinerario sinodale iniziato nel 2013, tappa che è al tempo stesso il suo momento culminante e la sua fase finale. Nelle tre intense settimane di lavori che si aprono oggi davanti a noi, l’Instrumentum laboris costituisce non solo il punto di partenza della riflessione e del dibattito, ma il testo base per l’elaborazione della Relatio finalis, la quale al termine dei lavori accoglierà i risultati raggiunti dalla precedente Assemblea Generale Straordinaria, i contributi sopravvenuti nel tempo intersinodale e gli apporti autorevoli di quest’Assemblea Generale Ordinaria.

Quello che ci accingiamo a vivere diviene, in tal modo, il momento conclusivo di un lungo cammino, che terrà conto del prezioso patrimonio di idee e riflessioni fin qui emerse in vista di un approfondimento nella continuità, per raggiungere l’obiettivo assegnato dal Santo Padre a quest’Assemblea Generale Ordinaria sin dallo scorso anno: «Maturare, con vero discernimento spirituale, le idee proposte e trovare soluzioni concrete a tante difficoltà e innumerevoli sfide che le famiglie devono affrontare; […] dare risposte ai tanti scoraggiamenti che circondano e soffocano le famiglie»[22].

Per favorire tutto questo la stessa metodologia dell’attività sinodale è stata in parte rinnovata, sia tenendo conto dell’esperienza acquisita nell’Assemblea del 2014, sia prendendo in considerazione i suggerimenti avanzati dagli stessi Membri di quell’Assemblea. L’obiettivo è stato quello di rendere più agile, dinamico ed efficace lo svolgimento dei lavori, valorizzando soprattutto i Circuli minores, in cui il numero limitato di partecipanti e l’omogeneità linguistica consentono il dialogo franco, la condivisione delle idee, la maturazione del consenso. Data l’importanza che essi rivestono, si è ritenuto necessario dedicare un tempo più ampio ai lavori nei Circuli.

Desidero ora illustrare per sommi capi le modalità in cui si svolgeranno i lavori, rimandando per ulteriori approfondimenti al Vademecum consegnato a tutti i Padri sinodali e agli altri partecipanti all’Assemblea, che include anche il calendario dei lavori. Redatto dalla Segreteria Generale sulla base dell’Ordo Synodi, tale Vademecum contiene informazioni complete e dettagliate sulla procedura dell’attività assembleare ed è per questo uno strumento indispensabile per seguire i lavori.

Al termine del mio intervento, prenderà la parola il Cardinal Péter Erdo, che terrà la Relazione Generale. Successivamente, le attività sinodali si articoleranno sulla base della tripartizione dell’Instrumentum laboris: avremo così di fronte a noi tre “unità di lavoro”, in ognuna delle quali verrà presa in esame una delle parti in cui si suddivide il documento. All’inizio di ciascuna di queste unità, avrà luogo una breve presentazione dei temi da trattare; seguirà poi l’intervento di una coppia di coniugi Uditori, che offrirà la sua testimonianza di vita familiare; quindi avranno inizio gli interventi dei Padri sinodali, secondo l’ordine della presentazione delle richieste pervenute attraverso il modulo della petitio loquendi a suo tempo inviato.

Ciascun Padre sinodale ha la facoltà di parlare una sola volta nel corso dell’Assemblea, scegliendo una delle tre “unità di lavoro” per esporre sulla parte dell’Instrumentum laboris che preferisce. Essendo elevato il numero di quanti hanno diritto di parola (318 tra Padri, Delegati Fraterni e Uditori) e avendo dato maggiore spazio ai Circuli minores (13 sessioni), a ciascuno sarà consentito intervenire in Aula per un tempo massimo di tre minuti, mentre nei Circuli avrà la possibilità di farlo ampiamente. Inoltre, come già in passato, alcune Congregazioni Generali prevedono dei momenti, della durata di un’ora ciascuno, dedicati agli interventi liberi dei Padri. Al contempo, è sempre possibile presentare alla Segreteria Generale, oltre alla versione cartacea e informatica dei testi pronunciati in Aula, altri testi in forma scritta.

Terminate le Congregazioni Generali, gli interventi dei Padri sinodali verranno raccolti in una sintesi, che costituirà uno sviluppo integrativo dell’Instrumentum laboris. Tale compito è affidato al Relatore Generale e al Segretario Speciale, opportunamente coadiuvati dagli Esperti[23].

La sintesi degli interventi, organizzata intorno alla struttura dell’Instrumentum laboris, verrà tradotta tempestivamente e consegnata nelle rispettive lingue ai Circuli minores, che saranno in totale tredici: quattro in inglese, tre in francese, tre in italiano, due in spagnolo-portoghese, uno in tedesco. Alla luce della riflessione e del dibattito sul testo ricevuto, i Circuli elaboreranno i modi collettivi all’Instrumentum laboris che riterranno opportuni. Al ritorno in Aula, i rispettivi Relatori presenteranno le relazioni sintetiche sui lavori dei vari Circuli minores e consegneranno alla Segreteria Generale i modi elaborati nei Circuli per l’emendamento del testo.

In ciascuna “unità di lavoro” – ovvero per ognuna delle tre parti dell’Instrumentum laboris – l’esame dei modi avverrà sotto il coordinamento del Relatore Generale, che si avvarrà della collaborazione del Segretario Speciale, degli Esperti e degli stessi Relatori dei Circuli. Venerdì 16 ottobre, inoltre, la riflessione sinodale sarà arricchita dall’audizione dei Delegati fraterni, che parleranno al mattino, e degli Uditori, che interverranno nel pomeriggio.

Come è avvenuto nell’ultima Assemblea Generale Straordinaria, il Santo Padre ha istituito la Commissione per l’elaborazione della Relatio finalis. Essa è composta dal Relatore Generale (che la presiede), dal Segretario Generale, dal Segretario Speciale e da sette Padri sinodali di nomina pontificia (uno per ogni Continente, considerando distintamente l’America Settentrionale e l’America Latina e dei Caraibi, più un Religioso). Anche alla luce dell’esperienza maturata nell’Assemblea Generale Straordinaria del 2014, tale Commissione avrà il compito di coordinare e sovrintendere all’elaborazione dei testi sinodali, nelle loro varie fasi di avanzamento fino al documento conclusivo del Sinodo.

Al termine di ogni “unità di lavoro”, ultimata la recezione dei modi presentati dai Circuli minores, tale Commissione si riunirà per procedere alla redazione della sezione corrispondente della Relatio finalis. Nel calendario dei lavori sinodali non è stata stabilita con precisione la cronologia degli incontri di tale Commissione, allo scopo di garantire i tempi necessari all’integrazione dei modi. Pertanto, sarà cura del Segretario Generale convocare, di volta in volta, i Membri della Commissione.

Conclusa la terza “unità di lavoro”, la Commissione si riunirà ancora per elaborare il progetto della Relatio finalis, frutto del lavoro collegiale che, partendo dall’Instrumentum laboris, si è giovato dell’apporto costruttivo degli interventi in Aula dei Padri sinodali, delle audizioni dei Delegati Fraterni e degli Uditori e dei modi collettivi elaborati dai Circuli minores.

Nella mattina di giovedì 22 ottobre tale progetto sarà presentato in Aula e consegnato ai Padri sinodali per la loro valutazione. Nella Congregazione Generale del pomeriggio sarà possibile ai Padri intervenire ulteriormente sul progetto, sia in forma orale sia presentando per iscritto i loro testi alla Segreteria Generale.

Tenendo presente che il progetto della Relatio finalis risulterà dalla composizione di tre testi che hanno già recepito i modi collettivi dei Circuli minores – le cui relazioni sono state lette in Aula e pubblicate –, ulteriori interventi dovranno essere avanzati nel rispetto del lavoro collegiale sin qui condotto.

Successivamente, la suddetta Commissione sovrintenderà all’elaborazione del testo definitivo della Relatio finalis, che nel mattino di sabato 24 ottobre sarà presentato in Aula e nel pomeriggio sottoposto al suffragio dell’Assemblea. Conformemente alla natura del Sinodo, tale Relatio, frutto dei lavori sinodali, sarà infine consegnata al Sommo Pontefice, al quale compete ogni decisione in merito[24].

Desidero ancora segnalare che, trattandosi di un’Assemblea Generale Ordinaria, l’Ordo Synodi prevede che nel corso dei lavori si proceda all’elezione del nuovo Consiglio Ordinario della Segreteria Generale del Sinodo, il XIV, che resterà in carica fino alla prossima Assemblea Generale Ordinaria. L’elezione avverrà in due turni, martedì 20 e giovedì 22 ottobre, nelle modalità che verranno a suo tempo indicate. I Padri sinodali saranno chiamati ad eleggere tra loro dodici Membri del Consiglio: tre per l’Europa, tre per le Americhe, tre per l’Africa, tre per l’Asia e l’Oceania. Altri tre Membri saranno designati dal Santo Padre.

Papa Francesco ci ha ricordato che «il Sinodo non è un parlamento», ma «è uno spazio protetto affinché lo Spirito Santo possa operare». Ciò che avviene è «un confronto tra i Vescovi […] dopo un lungo periodo di preparazione», che poi prosegue «in un altro lavoro, per il bene delle famiglie, della Chiesa e della società. È un processo, è il normale cammino sinodale»[25].Queste parole ci offrono indicazioni preziose anche per ciò che concerne l’informazione sulle attività del Sinodo.

Quanto alla diffusione mediatica delle notizie relative ai lavori assembleari, il metodo adottato lo scorso anno è sostanzialmente confermato. Il servizio sarà curato dalla Sala Stampa della Santa Sede d’intesa con la Commissione sinodale per l’informazione. Di quest’ultima faranno parte Sua Eccellenza Monsignor Claudio Maria Celli in qualità di Presidente, Padre Federico Lombardi S.I. in qualità di Segretario e tre Padri sinodali, proposti dal Presidente della Commissione e approvati dai Presidenti Delegati.

La principale fonte di informazione sarà rappresentata dai Briefings quotidiani coordinati dal Direttore della Sala Stampa: a questi appuntamenti prenderanno parte i Padri sinodali indicati di volta in volta dalla Commissione per l’informazione. Il loro numero sarà accresciuto rispetto all’anno scorso. Inoltre anche quest’anno, attraverso l’apposito account Twitter, saranno trasmesse in forma rapida e sintetica le notizie più importanti sull’andamento dei lavori sinodali.

I Padri sinodali saranno liberi di comunicare con i media a loro discrezione e responsabilità, mantenendo la necessaria riservatezza sui dibattiti in Aula e nei Circuli minores. Saranno pubblicate di volta in volta le relazioni presentate dai Circuli, mentre le varie fasi di elaborazione del documento finale rimarranno riservate, considerando che il testo è suscettibile di continui sviluppi fino alla redazione conclusiva.

In preghiera per il Sinodo

Fin dall’avvio del percorso sinodale, Papa Francesco ha esortato la Chiesa intera all’orazione fiduciosa e costante. A tal proposito, egli stesso ha composto una preghiera, diffusa già il 29 dicembre 2013, per affidare alla Santa Famiglia di Nazaret i lavori sinodali, nella convinzione che l’esempio luminoso di Gesù, Maria e Giuseppe «ci impegna a riscoprire la vocazione e la missione della famiglia»[26].

Come l’anno scorso, abbiamo desiderato che i lavori sinodali fossero sostenuti da una preghiera costante nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore. Grazie alla collaborazione della Diocesi di Roma, i fedeli potranno pregare ogni giorno per il Sinodo nella cappella della Vergine Maria Salus Populi Romani. Nello stesso luogo saranno esposte le reliquie di Santa Teresa del Bambino Gesù e dei suoi genitori, i Beati Zélie e Louis Martin. Proprio domenica 18 ottobre, in coincidenza con la Giornata Missionaria Mondiale, Papa Francesco canonizzerà tra gli altri i coniugi Martin, proponendoli alla Chiesa universale come insigne modello di santità familiare.

Fin da oggi, inoltre, nella cappella adiacente a quest’Aula, anche noi partecipanti al Sinodo potremo venerare le reliquie di Santa Teresa di Lisieux, dei suoi genitori e dei Beati coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi.

All’inizio della XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, dopo aver invocato con il canto del Veni Creator lo Spirito Santo, desideriamo ancora implorarlo affinché – per l’intercessione di Maria, Madre della Chiesa e Regina della famiglia – ci conceda di fare un’esperienza autentica di unione fraterna nella ricerca del bene per tutte le famiglie, le quali – come il Santo Padre ci ha ricordato nel suo Viaggio Apostolico a Cuba – «non sono un problema, sono prima di tutto un’opportunità. Un’opportunità che dobbiamo curare, proteggere e accompagnare»[27].

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[1] Concilio Vaticano II, cost. past. Gaudium et spes, 7 dicembre 1965, 1.

[2] Francesco, Discorso in occasione della Veglia di preghiera in preparazione alla III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo sui Vescovi, 4 ottobre 2015.

[3] Cfr. Ordo Synodi Epicoporum, art. 5, § 1.

[4] Cfr. Ordo Synodi Epicoporum, art. 5, § 4.

[5] Francesco, Udienza generale, 16 settembre 2015.

[6] Francesco, Discorso in occasione dell’Incontro con i Vescovi degli Stati Uniti d’America, Washington D.C. (Stati Uniti d’America), 23 settembre 2015.

[7] Francesco, Discorso in occasione dell’Incontro con i Vescovi ospiti dell’VIII Incontro mondiale delle famiglie, Philadelphia (Stati Uniti d’America), 27 settembre 2015.

[8] San Giovanni Paolo II, lett. ap. Novo millennio ineunte, 6 gennaio 2001, 57.

[9] II Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, Messaggio al Popolo di Dio, 7 dicembre 1985, 1.

[10] Benedetto XVI, Udienza Generale, 10 ottobre 2012.

[11] Beato Paolo VI, motu proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965, proemio.

[12] Francesco, bolla Misericordiae vultus, 11 aprile 2015, 10.

[13] San Giovanni Paolo II, esort. ap. postsinod. Familiaris consortio, 22 novembre 1981, 86.

[14] Francesco, Discorso in occasione della Visita al Congresso degli Stati Uniti d’America, Washington D.C. (Stati Uniti d’America), 24 settembre 2015.

[15] Ordo Synodi Episcoporum, art. 4.

[16] Ordo Synodi Episcoporum, art. 4.

[17] Francesco, Discorso per la conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre 2014.

[18] Ordo Synodi Episcoporum, art. 2.

[19] Francesco, Udienza Generale, 17 dicembre 2014.

[20] Francesco, lett. ap. motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, 8 settembre 2015, proemio. Cfr. anche Id., lett. ap. motu proprio Mitis et misericors Iesus, 8 settembre 2015, proemio.

[21] Francesco, Omelia in occasione della Santa Messa conclusiva dell’VIII Incontro mondiale delle famiglie, Philadelphia (Stati Uniti d’America), 27 settembre 2015.

[22] Francesco, Discorso per la conclusione della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, 18 ottobre 2014.

[23] Cfr. Ordo Synodi Episcoporum, art. 7, § 1.

[24] Cfr. Codice di Diritto Canonico, can. 343; Ordo Synodi Episcoporum, art. 23, § 4.

[25] Francesco, Udienza Generale, 10 dicembre 2014.

[26] Francesco, Udienza Generale, 17 dicembre 2014.

[27] Francesco, Discorso per l’Incontro con le famiglie, Santiago (Cuba), 22 settembre 2015.

 

[01628-IT.01] [Testo originale: Italiano]

[B0758-XX.02]

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XIV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4 - 25 ottobre 2015) – Calendario dei lavori, 02.10.2015
[B0748]

Pubblichiamo di seguito il calendario dei lavori della XIV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, dal tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo:

Calendario dei lavori sinodali

4 ottobre - Domenica h. 10.00 Solenne inaugurazione

Santa Messa concelebrata nella Basilica di San Pietro

5 ottobre – Lunedì h. 9.00 - 12.30 1ª Congregazione generale

Saluto del Presidente Delegato

Relazione del Segretario Generale

Relazione del Relatore Generale

I PARTE DELL'INSTRUMENTUM LABORIS

Presentazione del Relatore Generale dei temi della I parte

Testimonianza di un Uditore

Interventi dei Padri Sinodali

  h. 16.30 - 19.00 2ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 18.00 - 19.00 Interventi liberi
6 ottobre - Martedì h. 9.00 - 12.30 3ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 16.30 - 19.00 Circoli Minori (I sessione)

Elezione dei Moderatori e dei Relatori

7 ottobre - Mercoledì h. 9.00 - 12.30 Circoli Minori (II sessione)
  h. 16.30 - 19.00 Circoli Minori (III sessione)
8 ottobre - Giovedì h. 9.00 - 12.30 Circoli Minori (IV sessione)
  h. 16.30 - 19.00 Circoli Minori (V sessione)
9 ottobre – Venerdì h. 9.00 - 12.30 4ª Congregazione generale

Relazione dei circoli in Aula

Consegna dei modi sulla I parte

* Riunione della Commissione per l'Elaborazione della Relazione finale

  h. 16.30 - 19.00 5ª Congregazione generale

II PARTE DELL'INSTRUMENTUM LABORIS

Presentazione del Relatore Generale dei temi della II parte

Testimonianza di un Uditore

Interventi dei Padri Sinodali

  h. 18.00 - 19.00 Interventi liberi
10 ottobre – Sabato h. 9.00 - 12.30 6ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 16.30 - 19.00 7ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 18.00 - 19.00 Interventi liberi
11 ottobre – Domenica   Vacanza
12 ottobre – Lunedì h. 9.00 - 12.30 Circoli minori (VI sessione)
  h. 16.30 - 19.00 Circoli minori (VII Sessione)
13 ottobre – Martedì h. 9.00 - 12.30 Circoli minori (VIII Sessione)
  h. 16.30 - 19.00 Circoli minori (IX Sessione)
14 ottobre – Mercoledì h. 9.00 - 12.30 8ª Congregazione generale

Relazione dei circoli in Aula

Consegna dei modi sulla II parte

* Riunione della Commissione per l'Elaborazione della Relazione finale

  h. 16.30 - 19.00 9ª Congregazione generale

III PARTE DELL'INSTRUMENTUM LABORIS

Presentazione del Relatore Generale dei temi della III parte

Testimonianza di un Uditore

Interventi dei Padri Sinodali

  h. 18.30 - 19.00 Interventi liberi
15 ottobre – Giovedì h. 9.00 - 10.00 10ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 16.30 - 19.00 11ª Congregazione generale

Continuazione degli interventi dei Padri Sinodali

  h. 18.30 - 19.00 Interventi liberi
16 ottobre – Venerdì h. 9.00 - 12.30 12ª Congregazione generale

Audizione dei Delegati fraterni

  h. 16.30 - 19.00 13ª Congregazione generale

Audizione degli Uditori e delle Uditrici

17 ottobre – Sabato h. 9.00 - 12.30 Commemorazione 50º anniversario del Sinodo dei Vescovi
  h. 16.30 - 19.00 Circoli minori (X sessione)
18 ottobre – Domenica   Santa Messa di Canonizzazione:

- Vincenzo Grossi

- Maria dell'Immacolata Concezione

- Ludovico Martin e Maria Azelia Guérin

19 ottobre – Lunedì h. 9.00 - 12.30 Circoli minori (XI sessione)
  h. 16.30 - 19.00 Circoli minori (XII sessione)
20 ottobre – Martedì h. 9.00 - 12.30 Circoli minori (XIII sessione)
  h. 16.30 - 19.00 14ª Congregazione generale

Relazione dei circoli in Aula

Consegna dei modi sulla III parte

Votazione per l'elezione del Consiglio (I)

21 ottobre – Mercoledì   Vacanza

* Riunione della Commissione per l'Elaborazione della Relazione finale

22 ottobre - Giovedì h. 9.00 - 10.30 15ª Congregazione generale

Votazione per l'elezione del Consiglio (II)

Presentazione del Progetto di Relazione finale

Consegna del progetto ai Padri Sinodali

  h. 16.30 - 19.00 16ª Congregazione generale

Interventi dei Padri Sinodali sul progetto della Relazione finale

Consegna delle osservazioni in scritto

23 ottobre – Venerdì   Vacanza

* Riunione della Commissione per l'Elaborazione della Relazione finale

24 ottobre – Sabato h. 9.00 - 12.30 17ª Congregazione generale

Lettura in Aula della Relazione finale

  h. 16.30 - 19.00 18ª Congregazione generale

Votazione della Relazione finale

Canto del Te Deum

25 ottobre – Domenica h 10.00 Solenne chiusura

Santa Messa concelebrata nella Basilica di San Pietro

(*) La Commissione per l'elaborazione della Relazione finale si riunisce al termine di ciascuna parte in un orario da stabilire secondo le esigenze del Calendario

Città del Vaticano, 02 ottobre 2015

  Sua Em.za Rev.ma Card.
Lorenzo BALDISSERI
Segretario Generale

Il Calendario non è definitivo; potrebbe essere cambiato in base alla decisione del Presidente.

[01609-IT.01]

[B0748-XX.01]

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Synod15 – Elenco dei Moderatori e dei Relatori dei Gruppi (I sessione “Circuli minores”), 07.10.2015
[B0764]

Ieri pomeriggio, nella prima sessione dei Circoli minori (Circuli minores) sono stati eletti i seguenti Moderatori e Relatori:

ELENCO DEI MODERATORI DEI CIRCOLI

CIRCULUS GALLICUS "A":       Card. LACROIX Gérald Cyprien

CIRCULUS GALLICUS "B":       Card. SARAH Robert

CIRCULUS GALLICUS "C":       S.E. Mons. PIAT, C.S.Sp. Maurice

CIRCULUS ANGLICUS "A":      Card. PELL George

CIRCULUS ANGLICUS "B":      Card. NICHOLS Vincent Gerard

CIRCULUS ANGLICUS "C":      S.E. Mons. MARTIN Eamon

CIRCULUS ANGLICUS "D":      Card. COLLINS Thomas Christopher

CIRCULUS ITALICUS "A":       Card. MONTENEGRO Francesco

CIRCULUS ITALICUS "B":       Card. MENICHELLI Edoardo

CIRCULUS ITALICUS "C":       Card. BAGNASCO Angelo

CIRCULUS HIBERICUS "A":     Card. RODRÍGUEZ MARADIAGA, S.D.B. Óscar Andrés

CIRCULUS HIBERICUS "B":     Card. ROBLES ORTEGA Francisco

CIRCULUS GERMANICUS:       Card. SCHÖNBORN, O.P. Christoph

ELENCO DEI RELATORI DEI CIRCOLI

CIRCULUS GALLICUS "A":        S.E. Mons. ULRICH Laurent

CIRCULUS GALLICUS "B":        Rev.do P. DUMORTIER, S.I. François-Xavier

CIRCULUS GALLICUS "C":        S.E. Mons. DUROCHER Paul-André

CIRCULUS ANGLICUS "A":       S.E. Mons. KURTZ Joseph Edward

CIRCULUS ANGLICUS "B":       S.E. Mons. MARTIN Diarmuid

CIRCULUS ANGLICUS "C":       S.E. Mons. COLERIDGE Mark Benedict

CIRCULUS ANGLICUS "D":       S.E. Mons. CHAPUT, O.F.M. Cap. Charles Joseph

CIRCULUS ITALICUS "A":        Rev.do P. ARROBA CONDE, C.M.F. Manuel Jesús

CIRCULUS ITALICUS "B":        Card. PIACENZA Mauro

CIRCULUS ITALICUS "C":        S.E. Mons. BRAMBILLA Franco Giulio

CIRCULUS HIBERICUS "A" :     Card. LACUNZA MAESTROJUÁN, O.A.R. José Luis

CIRCULUS HIBERICUS "B" :     S.E. Mons. PORRAS CARDOZO Baltazar Enrique

CIRCULUS GERMANICUS:        S.E. Mons. KOCH Heiner

[01651-IT.01]

[B0764-XX.01]